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L’intero settore elettricità al governo: sulle rinnovabili urgente un cambio di rotta, altrimenti si danneggia l’Italia

Per la prima volta, le due associazioni aderenti a Confindustria che insieme rappresentano l’intera filiera nazionale dell’energia elettrica, Elettricità futura e Federazione Anie, firmano un appello congiunto indirizzato a Palazzo Chigi
 |  Nuove energie

Non era mai successo, ma evidentemente la posta in gioco è troppo alta per lasciare che la situazione vada avanti in questo modo. Per la prima volta in assoluto, le due associazioni aderenti a Confindustria che insieme rappresentano l’intera filiera industriale nazionale dell’energia elettrica, Elettricità futura e Federazione Anie, hanno siglato una nota congiunta per rivolgere un appello urgente al governo, affinché emani una norma che eviti il blocco della filiera nazionale delle tecnologie elettriche rinnovabili in Italia. 

Già mentre l’esecutivo preparava il decreto Aree idonee e poi quello Agricoltura, sigle ambientaliste e operatori del settore avevano segnalato tutte le criticità presenti nei due testi. E poi, di nuovo, quando ad agosto il Consiglio dei ministri ha varato il Testo unico Fer, erano stati evidenziati al governo tutti i punti che, anziché semplificare l’autorizzazione per nuovi impianti eolici e fotovoltaici, finivano per rendere ancora più macchinosi i diversi passaggi burocratici. 

Ora che questo testo è all’esame del Parlamento per il via libera definitivo, Elettricità Futura e Federazione Anie hanno deciso di segnalare con una nuova iniziative la necessità di imprimere un cambio di rotta. L’intero quadro normativo, sottolineano facendo riferimento appunto al decreto ministeriale Aree idonee, al decreto legge Agricoltura e al Testo unico per le rinnovabili, «rischia di tradursi in un vero e proprio stop ai progetti già in corso di autorizzazione - in netto contrasto con il principio del legittimo affidamento - e di rendere il 96% del territorio italiano non idoneo alle rinnovabili». 

L’Italia, ribadiscono le due associazioni che insieme rappresentano l’intera filiera nazionale dell’elettricità, non può permettersi di correre questo rischio, data la totale discrezionalità lasciata alle Regioni dal decreto Aree idonee, come dimostra il caso della Sardegna, il cui disegno di legge su questo tema ha effetti retroattivi e definisce criteri che renderanno non idoneo il 99% del territorio sardo. Da qui la scelta di questo appello congiunto rivolto a Palazzo Chigi: «Chiediamo al Governo di emanare una norma in base alla quale le Regioni, nell’esercizio del loro potere di normazione sulle aree idonee, si conformino ai seguenti criteri:

  • le aree idonee individuate ex lege dall’articolo 20 del D.Lgs. n. 199/2021 di attuazione della Direttiva (UE) 2018/2001 (“Direttiva RED II”) devono continuare ad essere considerate tali;
  • le nuove disposizioni regionali non dovranno applicarsi ai progetti per i quali sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative necessarie ad ottenere l’autorizzazione a realizzare l’impianto (in coerenza con quanto fatto dal Governo con l’art. 5 del DL Agricoltura). In ogni caso, dovranno essere fatti salvi tutti i progetti, già in corso di autorizzazione, che dal 2021 ad oggi sono stati localizzati nelle aree idonee ex lege (art. 20 d.lgs. 199/2021)».

Le due associazioni di Confindustria sottolineano nella nota congiunta che in assenza di tale intervento normativo, sarebbe di fatto impossibile raggiungere gli obiettivi del Pniec, del Pnrr e anche dello stesso decreto Aree idonee, «e si fermerà una filiera composta da eccellenze industriali nazionali competitive a livello mondiale, che purtroppo è sempre più in sofferenza per il calo drastico delle installazioni degli impianti residenziali ed industriali». 

Secondo il Politecnico di Milano, ricordano Elettricità futura e Federazione Anie, nel 2023 le filiere industriali del fotovoltaico e dell’eolico hanno generato un volume d’affari di circa 10 miliardi di euro, e più del 60% di questo valore è rimasto sul territorio italiano, con un ulteriore 20-25% andato in altri Paesi europei, e solo circa il 10% è finito fuori dai confini europei. «I benefici socio-economici per l’Italia derivanti dallo sviluppo della filiera delle tecnologie rinnovabili sono notevoli e potrebbero equivalere fino al 2% del Pil annuo da qui al 2030 – si legge nel testo –. Lo sviluppo e il consolidamento della filiera industriale e della produzione nazionale di tecnologie per la transizione passano attraverso la crescita della domanda interna di tecnologie e la possibilità di realizzare i progetti».

«Il settore delle fonti rinnovabili elettriche necessita di una cornice normativa stabile - ha dichiarato Filippo Girardi, presidente di Anie  - Si tratta di un settore strategico che oggi occupa circa 80.000 addetti, cifra che potrebbe raddoppiare entro il 2030 anche in prospettiva di un rafforzamento dell’industria tecnologica nazionale. Anie ribadisce la necessità di una maggiore collaborazione tra stakeholder pubblici e privati perché il raggiungimento della sicurezza energetica è una priorità condivisa a livello europeo che nel nostro Paese assume carattere di particolare rilevanza e urgenza».

Ostacolare lo sviluppo delle energie rinnovabili è in antitesi con la necessità di ridurre i costi dell’energia in Italia. Come ha di recente spiegato Stefano Besseghini, presidente dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera), le rinnovabili stanno già contribuendo a ridurre i costi, e per far diminuire il prezzo dell’energia nel nostro Paese bisogna scommettere con maggior coraggio sulle fonti energetiche rinnovabili e sui sistemi di accumulo.

«Le rinnovabili sono le tecnologie che producono energia elettrica al minor costo e che garantiscono al Paese sicurezza e indipendenza energetica. Il loro sviluppo dovrebbe essere pertanto la priorità, a maggior ragione se si considerano gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2», ha concluso Agostino Re Rebaudengo, presidente Elettricità futura.

Redazione Greenreport

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