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La competizione delle api allevate con quelle selvatiche. Il caso di Giannutri

Studio internazionale: con gli alveari cali allarmanti di specie selvatiche nella piccola isola protetta
 |  Natura e biodiversità

In tutto il mondo, le api selvatiche e quelle allevate svolgono un ruolo fondamentale nei servizi di impollinazione. L'Apis mellifera è anche economicamente importante, sia per l'impollinazione delle colture che per i prodotti dell'alveare. Ma, mentre le popolazioni di api selvatiche sono in declino a livello globale, nonostante i problemo dovuto a parassiti e pesticidi le colonie di api mellifere prosperano grazie alla gestione. Una dinamica che è particolarmente evidente nel bacino del Mediterraneo, dove le api mellifere stanno progressivamente sostituendo le api selvatiche, sollevando preoccupazioni sul loro impatto sulla biodiversità.

Il nuovo studio “Island-wide removal of honeybees reveals exploitative trophic competition with strongly declining wild bee populations”, pubblicato su Current Biology da Lorenzo Pasquali, Claudia Bruschini, Fulvia Benetello, ,Marco Bonifacino, Elisa Monterastelli, Vania Salvati, Stefania Smargiassi, Elia di Tongeren e Leonardo Dapporto del Dipartimento di biologia dell’università di Firenze, Francesca Giannini del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano, Marco Penco ,Giorgio Vicari e Alessandro Cini dell’università di Pisa, Sabrina Pesarini dell’università di Torino e UniPi, Giulia Simbula di BIOPOLIS-CIBIO - Portogallo, Marta Skowron Volponi dell’università di Bialystok – Polonia, evidenzia che «Le elevate densità di api mellifere gestite (Apis mellifera) possono minacciare le api selvatiche attraverso la competizione sfruttatrice, portando così al declino della popolazione di queste ultime».
Anche se studi precedenti avessero già delineato i passaggi chiave per dimostrare questi impatti con la misurazione della sovrapposizione delle risorse, finora erano praticamente assenti studi che analizzino i cambiamenti nel comportamento delle api selvatiche e i trend della loro popolazione. Al team di ricerca italo- portoghese-polacco è stato concesso dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano l'accesso all'intera isola di Giannutri (2,6 km2), che presenta condizioni uniche per superare queste limitazioni, e dove gli apicoltori hanno introdotto ogni anno, da dicembre a giugno, 18 alveari di A. mellifera ogni anno, utilizzando l'isola come sito di accoppiamento isolato, con una densità di circa 7 alveari/km2, superiore alla media europea, 4,2 alveari/km2.

I ricercatori spiegano che «Utilizzando l'isola come laboratorio all'aperto, abbiamo manipolato sperimentalmente la pressione delle api mellifere chiudendo gli alveari in giorni selezionati durante il picco del periodo di foraggiamento delle api selvatiche. Nelle piante più visitate dagli impollinatori, anche le rimozioni di api mellifere a breve termine (11 ore al giorno) hanno aumentato il volume del nettare (∼60%) e la disponibilità di polline (∼30%). In assenza di api mellifere, le api selvatiche target (Anthophora dispar e Bombus terrestris ) sono diventate dominanti nella rete di visita insetti-piante e la potenziale competizione apparente è diminuita significativamente. Di conseguenza, entrambe le specie hanno intensificato la loro attività di foraggiamento e aumentato il tempo di aspirazione del nettare, un indicatore riconosciuto della quantità di nettare sondato, e Bombus terrestris ha anche ridotto il tempo di ricerca del polline».

Ma il monitoraggio del transetto ha rivelato anche «Un allarmante calo di circa l'80% in entrambe le specie in 4 anni, coerente con la monopolizzazione delle risorse floreali da parte delle api mellifere, riducendo così la disponibilità per gli impollinatori selvatici e alterando il loro budget di foraggiamento».

Lo studio conclude: «Utilizzando un approccio manipolativo in un ecosistema confinato, forniamo una solida prova degli impatti negativi della competizione sfruttatrice tra api mellifere e api selvatiche. La competizione delle api mellifere, insieme ai potenziali cambiamenti nella disponibilità di risorse dovuti al cambiamento climatico, ha portato a un allarmante calo dell'80% nell'abbondanza di api selvatiche in 4 anni. In un ambiente sempre più esigente, le elevate densità di api mellifere possono amplificare i danni causati da altri fattori di stress, specialmente in ecosistemi fragili come le piccole isole. Questi risultati, ottenuti in un sistema modello di macchia mediterranea, sono probabilmente scalabili a isole più grandi e aree continentali, in particolare in zone critiche per la conservazione come i parchi nazionali. Tra le numerose minacce alle api selvatiche derivanti dalle attività umane e dal cambiamento climatico, la competizione con le api mellifere è una che può essere gestita o rimossa. Pertanto, raccomandiamo vivamente di non consentire l'apicoltura a meno che non vengano fornite prove che dimostrino l'assenza di danni alle popolazioni locali, specialmente in piccole aree protette. A livello globale, il nostro studio apre la strada a ulteriori ricerche per valutare la competizione basata sul monitoraggio eco-etologico e affrontare le principali sfide metodologiche evidenziate nelle recenti revisioni».

Redazione Greenreport

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