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La posizione della Vdi, la più vasta associazione d’ingegneri dell’Europa occidentale

Quale rinascita dell'energia nucleare? Gli ingegneri tedeschi puntano sulle rinnovabili

Bradke: «Nonostante il previsto aumento della produzione di energia nucleare, le rinnovabili rimangono il motore principale della transizione energetica»
 |  Nuove energie

Tra il 2010 e il 2023, la produzione globale di elettricità dalle centrali nucleari è aumentata solo di una piccola frazione (+0,33%) passando da 2.756 a 2.765 TWh in 13 anni, mentre allo stesso tempo la quota dell’energia nucleare nella produzione mondiale di elettricità è scesa dal 13% al 9%. Restringendo il campo d’osservazione all’Unione europea, invece, nello stesso periodo la produzione di elettricità da nucleare è scesa da 854 TWh a 616 TWh (e la quota da 29% al 23%). E adesso?

In molte parti del Vecchio continente si parla di un’imminente rinascita dell’energia nucleare, compreso in Italia, dove il ministro Pichetto ha elaborato la relativa bozza di quadro legislativo (ma avvisando che sarà pronta non prima della fine del 2027, ovvero dopo le prossime elezioni politiche). Soprattutto, a inizio gennaio anche l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) ha delineato una nuova fioritura di progetti nucleari, pur avvertendo di «ostacoli significativi sulla strada verso una nuova era per l'energia nucleare, a partire dalla consegna di nuovi progetti nei tempi e nel budget».

Per capire meglio cosa potersi davvero aspettare su questo fronte, la Verein deutscher ingenieure (Vdi) – ovvero l’Associazione degli ingegneri tedeschi nata nel 1856 e che oggi raggruppa oltre 130mila professionisti, rendendola l’associazione d’ingegneri più vasta dell’Europa occidentale – suggerisce di guardare al contesto più ampio, delineato sempre dalla Iea nell’ultimo World energy outlook (Weo 2024).  

All’interno dello scenario Annunced pledges – ovvero basato sugli impegni già annunciati dai vari Stati nel rispetto dall’Accordo sul clima di Parigi – la produzione di elettricità dalle centrali nucleari in tutto il mondo potrebbe aumentare fino a 6.055 TWh, più che raddoppiando il dato attuale. Eppure la quota dell’energia nucleare nella produzione mondiale di elettricità rimarrebbe solo intorno al 9%, sia perché la domanda complessiva di elettricità aumenterà (di un fattore 2,36), sia per la crescita vorticosa delle energie rinnovabili: da qui al 2050 il fotovoltaico passerà dal 5% al 40% della produzione globale di elettricità, mentre il salto dell’eolico sarà dall’8% al 26%. Complessivamente, la quota di tutte le rinnovabili nella produzione globale di elettricità potrebbe aumentare dal 30% nel 2023 all’83% nel 2050.

Lo stesso avverrà in Ue, dove si prevede che la produzione di energia nucleare aumenterà fino a 860 TWh entro il 2050 (un dato comunque più basso di quello relativo al 2010), ma la quota dell’atomo sulla produzione elettrica continuerà a scendere fino al 15%. Al contempo in Ue il fotovoltaico passerà dal 9% al 24%, l’eolico dal 18% al 46%, così da portare la quota di tutte le font rinnovabili a crescere dal 45% all’84% di tutta l’elettricità prodotta.

«Questi dati indicano che, nonostante il previsto aumento della produzione di energia nucleare, le energie rinnovabili rimarranno il motore principale della transizione energetica», spiega per la Vdi il prof. Harald Bradke. Per la Germania e l’Europa ciò significherebbe continuare a concentrarsi su un percorso che sfrutti il ​​potenziale delle energie rinnovabili e promuova un approvvigionamento energetico sostenibile, con un ruolo limitato dell’energia nucleare.

Una realtà che resta ancor più valida dopo il ritorno di Donald Trump alla presidenza Usa, che ha dichiarato un’improbabile “emergenza energetica nazionale” per spingere ulteriormente la produzione di combustibili fossili a stelle e strisce, quando gli Usa sono già al primo posto internazionale per risorse e produzione di petrolio (18%), al quinto posto per esportazioni globali di petrolio (8%) e dominano anche l’export di gas naturale davanti a Russia, Qatar e Norvegia.

«La ricerca del profitto a breve termine derivante dai combustibili fossili andrà anche a scapito della nostra stessa popolazione, a causa delle conseguenti emissioni di gas serra», osservano nel merito dalla Vdi, confidando che «la comunità internazionale non si lasci intimidire dal comportamento minaccioso» di The Donald: «Negli Stati Uniti e in Europa le energie rinnovabili sono già più economiche dei combustibili fossili e l’espansione globale delle energie rinnovabili è una tendenza destinata a continuare – confermano nel merito gli ingegneri tedeschi – Il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo sul clima di Parigi apre anche la strada ad altri paesi per assumere un ruolo guida nella protezione globale del clima. Ora è importante che l’Europa colmi il vuoto di leadership lasciato dagli Stati Uniti e continui a mostrare solidarietà ai paesi più vulnerabili del mondo».

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.