Legambiente Carrara agli imprenditori del marmo: «Rispettate gli impegni o niente proroghe»
Gli industriali del marmo non finiscono mai di stupirci e di indignarci! È trascorso ormai quasi un annetto da quando hanno firmato le convenzioni per ottenere la proroga all’escavazione (fino al 2042) di un bene pubblico come il marmo, senza dover sottostare alle gare, accettando di fatto quanto previsto dalla Legge Regionale e dal Regolamento Agri marmiferi e cioè la lavorazione in filiera del 50% del materiale estratto di cui la tracciabilità è necessaria premessa.
Eppure eccoli lì a presentare ricorsi su ricorsi contro ciò che hanno accettato firmando le convenzioni e a lamentarsi che dotarsi degli strumenti necessari per attuare la tracciabilità costa troppo per le loro tasche e che lavorare in loco perfino gli informili farebbe andare fuori mercato, dato che ci sono Paesi con manodopera a basso costo dove “conviene economicamente” fare quelle lavorazioni.
Se non avessimo letto degli utili stratosferici che alcune delle aziende ricorrenti realizzano, ci sarebbe quasi da muoversi a pietà per questi poveri imprenditori!
Allora mettiamo in chiaro alcune cose:
Le nostre montagne sono un bene comune e come tali vanno gestite e preservate, con l'attenzione particolare al loro habitat unico ed alla loro straordinaria peculiarità idrogeologica. Qualsiasi attività produttiva non deve essere una mera azione di sfruttamento e deve sempre comportare una ricaduta significativa sul benessere dell'intera collettività, ossia generare buona occupazione e miglioramento delle condizioni di vita per i cittadini di Carrara e del territorio apuano.
In questo senso riteniamo che l’obiettivo cui l’Amministrazione dovrebbe tendere sia far lavorare tutto quello che si estrae al monte nella filiera locale in modo da rivitalizzare l’artigianato, le produzioni di qualità e il tessuto economico cittadino.
Se, al momento, gli imprenditori dichiarano di non essere in grado di attuare la filiera prevista al 50% del materiale estratto, si riduca la quantità di escavato in modo da poter rispettare tale parametro.
Come accennato sopra, gli industriali pensano giustamente ai loro profitti e infatti si oppongono alla tracciabilità perché, per attuarla è necessario che “ogni azienda si doti di strumenti tecnici e di linee che al monte non ci sono per comunicare alla pesa tutti i dati del blocco che sta scendendo. Questo comporta costi esorbitanti che le aziende, specie quelle del marmo meno pregiato, non potrebbero sostenere”. Ripetutamente hanno spiegato che a loro avviso non è sostenibile economicamente lavorare al 50% gli informi, dai quali si ricava un prodotto a basso valore aggiunto.
Non si preoccupano più di tanto dell’inquinamento delle sorgenti e del Carrione né del rischio alluvionale generato dall’abbandono di terre al monte e dalla loro incauta gestione dell’escavazione. Quello che gli interessa è fare profitti e non importa se lasciano sul territorio solo miseria e devastazione ambientale! Tanto hanno la Fondazione che pensa a coprirli sul lato “pubblicità” grazie a qualche mancetta elargita qua e là!
Chi governa, però, deve pensare al benessere della collettività e dell’ambiente perciò riteniamo che l’Amministrazione debba essere chiara: se gli imprenditori non cambiano registro, non rispettano quanto hanno pattuito attraverso le convenzioni che hanno firmato nell’ottobre 2023 e cioè la realizzazione della filiera e la cantierizzazione, sulla base di bandi pubblici, dei progetti proposti per l’articolo 21 (da noi comunque criticatissimo!), il Comune sospenda le proroghe date attraverso le convenzioni finché le imprese non iniziano a mettersi in regola!
Se poi le imprese ritengono tanto penalizzanti gli impegni che hanno assunto, rinuncino alle proroghe, affrontino le gare e non si lamentino se arrivassero imprenditori più competenti e corretti pronti a sostituirli. La città ne trarrebbe certamente un beneficio!
di Legambiente Carrara