Rischio alluvioni Firenze: tappa finale per la cassa d’espansione Pizziconi. Giani e Monni: «Opera straordinaria»
Un riferimento, il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, lo aveva fatto già a inizio mese: «Quello che presentiamo oggi va pensato a sistema con gli altri interventi fatti a monte dell’Arno, come la Cassa d’espansione Pizziconi, quasi pronta e con una capacità di 3,1 milioni di metri cubi, a tutto il complesso di laminazione di Figline e all’innalzamento della diga di Levane». E poi, una decina di giorni fa, l’assessore regionale Monia Monni era tornata a parlare delle misure per ridurre il rischio alluvioni a Firenze. Ora entrambi hanno effettuato un sopralluogo nelle zone interessate dal piano con il sindaco di Figline e Incisa Valerio Pianigiani perché con i tre monoliti di cemento armato spinti sotto l’Autostrada A1 Milano-Napoli è stata di fatto segnata la chiusura della fase cruciale del cantiere che realizza la cassa di espansione Pizziconi, i cui lavori sono cominciati a marzo del 2021 e che saranno definitivamente conclusi entro il primo trimestre del 2025.
Il sistema di laminazione di Figline Valdarno, uno dei principali a difesa dal rischio alluvioni per la città di Firenze, fa dunque un passo avanti fondamentale e questa mattina il presidente Giani e l’assessore alla Protezione civile e difesa del suolo Monni hanno potuto visionare di persona le tappe finali del lavoro. La realizzazione del lotto 2 (l’importo dell’intervento è di 13milioni e 300mila euro), oggetto del sopralluogo, permetterà l’entrata delle acque di piena dell’Arno nei due moduli e quindi la messa in funzione della cassa realizzata con il lotto 1.
«Questo – ha detto Giani – è l’esempio che ci spiega che nel tratto dell’Arno fra Pontassieve e Firenze, se dovesse succedere qualcosa, abbiamo 3 milioni e 100 mila metri cubi in più di acqua che invece di uscire fuori dal fiume, vengono canalizzati in una vasca di espansione. Tutto questo è stato reso possibile grazie al lavoro di grande ingegneria dell’opera che vediamo oggi, che consente all’acqua di trovare sfogo nella campagna di Pizziconi. È la prima delle aree di laminazione ma è importantissima. Se ci fosse un’emergenza l’Arno può già essere controllato. È un intervento da oltre 13milioni di euro che consente di dare una risposta concreta e stamani ufficialmente possiamo far vedere ai nostri cittadini come i lavori sono andati avanti».
Per invasare gli oltre 3 milioni di metri cubi che è la totale capacità della cassa Pizziconi, manca un ultimo tassello, il ‘terzo modulo’ già a gara (l’importo è di 3milioni 200mila euro fondi Fsc) che verrà realizzato a monte di quello già realizzato. Si tratta di un nuovo argine parallelo alla linea ferroviaria Alta Velocità, opera di connessione fra il modulo due e il modulo tre e dell’elettrificazione delle paratoie del reticolo minore e dell’opera di presa della cassa di espansione.
«Oggi verifichiamo lo stato di avanzamento dell’intervento. Sono lavori assai complessi - ha spiegato l’assessora Monni - di un’opera di ingegneria straordinaria. Stiamo sostanzialmente realizzando il rubinetto della cassa di espansione di Pizziconi che è già collaudata e in funzione, ma con questo sistema, fatto da sei monoliti in cemento armato di 16 metri per 5, l’ingresso nella cassa potrà essere regolato a seconda del bisogno fino 3 milioni e 100 metri cubi di acqua. La Cassa di Pizziconi è parte di un complesso di opere a difesa dell’abitato fiorentino, che comprende altre 4 casse di espansione nella zona del Valdarno fiorentino, il rialzo della Diga di Levane, gli argini provvisori lungo il tratto dell’Arno nel centro storico fiorentino, aggiungendosi già a Bilancino che oltre a fornire l’acqua a tutta l’area metropolitana fiorentina, svolge un’attività di laminazione potendo invasare fino 25milioni di metri cubi. Come diciamo da sempre – ha aggiunto Monni- e con più forza dal 2 novembre scorso, le opere sono fondamentali ma non bastano più a difendere la popolazione. La crisi ambientale in corso determina una condizione meteorologica estrema, ma non più rara. Accanto alle opere dunque è necessario il coinvolgere i territori e i cittadini. In nuova visione della gestione del territorio, ci devono stare i piani urbanistici, il sistema fognario, per rendere sempre di più le città resilienti a questi nuovi fenomeni».
E sulla tempestività degli interventi Monni sottolinea la necessità di mettere mano al sistema normativo della realizzazione delle opere idrauliche, soprattutto nei territori particolarmente fragili e quelli colpiti dalle alluvioni. «In questo paese – ribadisce- sono troppo lunghi i tempi di autorizzazione delle opere, ad esempio il sopralzo della diga di Levane è ancora fermo al Mase per la sua autorizzazione pur essendo un’opera strategica fondamentale per la nostra regione. Non è possibile che in questo paese per realizzare un’opera di difesa di una comunità e di un territorio si debba sottostare alla stessa burocrazia che si usa per fare una lottizzazione».