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Il Tagliamento deve scorrere libero

La comunità scientifica internazionale chiede lo stop alla cassa d’espansione di Dignano
 |  Territorio e smart city

Il Tagliamento è l‘ultimo grande sistema fluviale che ancora conserva le caratteristiche naturali originariamente presenti in molti fiumi alpini: un ampio alveo a canali intrecciati che cambiano dopo ogni piena e una dinamica quasi indisturbata del trasporto a valle di sedimenti e del materiale vegetale, che creano un paesaggio e un ecosistema unici. È in grado di generare un grande volume di acque sotterranee e costituisce un mosaico dinamico e complesso di biotopi con una straordinaria diversità di organismi acquatici, anfibi e terrestri, nonché tutti gli habitat e le comunità tipiche delle pianure alluvionali. Per tutti questi motivi viene studiato da scienziati di tutto il mondo ed è un patrimonio inestimabile da conservare per le generazioni future.

Questo ambiente è ora a rischio: l’Autorità di Bacino Distrettuale delle Alpi Orientali e la Regione Friuli Venezia Giulia prevedono di realizzare grandi opere per il trattenimento delle piene, la prima delle quali dovrebbe essere realizzata a Dignano. La Regione ha finora rifiutato di aprire un dibattito pubblico su questi interventi e ha pubblicato un documento preliminare all’avvio della progettazione della traversa di Dignano, che se realizzata costituirebbe una violazione di direttive ambientali e regolamenti europei (Direttiva Quadro Acque, Direttive Uccelli e Habitat, Regolamento per il Ripristino della Natura, nonché la Convenzione delle Alpi, firmata anche dall’Italia).

Il Centro Italiano per la riqualificazione fluviale (CIRF) rilancia l’appello oltre 400 ricercatori e tecnici italiani e di altri 26 Paesi che chiedono alla Regione friuli Venezia-Giulia  e agli altri enti competenti una seria valutazione di alternative, dando priorità a quelle che non alterino le caratteristiche morfologiche uniche di questo fiume, come peraltro richiesto dalla Direttiva Alluvioni

Andrea Goltara, direttore del CIRF e uno dei promotori dell’appell, spiega che «La Regione dice di voler seguire il parere degli esperti: ora ascolti la voce di centinaia di loro, alcuni dei quali studiano il fiume da decenni. Le opere previste semplicemente non possono mettere in sicurezza la popolazione e danneggerebbero un patrimonio unico, sia per i friulani che per tutto il mondo. Vanno messe in campo soluzioni che riducano il rischio senza compromettere irrimediabilmente l’estensione e la funzionalità di un fiume che è un ecosistema chiave e di riferimento per tutta l’Europa».

Ecco il testo dell’appello dalla comunità tecnico-scientifica internazionale:

Il Tagliamento deve scorrere libero!

Il più naturale dei grandi fiumi alpini rischia di essere sconvolto dalla costruzione di grandi opere: è imprescindibile gestire il rischio di alluvioni conservandone l’inestimabile valore ambientale, sociale e culturale

 

Il Tagliamento: un sistema fluviale unico nella regione alpina

Il Tagliamento, in Friuli-Venezia Giulia, è l‘ultimo grande sistema fluviale che ancora mostra le tipiche caratteristiche originariamente presenti in molti fiumi alpini, ovvero un ampio alveo ghiaioso a canali intrecciati che cambiano dopo ogni piena, con lo spazio necessario alla sua dinamica particolarmente attiva. È un fiume che genera un grande volume di acque sotterranee, una dinamica quasi naturale del trasporto a valle di sedimenti e del materiale vegetale, dando origine a numerose isole fluviali in tutte le loro fasi di sviluppo. Questo crea un mosaico dinamico e complesso di biotopi con una straordinaria diversità di organismi acquatici, anfibi e terrestri, nonché tutti gli habitat e le comunità tipiche delle pianure alluvionali. Il tratto a canali intrecciati del Tagliamento è uno dei pochissimi nelle Alpi ad essere ancora “free-flowing”, ovvero in cui la connettività è assicurata in tutte le dimensioni. Il ripristino della connettività fluviale e la sua conservazione - dove ancora presente - sono un elemento cardine del nuovo Regolamento Europeo per il Ripristino della Natura e un obbligo per tutti i Paesi Membri.

L’estensione e la funzionalità del corridoio fluviale del Tagliamento lo rendono un ecosistema chiave e di riferimento per l’Europa, come documentato da numerosi studi scientifici. Questo fiume ha un’importanza straordinaria per la ricerca e l’insegnamento, infatti numerose università e istituti di ricerca continuano a studiarlo. Il suo valore paesaggistico, poi, è una risorsa inestimabile, anche di carattere culturale, turistico ed

economico, per le comunità che vivono lungo il suo corso. È un patrimonio da conservare non solo per i cittadini friulani, ma dell’Europa e del mondo e per le generazioni future.

