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Alpi Apuane, Arpat e Università di Firenze insieme per studiare l’inquinamento da marmettola

«Ogni attività imprenditoriale estrattiva deve rispettare alcune prescrizioni, tra cui l’obbligo di contenere e raccogliere la marmettola che produce»
 |  Toscana

Sulla scorta di un Accordo di ricerca congiunto, stipulato tra ARPAT e il Dipartimento di Scienze della Terra (di seguito DST) dell’Università degli Studi di Firenze, è stata individuata una figura di ricercatore dedicato per indagini sul campo e in laboratorio, con l’obiettivo di definire le modalità con cui le polveri di marmo (di seguito indicate con marmettola) prodotte dalle attività estrattive del distretto apuano si trasmettono nel sottosuolo sino ad impattare gli acquiferi e le sorgenti carsiche.

La ricerca, che sarà portata avanti congiuntamente tra ARPAT e DST, dovrà misurarsi con l’estrema complessità di un acquifero carsico come quello apuano. L’impiego di tecnologie di avanguardia come, ad esempio, analisi micromorfologiche e microchimiche con microscopio elettronico e l’analisi isotopica della marmettola e delle diverse tipologie di marmo apuano, potrà consentire di individuare le zone di provenienza delle polveri che intorbidano ad ogni piena le sorgenti carsiche apuane.

Grazie alla mappatura delle situazioni accertate di inquinamento da marmettola nelle grotte e nei sistemi carsici delle Alpi Apuane ed all’impiego di test sarà possibile, da parte del gruppo di ricerca del DST coordinato dal prof. Leonardo Piccini, comprenderne anche i potenziali percorsi sotterranei delle acque sotterranee.

Le attività estrattive rappresentano una delle più importanti attività economiche del distretto Apuano Versiliese e sono autorizzate, con prescrizioni da parte dell’Agenzia coerentemente con la Legge Regionale toscana 35/2015, specificamente finalizzate al contenimento dell’inquinamento derivante da marmettola.

La Regione Toscana, oltre a fornire gli indirizzi tecnici, ha infatti finanziato la ricerca nell’intento di salvaguardare il distretto Apuano-Versiliese rispetto all’impatto derivante dall’attività estrattiva. Infatti, uno dei problemi relativi ai residui del taglio del marmo in cava riguarda il trasporto dei residui stessi da parte delle acque d’infiltrazione negli acquiferi profondi fino alle sorgenti, che vengono utilizzate a fini acquedottistici. Questi residui sono costituiti quasi esclusivamente da carbonato di calcio che trasportato in sospensione può provocare criticità di distribuzione acquedottistica ai fini della potabilità delle acque.

Ogni attività imprenditoriale estrattiva deve rispettare alcune prescrizioni, tra cui l’obbligo di contenere e raccogliere la marmettola che produce durante l’attività in cava, e adottare anche processi produttivi per impedire che la stessa si infiltri nelle fratture carsiche eventualmente incontrate, entrando in contatto con le falde acquifere.

Purtroppo, in questi anni ARPAT, nelle attività di controllo, ha riscontrato significative quantità di marmettola nell’acquifero carsico apuano. Il fenomeno di inquinamento da marmettola potrebbe, in parte, essere riconducibile anche alla rimobilizzazione di vecchi accumuli a causa degli effetti del cambiamento climatico, cui sono imputabili eventi estremi caratterizzati da piogge localizzate intense e di breve durata.

«Esprimo grande soddisfazione – è quanto dichiara l’Assessora all’Ambiente, Economia Circolare, Difesa del Suolo e Protezione Civile della Regione Toscana, Monia Monni – per l’avvio di un progetto di ricerca importante che ho fortemente voluto per aumentare il grado di conoscenza tecnico-scientifica su un sistema carsico estremamente complesso come quello delle Alpi Apuane. Per questo desidero ringraziare sentitamente ARPAT e l’Università di Firenze. Questa ricerca sarà determinante anche per supportare la seconda parte del nuovo progetto speciale sulle cave voluto e finanziato da Regione Toscana che prevede ulteriori risorse regionali pari a 500 mila nel triennio 2024-2026 a favore dell'Agenzia con l’obiettivo di aumentare da subito le attività di controllo in campo».

«Compito scientifico dell’Agenzia è quello di indagare sulle reali cause di questi effetti - ha precisato il direttore di ARPAT Pietro Rubellini - anche al fine di dare giusto riconoscimento a quelle aziende che si sono impegnate e si impegnano a rispettare le prescrizioni sulle attività estrattive».

La peculiarità dell’indagine ha richiesto, pertanto, la stipula di un apposito Accordo e la condivisione delle competenze di ARPAT e DST dell’Università di Firenze. I risultati della ricerca congiunta consentiranno di effettuare controlli mirati, già in atto da parte dell’Agenzia in collaborazione con le Forze dell’ordine, finalizzati alla verifica dei sistemi di contenimento, trattamento e smaltimento della marmettola in cantiere.

di Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat)

Redazione Greenreport

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