Le Regioni italiane in «drammatico ritardo» sull’Agenda 2030, 4 le priorità per recuperare
La sostenibilità parte prima di tutto dai territori. Ed è sui territori che bisogna agire per orientare l’Italia verso un percorso di transizione in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. È questo il messaggio che emerge dal rapporto “I Territori e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile: alle radici della sostenibilità”, pubblicazione annuale in cui l’ASviS fa il punto sullo stato di salute di Regioni, Province e città metropolitane verso la realizzazione dell’Agenda 2030. Il Rapporto è stato realizzato con il contributo incondizionato di Federcasse e WindTre.
“Mentre ci avviamo verso la conclusione del percorso del Pnrr e la scadenza del 2030 si avvicina sempre di più, nonostante le difficoltà del presente è tempo di impegnarsi, agire, prenderci cura gli uni degli altri, costruire speranza”, si legge nell’introduzione al documento, presentato al Cnel il 13 dicembre. “Questo il senso del titolo del nostro Rapporto di ottobre ‘Coltivare ora il nostro futuro’. Per farlo, in questa pubblicazione, andiamo ‘Alle radici della sostenibilità’, per esplorare nel dettaglio tutti gli aspetti della territorializzazione dell’Agenda 2030 in Italia”.
I dati del Rapporto Territori
Come nelle edizioni precedenti, lo studio si basa sugli indici compositi costruiti dall’Alleanza: si tratta di circa cento indicatori, che si riferiscono al periodo 2010-2023, e a 14 dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 (a causa di limitazioni nella disponibilità di dati).
La situazione, lo diciamo subito, non è particolarmente rosea. Gli Obiettivi che riguardano Povertà, Acqua e servizi sanitari, Vita sulla terra e Giustizia e istituzioni peggiorano in molti territori. L’istruzione va forte al Nord-Ovest (soprattutto Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia) e Nord-Est (in particolare provincia autonoma di Trento, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna), mentre nel resto della penisola resta abbastanza stabile.
Per i restanti Goal i risultati sono abbastanza variegati. Ad esempio, per l’economia circolare (Goal 12) si registrano risultati positivi per nove Regioni e Province autonome (Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Puglia, Calabria e Sicilia), mentre sugli Obiettivi di Imprese, infrastrutture, innovazione e Città e comunità sostenibili la situazione è stabile.
In generale, nessuna Regione o Provincia autonoma presenta dinamiche positive per più di due Goal, mentre in un caso (Molise) il peggioramento va a toccare sette Obiettivi. In altre sette Regioni (Valle d’Aosta, provincia autonoma di Bolzano, provincia autonoma di Trento, Veneto, Umbria, Abruzzo e Basilicata) sono sei i Goal in trend negativo.
Se guardiamo invece alla media nazionale, ritorna la solita disuguaglianza tra Nord e Mezzogiorno, anche se c’è da dire che alcune Regioni del Sud portano a casa buoni risultati sugli Obiettivi di Energia e Vita sulla terra.
Il Rapporto misura anche la distanza effettiva di Regioni e Province autonome da 28 obiettivi quantitativi contenuti in strategie, piani e programmi ufficialmente adottati a livello europeo e nazionale. In estrema sintesi, guardando agli ultimi tre-cinque anni, notiamo che:
- Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Trento, Umbria e Lazio sono in grado di raggiungere 11-12 obiettivi quantitativi;
- Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Marche, Abruzzo, Basilicata e Sardegna ne possono raggiungere 8-9;
- gran parte delle altre Regioni, soprattutto nel Mezzogiorno, sembrano in grado di raggiungerne solo 4-6.
Provincia autonoma di Bolzano, Veneto, Molise, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna presentano, alla luce delle tendenze degli ultimi anni, il numero maggiore di obiettivi impossibili da raggiungere.
Passando al vaglio le città metropolitane e 14 obiettivi quantitativi, scopriamo che:
- Firenze, Milano, Roma e Cagliari sono in grado di centrare 6-8 obiettivi;
- Torino, Genova, Venezia, Bologna, Messina e Cagliari possono raggiungerne cinque;
- Napoli, Reggio Calabria, Palermo e Catania ne possono centrare solo due.
Se però diamo un’occhiata anche qui agli obiettivi certamente non raggiungibili, la situazione peggiore si rileva per: Catania, Torino, Roma e Reggio Calabria (5-6 obiettivi), e per Venezia, Napoli e Palermo (4).
