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In Algeria nuovo pozzo apre l'era fracking: raggiungibili 200mila miliardi di metri cubi di gas?

Centinaia di studenti si sono uniti alle migliaia di abitanti di diverse città della regione che protestano dalla scorsa settimana
 |  Nuove energie

Anche in Algeria è nato il movimento contro il fracking che ha visto ufficialmente la luce a Tamanrasset, nella regione del Grand Sud, a 2.000 km da Algeri. Centinaia di studenti si sono uniti alle migliaia di abitanti di diverse città della regione che protestano dalla scorsa settimana, dopo che il governo di Algeri ha reso noto che, secondo esperti americani, nell’area ci sarebbero riserve per circa  200.000 miliardi di m3 di gas di scisto. Il possibile sfruttamento di questo enorme giacimento con la tecnica della fratturazione idraulica preoccupa gli abitanti del Gran Sud che si sono mobilitati per bloccarlo, chiedendo una moratoria sullo sfruttamento del “gaz de schiste” e un dibattito nazionale sulle conseguenze del fracking sull’ambiente e la salute.

SA dire il vero è ormai da un anno che nel sud dell'Algeria c’è una mobilitazione contro lo shale gas, ma fino ad ora si era limitata ad un passa parola che però ha consentito di organizzare le grandi manifestazioni di questi giorni.

Ad In Salah, à 1.500 km dalla capitale, il 31 dicembre 2014 c’è stata una manifestazione con 1.500 persone che hanno sfidato la polxzia che aveva “precauzionalmente”  già arrestato diversi manifestanti. Il 4 gennaio 3.000 persone si sono riunite davanti ai municipi di  Tamanrasset ed  El Menea.

La cosa preoccupa molto il governo perché queste manifestazioni anti-fracking sono avvenute in una regione i cui abitanti sono favorevoli al regime, ma si tratta anche di zone con condizioni climatiche molto difficili, aride, che mancano di infrastruitture e che scontano ancora sulla loro pelle le conseguenze dei test nucleari realizzati nel deserto algerino dalla Francia tra il 1960 ed il 1966.

Il ministro dell’energia algerino, Youcef Yousfi, il 7 gennaio è andato a Tamanrasset per cercare di calmare gli animi, ma la popolazione del Grand Sud teme che il fracking distruggerà le già scarse risorse idriche della regione. Ma difficilmente gli il movimento anti-fracking si farà convincere. Infatti, il 28 dicembre era stato proprio un entusiasta Yousfi ad annunciare che l'Algeria aveva effettuato con   successo la sua prima trivellazione pilota di gas di scisto nel bacino di Ahnet ad In Salah, a soli 50 Km de Tamanrasset, che «Si è dimostrato molto promettente. Assistiamo al successo della prima vera operazione di sfruttamento di gaz de schiste nel bacino di Ahnet, dove siamo riusciti a produrre del gas estremamente compatto situato in delle rocce impermeabili». Il 31 dicembre, durante la riunione del  Consiglio dei ministri algerino Yousfi ha annunciato l’individuazione di un secondo bacino di gas di scisto a Timimoun e di un bacino petrolifero di scisto a Berkine.

A trivellare il primo pozzo fracking dell'Algeria, l’ AHT1 H2 a 1.800 metri di profondità,  è stata la compagnia petrolifera statale Sonatrach e Yousfi ha subito detto che «Ci lascia intravedere la possibilità di andare avanti con un eventuale sfruttamento di queste risorse gasiere non convenzionali. Gli studi condotti nel bacino di Ahnet, grazie a questa prima trivellazione, hanno permesso di rivelare l’esistenza di un terzo perimetro contenenbte gas di scisto, che si estende su 100.000 km2». Le stime di Sonatrach per Ahnet parlano di 2 miliardi di m3  per ogni Km2, il 10% delle quali, possono essere estratte con le tecniche del fracking, cioè  20.000 miliardi di m3 di gas. Secondo Yousfi  «Queste risorse,  essendo certamente molto importanti ed utili per il Paese, non possiamo lasciarle non sfruttate». Ma il movimento no-fracking algerino ribatte che questa “ricchezza” significherebbe la devastazione ambientale e sociale di un’area fragilissima e la fine delle riserve idriche e dell’agricoltura e, visto quel che succede nei più progrediti Usa, non bastano certo le rassicurazioni di Sonatrach che per il bacino di Ahnet  dice che assicurerà «come per altri progetti di produzione di idrocarburi (…) una gestione integrata degli scarichi della trivellazione per una migliore protezione dell’ambiente, che permette di riciclare e di riutilizzare il fango così come le acque utilizzate sul cantiere nelle operazioni di fratturazione idraulica che libera il gaz de schiste dalla roccia che lo imprigiona».

Intanto l'Algeria ha già trovato un grosso cliente: il 30 dicembre ha firmato con l’Egitto un accordo di fornitura per il 2015 di 750.000 m3 di gas naturale liquefatto e Yousfi ed il suo collega egiziano Chérif Ismaïl hanno anche discusso di una possibile joint-venture per lo sfruttamento, l’esplorazione e lo scambio di esperienze sul fracking di shale gas.

Visti gli interessi in ballo, la lotta degli anti-fracking algerini si annuncia lunga e difficile.

Redazione Greenreport

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