Energia Ue: da rinnovabili il 45% prodotto, ma dipendenza da estero al 58%. E in Italia è al 74,8%
Abbastanza bene per le rinnovabili, decisamente male in quanto a dipendenza dall’estero. Tra le grandi economie globali, l’Unione europea è quella che più necessita di importare energia da altre parti del globo. Nel 2024, questo import si è attestato al 58%. Una percentuale decisamente alta, se confrontata con quella della Cina, che importa il 20% dell’energia necessaria al suo fabbisogno, o con quella pari a zero degli Stati Uniti. La luce, in questo scenario dominato dalle ombre, proviene dalle rinnovabili, che sempre nel 2024 hanno coperto il 45% della generazione elettrica europea, in netta crescita rispetto al 15% del 2000. Nello stesso periodo, l’uso del carbone è sceso dal 32% al 12%. Tutti questi i dati vengono evidenziati nella sesta edizione del rapporto “Med & Italian Energy Report”, o Enermed 2025, presentato ieri al Parlamento europeo. Frutto della collaborazione tra Srm (centro studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) ed ESL@EnergyCenter Lab del Politecnico di Torino, il rapporto mette sotto i riflettori l’impatto della dipendenza energetica sulla competitività globale dell’Ue.
Il titolo dell’indagine, quest’anno, è “The energy transition in the Mediterranean between sustainability and security: a dynamic think-tanking approach”. Transizione e apporto delle rinnovabili fanno da protagonista, ma per quanto ci riguarda il quadro non è un granché. L’Italia, nell’ambito dei 27 Paesi membri, è infatti quella che registra la dipendenza maggiore dagli Stati esteri produttori di energia, pari al 74,8%. Una percentuale decisamente ancora molto alta e ben al di sopra della media europea. Questo valore, si legge nel rapporto, è però in calo di quasi tre punti percentuali rispetto al dato del 2019, prima della pandemia, quando la dipendenza era del 77,5%. Allo stesso tempo, il livello di stoccaggio è tra i più alti in Ue: all’inizio della stagione di prelievo - cominciata il 1° novembre - era pari al 98,5%.
Un elevato livello di dipendenza energetica, si legge nel rapporto, «espone maggiormente i singoli Paesi alla volatilità dei prezzi delle commodity energetiche sui mercati internazionali e agli impatti delle tensioni geopolitiche, condizionandone la competitività rispetto ai paesi più autosufficienti». Viene sottolineato che se il tessuto produttivo del continente vuole tornare a competere con il resto del mondo è necessario trovare strade alternative. A cominciare dall’ulteriore sviluppo delle rinnovabili, che dal 2020 sono comunque triplicate nel totale del mix di generazione di energia elettrica. Altro dato positivo è il calo del carbone, mentre è leggermente aumentata la quota del gas naturale, passata dal 12% al 17%. Le tensioni geopolitiche degli ultimi anni, in particolare il conflitto Russia-Ucraina e la crisi del Medio Oriente, si legge nel documento, «hanno influenzato il commercio mondiale di energia». Anche la crisi del Mar Rosso ha avuto impatti rilevanti sui transiti energetici, facendo calare le importazioni di greggio da quell’area da oltre il 16% nell'ottobre 2023 a circa il 4% nel febbraio 2024, per poi rimanere sempre al di sotto del 5%. Per gli esperti che hanno lavorato al rapporto, inoltre, ci saranno «impatti rilevanti» dovuti alla presidenza di Donald Trump, con una spinta a vendere più petrolio e gas all’Europa e accelerando la tendenza già in atto sul Gnl. In questo scenario viene dunque definito «fondamentale» procedere nel dialogo energetico tra Europa e Nord Africa anche per la produzione di rinnovabili e idrogeno verde.
Il rapporto evidenzia anche un altro fattore di cui i governi europei devono tenere in seria considerazione: prendendo nello specifico la generazione di elettricità da fotovoltaico, viene dimostrato che basterebbe meno dell’1% della superficie dei paesi della costa meridionale per generare elettricità sufficiente non solo a soddisfare la loro futura domanda di energia elettrica, ma anche per produrre elettricità in eccesso che potrebbe essere esportata verso le altre due sponde.