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Il premio Nobel per la letteratura alla giornalista che ha raccontato Chernobyl

 |  Nuove energie

Svetlana Alexievich, giornalista e saggista bielorussa, è appena stata insignita del premio Nobel per la letteratura 2015. Un riconoscimento alla «sua polifonica scrittura, monumento alla sofferenza e al coraggio dei nostri tempi», per dirla con le parole con cui la omaggia l’Accademia svedese.

Alexievich, all’età di 67anni, è un’autrice nota e tradotta in tutto il mondo per i reportage e le ficcanti analisi delle vicende che hanno visto protagonista l’Unione sovietica e i suoi figli e figliocci, un’opera di divulgazione all’interno della quale la catastrofe di Chernobyl riveste un ruolo centrale: la sua opera Černobyl’skaja molitva (Preghiera per Chernobyl, tradotta in Italia per le edizioni e/o) guarda dentro l’abisso aperto dal più grande disastro del nucleare civile che il mondo ricordi.

Quando il 26 aprile del 1986 il reattore numero 4 della centrale bielorussa esplose iniziò un calvario che ancora non conosce tregua. A 29 anni dalla tragedia cinque milioni di persone vivono ancora in zone contaminate dalle radiazioni, nonostante l’aumento dei tassi di malformazioni congenite (passate tra il 2000 e il 2009 dal 3,5  al 5,5 per 1.000).

Secondo lo studio “Chernobyl. Consequences of the catastrophe for people and the environnement” del team di Yuri Bandajevski (pubblicato nel 2011) la catastrofe e le sue ricadute avrebbero causato 985mila vittime, e il computo è destinato ad aumentare ancora col tempo. Una volta uscito dalla lampada, il genio del nucleare non ammette nuovi confini: negli anni i tentativi di neutralizzare le conseguenze dell’esplosione sono stati innumerevoli, senza trovare soluzioni definitive. L’ultimo progetto prevede di costruire attorno al cadavere di Chernobyl una gigantesca cupola metallica, alta 92 metri e lunga 245, che possa contenere le scorie. Nel mentre, tracce del fallout nucleare continuano ad essere rilevate a centinaia di chilometri di distanza, come sulle nostre Alpi.

La zona rossa attorno a Chernobyl è ora patria solo di animali selvatici, che provano a trovarvi conforto dalla forzata assenza dell’uomo. La memoria dei luoghi e delle persone segnate dalla tragedia rimarrà però viva grazie a chi non dimentica. Il Nobel Svetlana Alexievich, certo, ma anche innumerevoli ambientalisti sparsi nel mondo: Chernobyl non è solo distruzione, ma anche impegno per un nuovo inizio.

L. A.

Redazione Greenreport

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