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Il Governo approva l'avvio della cornice legislativa per il "nuovo nucleare", a mancare è tutto il resto
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Il Governo Meloni si è riunito oggi in Consiglio dei ministri per approvare misure contro il caro energia, e in questo contesto ha varato un ddl che conferisce all’Esecutivo stesso una delega per definire il quadro legislativo necessario all’avvio del “nuovo nucleare” in Italia. Il ddl è stato proposto dal ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, il quale però ha già chiarito che l'iter non sarà concluso prima di fine 2027: dopo le prossime elezioni politiche.
La delega prevede che il Governo adotti una serie di decreti legislativi, entro 12 mesi dall’entrata in vigore, per disciplinare in maniera organica l’intero ciclo di vita del nucleare, attraverso la stesura di un Programma nazionale: dalla sperimentazione, localizzazione, costruzione ed esercizio dei nuovi moduli, al tema della fabbricazione e riprocessamento del combustibile.
«Con il nucleare di ultima generazione, insieme alle rinnovabili – dichiara Pichetto – saremo in grado di raggiungere gli obiettivi della decarbonizzazione, garantendo la piena sicurezza energetica del Paese. Così l’Italia è pronta ad affrontare le sfide del futuro».
In realtà, come ampiamente spiegato dai maggiori esperti del Paese – compresi da ultimo il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi e Federico Butera, professore emerito di Fisica tecnica ambientale del Politecnico di Milano (nonché ingegnere nucleare), entrambi auditi in Parlamento – il nucleare non è adatto per compensare la variabilità meteorologica di eolico e solare: se le centrali nucleari non fossero impiegate sempre alla massima potenza, dati i loro alti costi di costruzione, l’elettricità prodotta dall’atomo avrebbe costi ancora più proibitivi.
La soluzione al problema in realtà c’è già, e consiste nell’abbinare gli investimenti sulle rinnovabili a quelli in reti e stoccaggi, come rimarca oggi ancora una volta la Coalizione 100% Rinnovabili network, composta da esponenti di decine di Università e Centri di ricerca, di esponenti del mondo delle imprese, del sindacato e del terzo settore e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente e Wwf.
«La discontinuità – spiega la coalizione – viene affrontata con l’integrazione di alcune fonti rinnovabili non discontinue come l’idroelettrico, le biomasse e la geotermia, con sistemi, ampiamenti utilizzati, di batterie e pompaggi e di gestione intelligente delle reti e della domanda. La discontinuità stagionale è affrontata con l’integrazione della diversa stagionalità del solare e dell’eolico, con l’integrazione europea delle reti e con l’utilizzo di idrogeno verde e dei suoi derivati. La crescita delle rinnovabili richiede investimenti significativi nelle reti e negli stoccaggi, ma, dato il basso costo di generazione, sono comunque più convenienti dal nucleare».
Tutto questo senza contare i profili d’insostenibilità sociale dell’atomo: il 13 dicembre scorso il Consiglio regionale del Veneto, con voto unanime, ha respinto l’ipotesi di localizzare un reattore nucleare Smr a Marghera; anzi, dopo 13 anni di procedure non è ancora stato localizzato il (necessario e sicuro) Deposito nazionale per i rifiuti radioattivi.
«L’operazione di greenwashing con la quale si cerca di far passare come innovativa e sostenibile, solo per la dimensione degli impianti e qualche aggiustamento costruttivo, una tecnologia nucleare obsoleta che resta basata sulla fissione dell’uranio, non reggerà se sarà consentito, come non sta accadendo, un confronto tecnico competente e informato», osserva nel merito la coalizione.
Il 100% Rinnovabili network annuncia dunque che presenterà uno studio sullo scenario 100% rinnovabili, realizzato da un gruppo di docenti universitari e ricercatori, ad un convegno pubblico che si terrà l’11 marzo, anniversario di Fukushima, con inizio alle 9.30 all’Hotel Quirinale in Via Nazionale 7 a Roma.
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