Questo ecosistema unico ora è a rischio per dei possibili interventi strutturali che, in realtà, NON “metteranno in sicurezza dalle alluvioni”

La conservazione del tratto di maggiore valore ambientale del Tagliamento è stata ripetutamente minacciata da possibili interventi per la gestione del rischio di alluvioni presente nel tratto terminale del fiume. Negli anni, in particolare, la realizzazione di enormi casse di espansione di diverse tipologie e localizzazioni è stata più volte discussa e poi accantonata, anche per la forte volontà delle comunità locali di conservare integro

l’ecosistema fluviale.

Recentemente, l’Autorità di Bacino Distrettuale Alpi Orientali, nell’aggiornamento del piano di gestione del rischio di alluvioni, e la Regione Friuli-Venezia Giulia, con una delibera di aprile 2024, hanno formalizzato l’intenzione di realizzare una cassa d’espansione in linea a monte del ponte di Dignano e una cassa fuori alveo a Varmo. Entrambe prevedono la realizzazione di uno sbarramento trasversale nell’alveo del fiume, che ne interromperebbe la connettività longitudinale. Questi interventi fanno riferimento alla piena con tempo di ritorno 100 anni, quindi non potrebbero garantire altrettanta efficacia per piene di maggiore intensità. E, come qualsiasi altro intervento strutturale che non vada a ridurre la presenza di elementi antropici e la loro

vulnerabilità, è importante sottolineare che tali opere non porterebbero alla “messa in sicurezza” del territorio contro le alluvioni, obiettivo impossibile da raggiungere, dovendo sempre far fronte al rischio residuo insito nell’utilizzo di tali approcci. Inoltre basare la gestione del rischio su grandi opere strutturali rende il territorio molto fragile in caso di un loro malfunzionamento o cedimento, eventualità sempre possibile.

Se queste opere di mitigazione del rischio venissero realizzate si determinerebbe:

la perdita della connettività fluviale, sia per la fauna che per i sedimenti;

una grave interferenza nella dinamica naturale del fiume, con conseguenze morfologiche di vasta portata sia a monte che a valle;

l’alterazione nei tratti di intervento di uno degli ecosistemi fluviali più rari dell’arco alpino e di numerosi habitat di rilevanza comunitaria;

un grave impatto sul paesaggio e sulle opportunità di fruizione del fiume;

una violazione di direttive ambientali e regolamenti europei, tra cui la Direttiva Quadro Acque, le Direttive Uccelli e Habitat, il Regolamento per il Ripristino della Natura, nonché la Convenzione delle Alpi, firmata anche dall’Italia.

La necessità di valutare e attuare soluzioni integrate e basate sulla natura

Intervenire in un ecosistema così raro e prezioso richiede, più ancora che in altri contesti territoriali, un confronto esaustivo tra alternative di intervento, un’attenta valutazione degli impatti e dei possibili benefici non solo sul rischio di alluvioni, ma su un ampio spettro di obiettivi, e senz’altro scelte condivise con la popolazione.

La Regione Friuli-Venezia Giulia ha finora rifiutato di aprire un dibattito pubblico su questi interventi (previsto dalla normativa italiana, sebbene non obbligatorio per questa tipologia di opera) e ha pubblicato un Documento Preliminare all’Avvio della Progettazione della cassa di espansione in linea, senza fare adeguato riferimento alle criticità relative agli impatti attesi, né alla necessità di valutare alternative alle casse d’espansione che porterebbero miglioramenti ambientali e non danni, come l’arretramento di alcuni rilevati arginali e il ripristino di volumi di laminazione diffusi, riconnettendo tratti di pianura inondabile. Inoltre, la possibilità di far transitare una parte rilevante delle portate di piena all’interno di canali scolmatori (già esistenti o da realizzare) dovrebbe essere attentamente analizzata. Infine, la delocalizzazione degli edifici soggetti al maggior livello di pericolosità idraulica e l’implementazione di interventi tecnici di riduzione della vulnerabilità di quelli localizzati in zone a minor pericolosità – unitamente a sistemi di allertamento personalizzati per ogni cittadino grazie alla tecnologia cellulare – sono soluzioni maggiormente efficaci da un punto di vista economico, oltre che ambientale.

Ma anche se le soluzioni alternative non potessero raggiungere gli stessi effetti delle due casse attualmente previste, danneggiare irrimediabilmente il tratto più prezioso del Tagliamento per mitigare solo parzialmente il rischio a valle è una scelta tutt’altro che scontata.