«I drammatici ritardi dell’Italia sui 17 SDGs in Regioni, Province autonome e città metropolitane possono essere recuperati a condizione di concentrarsi seriamente sulla dimensione territoriale dell’Agenda 2030 – ha commentato Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS – Occorre mettere a frutto le esperienze virtuose che emergono dai territori, che l’ASviS raccoglie e valorizza nel Rapporto odierno, e usare adeguatamente le risorse a disposizione, a partire dai 75 miliardi di euro assegnati all’Italia dall’Accordo di Partenariato con l’Ue, di cui è stato finora impegnato solo il 12%».
Iniziative e buone pratiche
Il Rapporto dell’ASviS non si ferma però solo all’analisi territoriale, ma elenca una serie di azioni che stanno indirizzando i territori sulla strada dell’Agenda 2030.
Partendo dalle iniziative nazionali, è di grande importanza la centralità che ha assunto la territorializzazione dell’Agenda 2030 nella Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (SNSvS).
Altro esempio positivo è la costituzione della Rete dei Comuni sostenibili, nata nel gennaio 2021 su iniziativa di Autonomie locali italiane-Lega delle autonomie locali (Ali), che conduce un monitoraggio annuale sulle politiche di sostenibilità a livello comunale (nel 2024 è uscita anche la prima edizione della Guida dei Comuni sostenibili).
Il progetto “Toscana 2050”, promosso dal Consiglio regionale, rappresenta un’altra esperienza di grande interesse per valutare le tendenze in atto e le strategie sostenibili. Progetto a cui sta partecipando anche l’ASviS che, analizzando il posizionamento della Toscana rispetto all’Agenda 2030, sta sviluppando un modello per valutare la capacità delle politiche di consentire alla Regione di arrivare pronta alle deadline di fine decade.
Di grande interesse anche le buone pratiche territoriali ispirate all’Agenda 2030. La call 2024 dell’ASviS per candidare le iniziative territoriali ha portato all’esame di 127 progetti, quasi il doppio rispetto ai 64 sottoposti alla Commissione di valutazione nel 2023. Lo stesso Rapporto appena pubblicato contiene una selezione di 30 buone pratiche, scelte per rappresentare la diversità dei territori, i diversi obiettivi, gli strumenti tecnologici utilizzati e le modalità di coinvolgimento.
Quattro questioni prioritarie: le proposte dell’ASviS
Quest’ultima edizione del Rapporto Territori si concentra su quattro temi prioritari, elaborando per ognuno di questi alcune proposte.
- Cominciamo dalripristino della natura nelle città e nei territori. L’approvazione del Regolamento europeo, la Nature restoration law, il 17 giugno scorso, ha implicazioni significative per il nostro Paese (che l’ASviS tratterà in un Position paper di prossima pubblicazione). È molto importante da questo punto di vista la norma sullo stop immediato al consumo netto di suolo nelle grandi aree urbane. Infatti, tra il 2025 e il 2030 la superficie nazionale totale degli spazi verdi urbani e di copertura della volta arborea non potrà subire alcuna perdita netta, mentre dal 2031 in avanti deve registrare una tendenza all’aumento.
Il Piano nazionale di rispristino, da inviare alla Commissione entro il 2026 per entrare in vigore entro il 2027, può stabilire che il vincolo valga per tutti i Comuni definiti dal sistema Degurbadi Eurostat come “città” o “piccole città e sobborghi”, cioè il 40% dei Comuni italiani. Per permettere ai Comuni di effettuare le opportune verifiche, è importante che gli istituti di ricerca attivi su queste tematiche (Istat e Ispra) rendano consultabile subito la cartografia Degurba a livello comunale.
Per gli ecosistemi fluviali il Regolamento europeo prevede il ripristino della loro connettività naturale, necessaria a prevenire e mitigare i danni da alluvioni. Per raggiungere questo obiettivo bisogna adeguare in via straordinaria i Piani per l’assetto idrogeologico (Pai) delle Autorità di bacino distrettuali alle nuove mappe di pericolosità contenute nei loro Piani gestione rischio alluvioni (Pgra) entro 6-8 mesi, prescrivendo per legge che i Comuni debbano recepire le indicazioni entro i successivi 12 mesi.
- La seconda questione prioritaria riguardale politiche climatiche per le città e i Climate city contract. L’ASviS ricorda che la Commissione europea ha lanciato nel 2022 la Missione “100 Climate neutral and smart cities by 2030” per promuovere il percorso delle città verso l'obiettivo della neutralità climatica. La Missione prevede la predisposizione e l’invio alla Commissione europea dei Climate city contract (Ccc), a cui le nove città italiane selezionate (Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino) hanno già provveduto, a cui segue l’attribuzione di un “bollino” di sostenibilità, che riguarderà in particolare i settori di edilizia e trasporti.
