Più del 70% dello stock ittico italiano è gestito in modo insostenibile
Nel 1974 il 90% delle risorse ittiche era gestito in maniera sostenibile, una quota scesa al 62,3% nel 2021 a causa, per esempio, della pesca eccessiva e dell’inquinamento. Nonostante la quantità di aree marine protette sia aumentata di 10 volte dal 2000, arrivando a una copertura dell’8,3% del totale, dal 2020 i progressi si sono arrestati e il mondo si trova in ritardo sull’attuazione del Goal 14 dell’Agenda 2030, che intende conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile.
Andando all’Italia, la situazione relativa al Goal 14 è stabile nel periodo considerato dal Rapporto ASviS 2024, che va dal 2010 al 2021.
Per quanto riguarda il raggiungimento del Target 14.4 che prevede l’azzeramento del sovrasfruttamento degli stock ittici entro il 2030, il valore dell’ultimo anno disponibile ci dice che il 73,7% dell’ecosistema marino è gestito il mondo insostenibile (quota aumentata di 4,5 punti percentuali dal 2015) e, di questo passo, sarà impossibile raggiungere l’obiettivo. Discorso simile per la quantità di aree marine protette: poco più del 10% si avvale di qualche forma di protezione, siamo dunque lontani dall’obiettivo del 30% entro il 2030 del Target 14.5. Di rilievo è anche la misura delle coste dichiarate balneabili, le quali hanno subito piccole variazioni in senso negativo, visto che dal 2013 al 2019 sono diminuite di 1,5 punti percentuali.
In termini di novità emerse nel corso dell’ultimo anno, il Rapporto ASviS ricorda l’entrata in vigore del Regolamento europeo sul ripristino della natura che presenta una serie di obiettivi che dovranno essere condivisi con la Strategia nazionale per la biodiversità (si veda anche il nostro approfondimento sulla Nature restoration law).
In Parlamento è poi in discussione il Disegno di legge (A.S. 948) che modifica la Legge 6 dicembre 1991 (n. 394) relativa alle aree protette. Il Disegno prevede la predisposizione di nuove misure in linea con le modifiche all’art.9 della Costituzione e i Rapporti sul capitale naturale. L’ASviS, invitata in audizione il 7 luglio 2024, ha ravvisato la necessità di rivedere il testo integrando la normativa nazionale sulla gestione delle aree protette e la normativa europea per il ripristino della natura, allo scopo di perseguire una gestione integrata del capitale naturale, aumentando così l’efficacia concreta delle azioni orientate a uno sviluppo economico “positivo per la natura” (come indicato anche nei recenti atti del G7 a Presidenza italiana).
Ed ecco le sei proposte di Asvis.
La prima: mettere la protezione e il ripristino della natura al centro delle politiche, rispettare gli accordi internazionali e assicurare la tutela e la gestione sostenibile degli ecosistemi in linea con il nuovo art. 9 della Costituzione.
La seconda: definire un piano integrato per la protezione e il ripristino della natura in grado di superare la logica emergenziale di risposta agli effetti climatico-ambientali, definendo le singole azioni come una «grande opera pubblica di conservazione e ripristino».
La terza: considerare il principio europeo del Do no significant harm nell’uso irriguo, industriale e civile dell’acqua, e integrare nei costi finali quelli ambientali, come previsto dalla Direttiva quadro sulle Acque e in applicazione del Decreto ministeriale 24 febbraio 2015, n. 39.
La quarta: assicurare il rispetto del principio «chi inquina/usa paga» e l’internalizzazione del costo ambientale nella determinazione dei canoni di utenza dell’acqua pubblica, in coerenza con i principi generali di recente approvati a livello nazionale.
La quinta: è necessario migliorare l’attuazione regionale di politiche di water pricing che incentivino l’uso efficiente della risorsa idrica, valorizzando gli sforzi compiuti negli anni per migliorare la contabilità idrica nei vari settori di impiego, compreso quello irriguo.
La sesta: impostare una concreta valutazione ex ante ed ex post delle politiche pubbliche nell’ottica del capitale naturale, anche attraverso l’uso dei dati forniti dal Sistema di contabilità economico-ambientale (Seea).