Il cambiamento climatico è la minaccia più importante per gli impollinatori
Le popolazioni di impollinatori stanno diminuendo in tutto il mondo e l’85% delle specie di piante da fiore e 87 delle principali colture globali si affidano agli impollinatori per la produzione di semi. Dai dati dell’ Intergovernmental science-policy platform on biodiversity and ecosystem Services (Ipbes) emerge che circa il 16% dei vertebrati impollinatori, come uccelli e pipistrelli, e il 40% degli invertebrati impollinatori, come api, bombi, vespe e farfalle sono a rischio estinzione
Lo studio “What are the main reasons for the worldwide decline in pollinator populations?”, pubblicato su CABI Reviews dalla statunitense Johanne Brunet e dalla brasiliana Fabiana Fragoso ha scoperto che «Il cambiamento climatico è la minaccia più importante per gli impollinatori che sono essenziali per la conservazione della biodiversità, i raccolti e la sicurezza alimentare» e che «La minaccia posta dagli esseri umani agli impollinatori è la minaccia più difficile da controllare».
Le due autrici dello studio sostengono che «date le terribili conseguenze, gli sforzi per controllare i vari fattori che hanno un impatto negativo sugli impollinatori devono continuare. la comprensione dei fattori che determinano il declino degli impollinatori può portare allo sviluppo di strategie e piani d’azione per proteggere e conservare gli impollinatori e i servizi ecosistemici essenziali che forniscono».
Brunet ha spiegato che «questa revisione introduce la diversità degli impollinatori, affronta i principali fattori che determinano il declino degli impollinatori e presenta strategie per ridurre i loro impatti negativi. Discutiamo di come le api allevate influiscono negativamente sulle specie di api selvatiche ed esaminiamo l’impatto della perdita di habitat, dell’uso di pesticidi, di parassiti e agenti patogeni, dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici sul declino degli impollinatori. Vengono affrontati anche i collegamenti tra gli esseri umani e il declino degli impollinatori».
Le ricercatrici ritengono che «i cambiamenti nell’acqua e nella temperatura associati al cambiamento climatico possono ridurre la quantità e la qualità delle risorse a disposizione degli impollinatori, diminuire la sopravvivenza delle larve o degli adulti e modificare gli habitat adatti. Nel frattempo, gli impollinatori subiscono l’impatto negativo delle azioni umane, tra cui la perdita e il degrado dell’habitat, l’applicazione di prodotti chimici per l’agricoltura, il cambiamento climatico e l’inquinamento».
La Brunet e la Fragoso avvertono che «in assenza di impollinatori, la dieta umana si sposterà verso una preponderanza di grano, riso, avena e mais, poiché si tratta di colture impollinate dal vento. Verranno mantenute le colture che si riproducono vegetativamente, come le banane». La Fragoso è però convinta che «l’utilizzo diffuso di pratiche sostenibili in agricoltura e l’ulteriore sviluppo di strategie integrate di gestione degli impollinatori, strategie ecocompatibili, inclusa la riduzione dell’uso di pesticidi, aiuteranno a preservare gli impollinatori. I potenziali effetti negativi delle api allevate sulle popolazioni locali di api selvatiche devono essere mitigati. I metodi di raccolta non letali dovrebbero essere sviluppati e adottati a livello globale in risposta alla crescente necessità di una raccolta di dati di base sugli impollinatori».
Le ricercatrici consigliano l’adozione di un approccio più olistico alla conservazione degli impollinatori, con strategie di gestione che integrino habitat naturali e sistemi agricoli, insieme alle api allevate e selvatiche, dovrebbe diventare una priorità a livello mondiale.
La Brunet conclude: «Devono continuare ad essere attuate misure per ridurre il cambiamento climatico e prevenirne i gravi impatti negativi sugli impollinatori. Il cambiamento climatico ha gli impatti negativi più diversi sugli impollinatori e rappresenta la minaccia più difficile da controllare. Tuttavia, le sue conseguenze minacciano la sicurezza alimentare e la stabilità mondiale, quindi gli sforzi per tenerlo sotto controllo devono avere la priorità su scala globale».