Il nostro appello

Come comunità internazionale di ricercatori, ricercatrici e tecnici che studiano o hanno studiato il Tagliamento e altri simili sistemi fluviali, chiediamo alla Regione Friuli-Venezia Giulia, all’Autorità di Bacino Distrettuale Alpi Orientali, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica e a tutti gli altri enti competenti di:

garantire in ogni modo possibile la tutela del Tagliamento e in particolare delle sue caratteristiche morfologiche uniche e della sua connettività;

assicurare, ai fini della gestione del rischio di alluvioni e dell’adattamento ai cambiamenti climatici, una valutazione integrata di tutte le possibili alternative, in particolare di quelle basate sulla natura e che prevedono la restituzione di spazio al fiume, coerentemente con gli indirizzi europei, e tenendo conto dei

numerosi dati scientifici prodotti negli anni;

promuovere interventi di riqualificazione del Tagliamento e dei suoi affluenti e di mitigazione degli impatti connessi alle pressioni che insistono sul suo corso;

assicurare un’ampia partecipazione pubblica in relazione alle decisioni sulla pianificazione e gestione del bacino idrografico del Tagliamento.

Ribadiamo infine la nostra disponibilità a contribuire attivamente al dibattito sulla gestione del Tagliamento e alla valorizzazione dell’inestimabile patrimonio che il Re dei fiumi alpini costituisce.

Primi firmatari:

Andrea Goltara, Ingegnere ambientale, Direttore del Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale (CIRF), Italia
Klement Tockner, Professore di Scienze dell'ecosistema, Frankfurt a.M., Germania
Francesco Comiti, Professore di Gestione integrata dei bacini idrografici, Università di Padova, Padova, Italia
Simone Bizzi, Professore di Geomorfologia fluviale e telerilevamento, Università di Padova, Padova, Italia
Ellen Wohl, University Distinguished Professor, Dipartimento di Geoscienze, Colorado State University, Fort Collins, Colorado, USA
Mauro Carolli, Ricercatore ambientale, Trondheim, Norvegia
Carlos García de Leaniz, Cattedra di Bioscienze acquatiche,, Swansea University, Regno Unito
Rafael Schmitt, Ricercatore senior (risorse idriche e fluviali), Stanford University, San Francisco, California, USA
Guido Zolezzi, Professore di idraulica, Università di Trento, Italia
Peter Rudberg, PhD ricercatore in governance dell’acqua, Stockholm, Svezia
Nicolas Débiais, Esperto in riqualificazione eco-morfologica, socio amministratore, BIOTEC Ingénierie écologique, Lyon, Francia
Frédéric Liébault, Direttore di ricerca in Geomorfologia fluviale, Grenoble, Francia
John Pitlick, Professore Emerito di Idrologia e Geomorfologia, University of Colorado, Boulder, Colorado, USA
Luca Mao, Professore associato di Geomorfologia fluviale, Lincoln, Regno Unito
Maria Alp, Ricercatrice in ecologia delle acque dolci, Lyon, Francia
Steffen Pauls, Professore di Entomologia, Frankfurt am Main and Gießen, Germania
Barbara Belletti, Ricercatrice in eco-geomorfologia fluviale, Lyon, Francia
Romain Parrot, Ingegnere e socio di BIOTEC Ingénierie écologique, Lyon, Francia
Luka Javornik, Ingegnere civile, gestione delle acque, trasporto e gestione dei sedimenti, Ljubljana, Slovenia
Andrea Andreoli, Ricercatore/professore associato di Idrologia e gestione dei fiumi di montagna, Libera Università di Bozen-Bolzano, Italia
Hervé Piégay, Direttore di ricerca CNRS in Geomorfologia fluviale, Lyon, Francia
Walter Bertoldi, Professore associato di Geomorfologia, Università di Trento, Trento, Italia
Angela Gurnell, Professore Emerito di geografia fisica, London, UK
Benoît Terrier, Esperto di idromorfologia fluviale, Lyon, Francia
Virginia Ruiz-Villanueva, Geomorfologa fluviale, Assistant Professor Tenure Track, responsabile dell'unità di ricerca Geomorfologia, pericoli naturali e rischi presso l'Istituto di Geografia dell'Università di Berna, Berna, Svizzera
Maria Nicolina Papa, Professore di Costruzioni idrauliche e marine e idrologia, Università di Salerno, Italia
Andrea Brenna, Ricercatore di Geomorfologia Fluviale, Padova, Italia
Carlo Camporeale, Professore di Idraulica e Meccanica dei Fluidi, Politecnico di Torino, Torino, Italia
Anna Scaini, Ricercatrice in idrologia e sostenibilità, Stockholm University, Stockholm, Svezia
Maria Cristina Bruno, Ecologa dei corsi d'acqua, Trento, Italia

Andrea Mandarino, Ricercatore in geomorfologia, Genova, Italia

Yann Abdallah, Idrobiologo, Direttore generale di SCIMABIO Interface, Francia

James Brasington, Professore, Direttore del Waterways Centre for Freshwater Management, University of Canterbury-University of Lincoln, Nuova Zelanda 

Jean René Malavoi, Geomorfologo fluviale, Parcieux, Francia

Kirstie Fryirs, Professore di geomorfologia fluviale e gestione dei corsi d’acqua, Sydney, Australia

Lorenzo Picco, Geomorfologo, professore associato, Università di Padova, Padova, Italia

Vittoria Scorpio, Ricercatrice in geomorfologia, Modena, Italia

Redazione Greenreport

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