Legambiente Livorno: dopo la chiusura del termovalorizzatore serve una svolta nella gestione di Aamps e RetiAmbiente
L'intervista rilasciata dall'A.U. di Aamps, Raphael Rossi, dopo la decisione di chiudere il termovalorizzatore del Picchianti, induce Legambiente a fare alcune considerazioni.
Per prima cosa chiediamo ad Aamps e Comune di avviare fin da subito un serio percorso di ricollocazione del personale dell’impianto, individuando mansioni adeguate al know how maturato in questi anni nella gestione di un impianto che in ogni caso ha servito la città per decenni.
Dal punto di vista economico e ambientale invece le preoccupazioni sono tante: Livorno si ritrova senza neppure un impianto e questo avrà ricadute economiche importanti visto che ogni rifiuto trattato fuori dal perimetro aziendale ha un costo maggiorato. Per questo è necessario che l'area dell'ex termovalorizzatore sia riconvertita prima possibile per ospitare l’impianto Fanghi-Forsu, finanziato dal Pnrr e finalizzato a recuperare il bio metano della frazione organica dei rifiuti, insieme con i fanghi. Per realizzare quello che diventerà l’unico impianto a disposizione della città per trattare una parte dei suoi rifiuti però occorre prima fare due cose: liberare l’area, su cui insiste anche il centro di raccolta, e bonificarla. Il problema è che il centro di raccolta nuovo, che sarà delocalizzato nella zona di via delle Corallaie, non sarà pronto prima di un anno: questo significa che per almeno 10 mesi i cittadini e le imprese livornesi avranno un solo centro di raccolta, quello di via Allende, mentre per una città come Livorno erano stati previsti almeno quattro centri. Situazione che sarebbe stata possibile evitare.
Ci sono poi altre due considerazioni da fare: a livello generale la chiusura del termovalorizzatore produce inefficienze ambientali forti, perché l’indifferenziato, dopo essere passato da un tmb che purtroppo recupera una frazione minima di materiali (quelli a disposizione oggi in Ato costa si attestano al 2%, le migliori BAT disponibili arrivano a vantare un 20% di materiali recuperati, quasi esclusivamente metalli), è destinata alla discarica. Le discariche dovrebbero invece essere utilizzate solo per quel rifiuto residuo che non è possibile recuperare né come materia né come energia: sono lo spreco assoluto e sono un problema che lasceremo in eredità alle generazioni future. Anche perché purtroppo non siamo ottimisti come il sindaco che continua a credere a RetiAmbiente che parla del 2027 per l’entrata in funzione dell’ossicombustore di Peccioli, impianto considerato alternativo al termovalorizzatore del Picchianti e che ancora non ha neppure concluso l’iter autorizzativo
E qui veniamo a un altro problema: in tutti questi anni in cui è stato socio di maggioranza di RetiAmbiente, il Comune di Livorno non ha inciso nelle strategie del gestore unico dell’Ato Costa: nessun rappresentante di Livorno sedeva e siede nel cda ed è ora che Livorno nomini finalmente qualcuno che faccia i propri interessi. Come Legambiente non possiamo che rilevare una serie di obiettivi mancati. Il tracollo della percentuale di raccolta differenziata è sotto gli occhi di tutti, così come lascia a desiderare la qualità della raccolta stessa, con alte percentuali di conferimenti errati da parte dei cittadini.
Crediamo sia giunto il momento di orientare in maniera più efficace la strategia di una Azienda che alcuni anni fa aveva una raccolta differenziata del 70% e un asset impiantistico importante: oggi si ritrova senza impianti, con una percentuale di raccolta differenziata scesa di 8 punti in pochi anni e con un bilancio chiuso in pareggio solo grazie ai generosi interventi del Comune e soprattutto di RetiAmbiente, senza un piano industriale che traguardi nuovi asset impiantistici a servizio della raccolta differenziata e capace di candidarsi alla progettualità necessaria per chiudere le filiere del riciclo anche per la frazione più cospicua dei rifiuti speciali.
Legambiente Livorno