Stati generali aree protette, Federparchi propone di riformare la legge quadro del 1991
Per la prima volta da un decennio il ministero dell’Ambiente ha riaperto oggi, a Roma, gli Stati generali delle aree protette italiane, in modo da affrontare i problemi dei parchi italiani e rimettere il Paese in carreggiata per rispettare gli obiettivi europei al 2030 sui quali ancora arranchiamo.
«La proposta centrale di Federparchi – spiega il presidente, Luca Santini – è quella di creare un sistema integrato delle aree protette, che significa mettere insieme parchi nazionali, parchi regionali, aree marine protette, sotto un’unica regia e una visione comune per il raggiungimento degli obiettivi che l’Europa ci ha chiesto, ossia arrivare ad avere, entro il 2030, il trenta per cento di territorio protetto sia a mare che a terra. L’obiettivo è sicuramente raggiungibile, ma per fare questo corre anche modificare le legge quadro istitutiva delle aree protette, la 394 del 1991, che ormai ha 33 anni di età».
Una ventata d’ottimismo, anche se ad oggi la situazione non è così rosea: secondo i dati messi in fila da Greenpeace e Wwf in occasione della Cop16 sulla biodiversità, che si è svolta in Colombia due mesi fa, meno dell’1% delle aree marine italiane è protetto in modo efficace, mentre la superficie terrestre protetta si ferma al 21,68%. In quest’ultimo caso sembra che l’obiettivo del 30% possa essere alla portata dell’Italia, ma occorre mettere le cose nella giusta prospettiva: per raggiungere il target, in soli 5 anni il nostro Paese dovrebbe creare la metà delle aree protette terrestri che ha creato in oltre 100 anni.
Per accelerare potrebbe essere davvero utile una riforma della legge quadro sulle aree protette? Secondo la principali associazioni ambientaliste – che in merito hanno prodotto una proposta unitaria – la risposta è positiva, ma a precise condizioni: anche secondo gli ambientalisti una riforma efficace dovrà proporre modelli capaci di trasformare le oltre mille aree protette italiane in un vero e proprio “sistema” in grado di garantire tutela e sviluppo sostenibile, ribadendo al contempo la centralità della conservazione secondo criteri scientifici e tecnici.