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Greenpeace e ReCommon: «A pagare il prezzo dei guadagni di Eni siamo tutte e tutti noi»

Eni vuole aumentare ancora l’estrazione di combustibili fossili, fino almeno al 2028

Da qui al 2030 il Cane a sei zampe punta a installare appena 2 GW di rinnovabili l’anno, mentre nello stesso periodo il gas fossile peserà per il 60% del portafoglio aziendale
 |  Nuove energie

Ieri Eni ha presentato i principali elementi del proprio Piano strategico 2025-2028, dal quale emerge in primis che le estrazioni di combustibili fossili del Cane a sei zampe sono aumentate nel 2024 rispetto al 2023, un trend che l’azienda non intende affatto invertire: l’obiettivo è infatti un incremento della produzione del 3-4% annuo fino al 2028, per poi mantenere gli stessi livelli fino al 2030.

E le rinnovabili? Dal 2023 al 2024 la capacità installata da Eni è passata da appena 3 GW a 4,1 GW, con un target modesto di 15 GW al 2030, e una crescita di poco meno di 2 GW annui. Nello stesso periodo, la sola produzione di gas peserà per il 60% del portafoglio aziendale.

Grande protagonista è invece la Carbon capture and storage (Ccs - cattura e stoccaggio della CO₂), spacciata come soluzione salvifica a partire dai progetti di Ravenna e Hynet nel Regno Unito, mentre in realtà si tratta di una tecnologia sperimentale costosa, rischiosa, inefficiente e totalmente inadatta a fronteggiare l’emergenza climatica. Come ciliegina non poteva mancare la fusione nucleare, una tecnologia al momento inesistente che – nella migliore delle ipotesi – non potrà essere disponibile prima della seconda metà del secolo, ovvero quando dovremo aver già raggiunto l’obiettivo delle emissioni nette zero per evitare che la crisi climatica già in corso sfoci nell’irreparabile.

«Eni celebra utili in crescita, portando a casa un avanzo di 5 miliardi di euro – commentano gli ambientalisti di Greenpeace e ReCommon – mentre la crisi climatica peggiora, gli italiani e le imprese sono costretti a pagare bollette energetiche sempre più salate e il governo fatica a trovare fondi per contenere i prezzi dell’energia, il cui costo in Italia è ancora legato al gas fossile. A pagare il prezzo dei guadagni di Eni siamo dunque tutte e tutti noi, sia a livello economico che climatico e ambientale».

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.