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Atolli, architetture naturali e il loro ruolo cruciale nella biodiversità

Dalle eruzioni vulcaniche alla protezione costiera: il delicato equilibrio degli atolli e le sfide legate al cambiamento climatico
 |  Natura e biodiversità

Gli atolli non sono semplici isole, ma architetture naturali straordinarie, scolpite dal tempo e dall’interazione tra vulcani, coralli e movimenti tettonici. La loro esistenza racconta una storia di eruzioni, subsidenza e costruzione biologica che si snoda attraverso milioni di anni.

Ma come si formano questi anelli di corallo in mezzo all’oceano? E perché sono così importanti per la biodiversità?

L’intuizione di Darwin

Il primo a comprendere il processo di formazione degli atolli fu Charles Darwin durante il suo viaggio sull’HMS Beagle (1831-1836) osservando le barriere coralline di Tahiti e delle isole Cocos (Keeling).
La teoria si basa su un processo geologico e biologico che coinvolge la subsidenza delle isole vulcaniche.
Secondo lo scienziato, tutto inizia con un’isola vulcanica che emerge dall’oceano. Con il passare dei millenni, l’isola inizia a sprofondare a causa di movimenti geologici. I coralli, che prosperano in acque poco profonde e ben illuminate, crescono attorno alla costa. Questo accrescimento forma una barriera corallina che circonda l’isola.
Darwin identificò tre fasi nella formazione degli atolli: inizialmente si forma una frangia corallina attorno all’isola; successivamente, con la continua subsidenza, si sviluppa una barriera corallina; infine, quando l’isola scompare completamente sotto il livello del mare, rimane solo l’anello di corallo che costituisce l’atollo con una laguna centrale.

atollo IngvSchema che rappresenta l’evoluzione di un atollo secondo la teoria di Darwin, ridisegnato da Bosellini – Introduzione alle rocce carbonatiche da C. Caricchi

Oggi sappiamo che la crosta oceanica può subire subsidenza quando, a seguito dell’espansione oceanica, si allontana da un’area relativamente calda come Hot Spot o dorsali oceaniche.
La teoria di Darwin fu poi confermata negli anni 50-60 con perforazioni come quella nell’ Eniwetok Atoll che rivelarono effettivamente la presenza di roccia vulcanica sotto la barriera corallina, all’interno della laguna.

La nascita di un atollo: un processo in quattro fasi

La nascita di un atollo quindi può essere schematizzata in un processo che prevede 4 fasi diverse

  1. L’eruzione vulcanica: la culla dell’atollo
    Tutto inizia con un’eruzione sottomarina che costruisce un vulcano che può emergere dalla superficie del mare, formando un’isola vulcanica. Queste isole nascono spesso lungo le dorsali oceaniche o sopra punti caldi (hot spot), come nel caso delle Maldive o delle Hawaii.
  2. Subsidenza: l’isola affonda, i coralli crescono
    Con il passare dei millenni, l’isola va incontro a subsidenza ossia inizia lentamente a sprofondare ad una velocità di pochi centimetri all’anno, seguendo i ritmi lenti ma inesorabili dei movimenti della crosta oceanica. I coralli, che prosperano in acque calde e poco profonde, colonizzano i bordi dell’isola e iniziano a costruire una barriera corallina.
  3. La formazione della laguna
    Mentre l’isola vulcanica continua ad affondare, i coralli crescono verso l’alto, mantenendosi vicino alla superficie. Nel tempo, al centro si forma una laguna protetta, separata dall’oceano solo da un anello corallino con piccoli canali di collegamento, detti pass.
  4. L’accumulo di sedimenti: le spiagge degli atolli
    La laguna interna si riempie lentamente di sabbia corallina e resti di organismi marini, formando spiagge bianchissime composte quasi interamente da carbonato di calcio.

