Aree protette, Fina: «Serve aprire una discussione nel Paese sulla riforma della legge 394 del 1991»
Serve un confronto serio e senza pregiudizi sulla riforma della legge 394 del 1991 che disciplina la governance delle aree protette. A 33 anni dall’approvazione della norma è necessario aprire una discussione nel Paese, innanzitutto con Regioni ed enti locali, per cercare, come avvenne nel 1991, quel consenso che permetta poi al Parlamento di giungere alla sua modifica nella piena e generale condivisione.
La legge pur risentendo del tempo trascorso, conserva tutt’ora piena validità nei principi ispirativi che hanno consentito all’Italia di proteggere quasi l’11% del proprio territorio e il 7% del proprio mare attraverso i Parchi sia nazionali che regionali e le Aree marine protette. L’Ue ha posto agli stati membri l’obiettivo, entro il 2030, di tutelare il 30% del territorio e del mare. Siamo lontani da quegli obiettivi, ambiziosi ma raggiungibili, che nascono dall’esigenza di contrastare la perdita di biodiversità in atto e di contribuire anche ad attenuare il riscaldamento climatico.
Anche per questo motivo il Pd ha presentato un disegno di legge che valorizza una gestione plurale delle aree protette, per riportarle al centro dei processi di transizione e delle politiche di sostegno alle aree interne, anche affrontando il tema delle risorse finanziarie e delle priorità di cui dovrebbero godere nell’utilizzo dei fondi di investimento sia nazionali che comunitari.
Le modifiche apportate in questi anni alla legge sulla governance dei parchi non solo non hanno prodotto miglioramenti ma con la soppressione della conferenza permanente per le aree protette è stato quasi annullato il dialogo istituzionale tra Stato centrale e Regioni. Di fatto è venuto meno l’obiettivo di realizzare il sistema nazionale dei parchi, di ricomporre la divaricazione tra parchi nazionali e parchi regionali, tra aree marine protette e parchi costieri, tra parchi e siti della rete natura esterni ai perimetri dei parchi stessi.
È quindi necessario porre al centro del confronto il rapporto tra parchi e comunità locali e tra tutela e valorizzazione compatibile, a cominciare dalle aree protette situate nelle aree montane delle alpi e degli appennini. Anche la proposta di riforma presentata nel novembre del 2023 dalla maggioranza, a firma del sen. Rosa è inadeguata perché centralizza ancora di più la gestione dei parchi nazionali affidandola ad una sorta di presidente “Proconsole ministeriale”. Scelta che mortifica la partecipazione degli enti locali, dell’associazionismo ambientale, del mondo scientifico, senza prevedere il necessario coinvolgimento dei portatori di interesse (agricoltori, pescatori, forestali, operatori del turismo, dell’artigianato ecc.) che operano all’interno delle aree protette.
Ci auguriamo quindi che in Parlamento si riescano a trovare le necessarie convergenze, partendo da una piena questa disponibilità al confronto, allargando la discussione al Paese e predisponendosi ad accogliere i contributi che da ogni parte potranno arrivare".
di Michele Fina, senatore componente 8a commissione Ambiente