Nove italiani su 10 sono preoccupati per gli ecosistemi terrestri: sono in continuo declino
La crisi della biodiversità e della natura non si arresta. Per fare qualche esempio, l’area forestale globale continua a diminuire (dal 31,9% del totale nel 2000 al 31,2% nel 2020), principalmente a causa dell’espansione agricola, nonostante i notevoli progressi compiuti nella gestione sostenibile delle foreste. Allarma anche il ritmo dell’estinzione: oggi 44mila specie sono a rischio. Il mondo è dunque in ritardo sull’attuazione del Goal 15 dell’Agenda 2030 che intende proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell'ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica.
Le preoccupazioni dell’opinione pubblica per lo stato degli ecosistemi naturali sono raccontate nel Rapporto ASviS 2024, che riporta i risultati di un sondaggio di Earth4All e Global Commons Alliance condotto da Ipsos in 18 Paesi del G20: il 59% degli intervistati è molto o estremamente preoccupato dello stato della natura oggi, un timore ancora maggiore nel nostro Paese, dove nove persone su 10 si dichiarano preoccupate per gli ecosistemi e il 62% degli italiani riconosce che il pianeta si sta avvicinando a pericolosi “punti di rottura” (tipping points), oltre i quali i danni diventano irreversibili.
Dopotutto in Italia si rileva un andamento costantemente negativo, principalmente a causa dell’aumento (tra il 2012 e il 2022) di 2,8 punti percentuali dell’indice di copertura del suolo e di 1,7 punti percentuali della frammentazione del territorio naturale e agricolo. Il 7,14% del suolo italiano è impermeabilizzato, mentre la frammentazione del territorio è al 40,8%. Come rilevato dal Rapporto ASviS 2024, ciò rende impossibile il raggiungimento del Target 15.3 che intende azzerare il consumo di suolo entro il 2030.
Anche il Target 15.5 risulta difficilmente raggiungibile: a fronte di un obiettivo di aree protette fissato al 30% entro il 2030, oggi in Italia circa il 22% è sotto qualche forma di protezione. Ciò che scoraggia è che negli ultimi anni la quantità di aree protette è rimasta stabile, pertanto manca quell’impegno che sarebbe necessario per tutelare adeguatamente i nostri ecosistemi. Migliora, invece, il coefficiente di boscosità, aumentato di 2,2 punti percentuali tra il 2010 e il 2020.
In termini di novità emerse nel corso dell’ultimo anno, il Rapporto ASviS ricorda l’entrata in vigore del Regolamento europeo sul ripristino della natura che presenta una serie di obiettivi che dovranno essere condivisi con la Strategia nazionale per la biodiversità (si veda anche il nostro approfondimento sulla Nature restoration law).
In Parlamento è poi in discussione il Disegno di legge (A.S. 948) che modifica la Legge 6 dicembre 1991 (n. 394) relativa alle aree protette. Il Disegno prevede la predisposizione di nuove misure in linea con le modifiche all’art. 9 della Costituzione e i Rapporti sul capitale naturale. L’ASviS, invitata in audizione il 7 luglio 2024, ha ravvisato la necessità di rivedere il testo integrando la normativa nazionale sulla gestione delle aree protette e la normativa europea per il ripristino della natura, allo scopo di perseguire una gestione integrata del capitale naturale, aumentando così l’efficacia concreta delle azioni orientate a uno sviluppo economico “positivo per la natura” (come indicato anche nei recenti atti del G7 a Presidenza italiana).
A livello europeo, tra il 2010 e il 2022 la gestione degli ecosistemi terrestri risulta in costante, anche se limitato, declino. Analizzando alcuni indicatori, l’ASviS segnala che la superficie delle aree protette è aumentata di 1,7 punti percentuali dal 2010 al 2021, mentre l’impermeabilizzazione del suolo è cresciuta di 1,3 punti dal 2012 al 2018. La situazione relativa al Goal 15 peggiora in quasi tutti i Paesi dell’Unione, in particolare a Cipro, a Malta, e nei Paesi Bassi.
In generale, sia l’Ue sia l’Italia, mostrano risultati poco confortanti sui Target 15.3 (consumo di suolo) e 15.5 (aree protette) dell’Agenda 2030.