Un tesoro di biodiversità, ma un ecosistema fragile

Gli atolli ospitano ecosistemi tra i più ricchi del pianeta: dai banchi di pesci tropicali agli squali, dalle tartarughe marine ai molluschi, fino alle intricate foreste di coralli che forniscono riparo e nutrimento a migliaia di specie. Le barriere coralline degli atolli fungono da habitat per pesci di barriera, crostacei e invertebrati, contribuendo alla pesca locale e all’equilibrio dell’ecosistema marino.

Le minacce legate al cambiamento climatico

Tuttavia, questi ambienti unici sono sempre più minacciati dall’innalzamento del livello del mare, dall’acidificazione degli oceani e dal fenomeno dello sbiancamento dei coralli (coral bleaching), causato dall’aumento della temperatura. Le ondate di calore marine possono portare al collasso delle colonie coralline, con gravi conseguenze per la fauna marina e per le comunità costiere.

Secondo l‘IPCC, il gruppo intergovernativo di esperti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, un incremento delle temperature globali di 1,5°C metterebbe a repentaglio tra il 70% e il 90% delle barriere coralline.

I coralli, presenti sulla Terra da 240 milioni di anni, hanno sviluppato la capacità di adattarsi a numerosi cambiamenti climatici. Alcuni studi suggeriscono che i coralli sopravvissuti agli eventi di sbiancamento possano addirittura rafforzare la barriera. Alcune specie di corallo resistono meglio di altre alle alte temperature. Studi recenti mostrano la capacità di alcune specie di corallo di modificare la composizione chimica del fluido calcificante, cioè il processo che permette la formazione dello scheletro carbonatico, attivando una “risposta” cruciale per contrastare le minacce ambientali come l’acidificazione delle acque. Per questo i ricercatori stanno lavorando per ripristinare le barriere danneggiate attraverso trapianti di varietà più tolleranti al calore.

Ma i cambiamenti climatici indotti dalle attività umane avanzano troppo rapidamente rispetto alla capacità di adattamento dei coralli, e nessuna area oceanica è immune dall’acidificazione. Limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, o comunque ben al di sotto di 2°C, come stabilito dall’accordo di Parigi, è quindi una condizione imprescindibile per prevenire la perdita delle barriere coralline.

Ridurre i fattori di stress legati alle attività umane è essenziale per garantire la sopravvivenza delle barriere coralline. L’inquinamento, la pesca eccessiva e i danni causati dal traffico marittimo compromettono la loro capacità di rigenerarsi. Proteggere la biodiversità ed estendere le aree marine protette sono interventi fondamentali per aumentarne la resilienza.

Gli atolli scompariranno? Il rischio e la sfida per il futuro

Molti atolli si trovano a pochi metri sopra il livello del mare e potrebbero essere sommersi nel prossimo secolo se il riscaldamento globale non verrà contenuto. Secondo l’IPCC, un innalzamento del livello del mare di 1 metro potrebbe rendere inabitabili interi arcipelaghi come le Maldive.

Infine le barriere coralline sono fondamentali per la protezione costiera, la sicurezza alimentare e il benessere economico di oltre 500 milioni di persone in tutto il mondo, che traggono vantaggi diretti da questo ecosistema. Agiscono come difese naturali contro mareggiate e cicloni tropicali, fornendo sostentamento alle comunità costiere attraverso la pesca e il turismo.

Tutelare le barriere coralline equivale a salvaguardare il nostro benessere e la biodiversità marina, poiché ospitano il 30% della biodiversità marina globale.

Di Chiara Caricchi per Ingv

INGV

L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) è stato costituito con Decreto legislativo 29 settembre 1999, n. 381, dalla fusione di cinque istituti già operanti nell'ambito delle discipline geofisiche e vulcanologiche: l’Istituto Nazionale di Geofisica (ING), l’Osservatorio Vesuviano (OV), l’Istituto Internazionale di Vulcanologia di Catania (IIV), l’Istituto di Geochimica dei Fluidi di Palermo (IGF) e l’Istituto di Ricerca sul Rischio Sismico di Milano (IRRS).