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Nucleare, al Question time Pichetto Fratin non risponde sui costi previsti. Bonelli: «Un approccio che fa paura»

Il ministro dell’Ambiente ripete un generico: «Il ritorno all’atomo serve per decarbonizzare». Ma intanto con i decreti Agricoltura e Aree idonee si bloccano le rinnovabili
 |  Nuove energie
Il ministro Pichetto Fratin al Question time alla Camera dei deputati

Il governo insiste sul nucleare ma, al di là degli annunci, più passa il tempo e meno è chiaro quale sia la strategia per il ritorno dell’atomo, quali i precisi costi preventivati, quali le tecnologie da impiegare e quali le misure necessarie per una gestione in sicurezza delle scorie. Mentre tanto in Europa quanto in America anche l’ipotesi dei piccoli reattori perde quota, fa scappare i finanziatori e porta all’interruzione di progetti già avviati e provvisti di tutte le necessarie autorizzazioni, mentre ancora lungo tutta la Penisola non si riesce a individuare  un luogo in cui poter realizzare un Deposito per le scorie radioattive che, seppur in misura minore, anche il cosiddetto nucleare di nuova generazione inevitabilmente produrrebbe, il governo continua a sventolare la bandiera dell’atomo e al tempo stesso con decreti come quello Agricoltura e quello Aree idonee chiude di fatto le porte a quella che è la reale, già precorribile, meno costosa alternativa per la produzione energetica, quella delle rinnovabili.

Un’ulteriore conferma della mancanza di strategia e consapevolezza su quali siano i costi di un ritorno all’atomo anche tra i ministri che pure dovrebbero occuparsi in prima persona della materia è arrivata dal Question time a cui ha partecipato Gilberto Pichetto Fratin. Sollecitato dal deputato AVS Angelo Bonelli a chiarire quale sia il preventivo di spesa di questa operazione e quali poi i costi dell’energia derivanti dalla nuova produzione, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica non è riuscito ad andare oltre un generico: «Dobbiamo proseguire il percorso che questo Governo ha intrapreso per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e ci riusciremo anche grazie alla produzione di energia nucleare». Una pura dichiarazione d’intenti e un refrain ripetuto a più riprese nei minuti previsti dal Question time: «Occorre garantire al nostro sistema produttivo – ha detto il Ministro nell’Aula di Montecitorio – la stessa capacità competitiva delle altre aziende europee, che oggettivamente sostengono costi di energia inferiori alle imprese italiane. Pertanto, tutte le soluzioni percorribili per facilitare l’industria italiana saranno perseguite, compreso lo sviluppo del nucleare». 

Nel Pniec, ha aggiunto poi il ministro, è stata inserita «una ipotesi». Ha detto proprio così, «una ipotesi del potenziale ruolo dell’energia nucleare nel percorso al Net Zero previsto per il 2050». E quanto ai costi di realizzazione e agli scenari di produzione energetici ed elettrici ha invece rinviato alle valutazioni della “Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile”, un organismo messo in piedi dal Mase ormai quasi un anno fa e che di tanto in tanto Pichetto Fratin cita per dire che «i lavori proseguono». Tra l’altro, è dell’aprile scorso l’annuncio del ministro che la Piattaforma, lanciata nel settembre 2023, «ha concluso la prima fase dei lavori». E cos’ha fatto in circa sei mesi?  «Si è proceduto a una ricognizione della situazione nazionale e internazionale sul tema», ha ressocontato il ministro.  Passati altri tre mesi da allora, Pichetto Fratin ha fatto sapere durante il Question time che le valutazioni della Piattaforma «contengono analisi di costo, sia in termini di costo dell’energia che di costi di sistema, di sicurezza degli approvvigionamenti, di tenuta e sviluppo della rete elettrica e di possibilità di cogenerazione e integrazione con la quota sempre crescente di rinnovabili non programmabili». Le ha per caso comunicate queste valutazioni, durante il Question time alla Camera, luogo e momento deputato a far sapere ai parlamentari quali sono le strategie del governo? Nient’affatto. E all’esponente AVS Bonelli che ha depositato la domanda sui costi (i ministri ricevono in anticipo i quesiti dei parlamentari per poter preparare le risposte, solitamente insieme agli uffici legislativi dei dicasteri) ha risposto soltanto così: «Sul fronte dei costi, in particolare, gli Small Modular Reactor (SMR) consentono un più semplice smantellamento, a differenza dei reattori di prima generazione, proprio grazie alla loro modulabilità in fase realizzativa». Qualche dettaglio? No, niente: «Gli SMR permettono inoltre una possibilità di gestione centralizzata, con un maggior controllo sull’intero processo di gestione dei materiali e una maggiore qualità nella produzione di rifiuti radioattivi. Ne consegue una sostanziale vantaggio in termini di tempi, costi e livello di sicurezza nell’approccio al decommissioning».

Per Bonelli il ministro «non è riuscito o peggio ancora non ha voluto rispondere al quesito»: «Probabilmente, se avesse risposto in maniera appropriata, gli italiani contro il nucleare sarebbero passati dal 75% al 100%. Il ministro ha parlato di ipotesi. Ma è possibile che un governo che dovrebbe garantire una strategia energetica per i cittadini e le imprese parli per ipotesi? Siamo terrorizzati da questo approccio». E poi, in una nota diramata dopo il Question time a Montecitorio, il deputato AVS ha scritto: «I dati che il Ministro Pichetto Fratin omette li forniamo noi. I reattori SMR, che il governo vuole imporre, in America sono stati messi fuori mercato per via del costo spropositano. Un impianto da 460 megawatt costa 9 miliardi di euro. Nella centrale di Hinkley Point in Inghilterra il costo è arrivato a 120 euro MWh. Stanno per quadruplicare il costo dell’energia per gli italiani mentre il Ministro Lollobrigida ha bloccato le rinnovabili, con il silenzio assenso del Ministero dell’ambiente, e di conseguenza il progresso e la lotta alla crisi climatica. Tutto ciò avviene mentre la siccità sta mettendo in ginocchio la Sicilia e in molti comuni l’acqua arriva solo ogni 18 giorni. Ci danno degli eco-folli ma gli unici folli sono coloro che siedono nei banchi del governo».

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.