L’esperienza della nove città italiane coinvolte nella Missione è replicabileanche in altre aree urbane. Per questo l’ASviS richiede di predisporre anche in Italia una piattaforma nazionale di consultazione e scambio di esperienze come quelle della Svezia e della Spagna.
Per migliorare la qualità del patrimonio edilizio è essenziale attuare la Direttiva europea sulla prestazione energetica degli edifici (Case green), con l’obiettivo di trasformare tutto il parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050, oltre a mettere in campo altre integrazioni per edilizia pubblica e privata, da inserire nel Piano nazionale.
Per il settore dei trasporti, va assunto l’obiettivo di allineare entro il 2030 il tasso di motorizzazione italiano (attualmente al 67%) a quello europeo (al 51%). Come? Attraverso la diffusione di buone pratiche per limitare i diesel; l’estensione del modello della “città a 30 chilometri orari”; la disponibilità di ulteriori risorse, rispetto a quelle previste nel Pnrr, per lo sviluppo del trasporto rapido di massa nelle aree urbane; l’attuazione del programma sulle nuove infrastrutture di ricarica e incentivi pubblici destinati alla mobilità elettrica.
- Per accelerare il processo di rigenerazione urbana, sviluppo del territorio e politiche abitativeè necessario, tra le varie riforme: varare con urgenza una norma statale quadro in materia di governo del territorio; attuare l’Agenda urbana elaborata dal ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims) nell’ottobre 2022 con il rilancio del Comitato interministeriale per le politiche urbane (Cipu); definire una politica multilivello per lo sviluppo del territorio ispirata alla riforma francese sulla Nouvelle organisation territoriale de la République; integrare le azioni di mitigazione e adattamento climatico nelle Agende urbane, in particolare per l’efficientamento energetico e l’energia rinnovabile.
L’ASviS fa inoltre notare chesulla domanda abitativa incide negativamente il fenomeno delle locazioni brevi non regolate, indotto dalla forte crescita del fenomeno turistico (overtourism), con la conseguente espulsione dei residenti dalle zone centrali (gentrification), l’incremento delle disuguaglianze e la desertificazione sociale. Un problema per cui l’Alleanza ha elaborato una serie di proposte, tra cui: ripristinare stanziamenti costanti ai fondi di sostegno per l’affitto e alla morosità incolpevole; regolamentare il settore delle locazioni brevi con un ruolo decisionale affidato ai comuni e alle città metropolitane; completare il programma Pnrr per le residenze universitarie, e ampliare il parco alloggi riservato a studenti meritevoli; censire gli immobili abbandonati e adottare programmi per destinarli al servizio abitativo e ai servizi di comunità.
- L’ultimo punto affrontato dal Rapporto Territori riguardale politiche per la montagna e le aree interne. Presso la Commissione Affari costituzionali del Senato sono in discussione tre disegni di legge sulla montagna, uno di iniziativa governativa e due parlamentare. Alla luce dei contenuti dei disegni di legge presentati, l’Alleanza individua alcune priorità su cui è opportuno si concentri la nuova legge sulla montagna: la proposta di una Strategia nazionale per la montagna italiana (Smi) va considerata come integrata e complementare ad altre Strategie, come quelle per le aree interne (Snai) e le foreste (Sfn); l’effettiva individuazione, valorizzazione e riconoscimento dei Servizi ecosistemici per assicurare la conservazione, manutenzione e ripristino degli equilibri territoriali; l’individuazione di una sede decisionale unica per l’elaborazione e l’attuazione della Strategia integrata sulla montagna nel Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess).
«Uno dei messaggi più rilevanti del Rapporto sui Territori è che la conversione ecologica può essere allo stesso tempo il traino e il volano di benefici per tutte le dimensioni dello sviluppo sostenibile, integrando aspetti positivi a livello di inclusione sociale, protezione ambientale, innovazione economica e coinvolgimento istituzionale – ha commentato la presidente dell’ASviS, Marcella Mallen – Nonostante una situazione generalmente difficile, l’ASviS con il Rapporto sui Territori mette in luce la possibilità di un cambiamento vantaggioso per tutti, come dimostrano le numerose esperienze virtuose che maturano nei territori».
a cura di Flavio Natale – Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS)