Skip to main content

Per il 72% dei cittadini dei Paesi G20 danneggiare l'ambiente dovrebbe essere un reato penale

Sondaggio IPSOS: forte sostegno per legge “ecocidio” e grande preoccupazione per la natura. Ma in Italia record di disimpegnati
 |  Natura e biodiversità

I Paesi del G20 rappresentano circa l'85% del PIL mondiale, il 78% delle emissioni di gas serra, oltre il 75% del commercio globale e circa due terzi della popolazione mondiale e secondo i risultati dell'ultimo sondaggio Global Commons 2024, condotto da Ipsos UK e commissionato da Earth4All e Global Commons Alliance (GCA), «Quasi 3 persone su 4 (72%) intervistate in 18 Paesi del G20 sono favorevoli a rendere reato penale l'approvazione o l'autorizzazione di azioni che causano gravi danni alla natura e al clima da parte dei governi o dei dirigenti delle grandi imprese». Ma l’Italia è uno dei Paesi meno interessati, seppure con il 67% di favorevoli. Meno interesse lo mostrano solo Giappone (43%), Arabia saudita (57%) e Corea del sud (61%).  I Paesi più favorevoli sono il Kenya con ben il 91%, l’Argentina (85%) e il Brasile, il Messico e il Sudafrica (83%).  

Earth4All e GCA spiegano che «La ricerca segue i recenti cambiamenti legislativi, tra cui quello del Belgio, dove l'ecocidio è stato riconosciuto come reato federale all'inizio di quest'anno. Leggi simili sono state approvate anche in Cile e in Francia e proposte di legge sull'ecocidio sono state presentate, tra gli altri, in Brasile, Italia, Messico, Paesi Bassi, Perù e Scozia».

Owen Gaffney, co-leader dell'iniziativa Earth4All, ha commentato: «Abbiamo rilevato che l'idea di custodia del pianeta è più forte nelle economie emergenti come Brasile, Argentina, Sudafrica e Kenya. La maggioranza dei sostenitori (72%) favorevole a criminalizzare le azioni che permettono di danneggiare gravemente il clima ci ha sorpresi. La maggioranza delle persone vuole proteggere i beni comuni globali; il 71% ritiene che il mondo debba agire immediatamente. Il nostro sondaggio dimostra che i cittadini delle maggiori economie mondiali sono estremamente consapevoli dell'urgente necessità di salvaguardare il nostro pianeta per le generazioni future».

Jojo Mehta, co-fondatore e CEO di Stop Ecocide International, ha aggiunto: «Stiamo assistendo a significativi cambiamenti politici a favore della legislazione sull'ecocidio a livello nazionale, regionale e internazionale. In particolare, all'inizio di quest'anno, l'Unione europea ha inserito nella sua nuova direttiva sui reati ambientali dei “reati qualificati” che possono comprendere “comportamenti paragonabili all'ecocidio. Ciò significa che gli Stati membri dell'UE hanno ora due anni di tempo per introdurre queste norme nel diritto nazionale - un momento importante sentito in tutto il mondo. Sappiamo che questi progressi a livello politico sono stati determinati da un'ampia richiesta della società civile. La nuova Global Commons Survey rende evidente che esiste già una forte base di sostegno pubblico per questa legge. Le persone capiscono chiaramente che le forme più gravi di distruzione dell'ambiente danneggiano tutti noi e che la creazione di una responsabilità penale personale per i principali responsabili delle decisioni ha un reale potenziale deterrente. La prevenzione dei danni è sempre la politica migliore, ed è proprio questo l'obiettivo della legge sull'ecocidio». 

​​L'indagine - che ha coinvolto 18 Paesi del G20 esclusa la Russia - ha incluso intervistati provenienti da 18 Paesi del G20: Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Messico, Arabia Saudita, Sudafrica, Corea del Sud, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti, oltre a quattro Paesi non appartenenti al G20: Austria, Danimarca, Kenya e Svezia, e rivela una profonda preoccupazione dei cittadini delle maggiori economie mondiali per lo stato attuale e il futuro del nostro pianeta: il 59% degli intervistati è molto o estremamente preoccupato per lo stato della natura oggi, con un leggero aumento rispetto al Global Commons Survey del 2021. Inoltre, il 69% è d'accordo sul fatto che la Terra si stia avvicinando a punti di non ritorno relativi al clima e alla natura a causa delle attività umane.

Per la prima volta, l'indagine Ipsos ha suddiviso gli intervistati del G20 in base all'atteggiamento nei confronti della gestione del pianeta. Sono stati identificati 5 segmenti distinti di opinione pubblica: 

1 Custodi del pianeta: spinto da un forte senso di urgenza e responsabilità nei confronti dell'ambiente, questo gruppo sostiene un cambiamento sistemico (politico ed economico) per affrontare le sfide ambientali. Sono caratterizzati da alti livelli di preoccupazione e attivismo, con il 97% che afferma la necessità di un'azione immediata per affrontare il cambiamento climatico. I custodi del pianeta credono nella stretta connessione tra la salute umana e quella del pianeta e tendono a mostrare un forte sostegno alle misure legali per proteggere l'ambiente.

2  Ottimisti preoccupati: Questo gruppo unisce un'elevata preoccupazione per l'ambiente all'ottimismo per il futuro. Gli Ottimisti preoccupati sono in genere a favore di un'azione ambientale immediata e sono fiduciosi che affrontare il cambiamento climatico possa portare benefici diffusi alla popolazione del loro Paese, ma mostrano ottimismo per il futuro. 

3  Progressisti costanti: Pragmatici e moderati nel loro approccio, i progressisti costanti cercano soluzioni equilibrate ai problemi ambientali. Tendono a riconoscere la necessità di un'azione urgente, ma preferiscono riforme graduali all'interno dei sistemi esistenti. 

4  Scettici del clima: Questo gruppo respinge le preoccupazioni relative al clima e all'ambiente. Gli scettici del clima tendono ad opporsi alle politiche che affrontano il cambiamento climatico. È più probabile che, rispetto alla media del G20, diano priorità alla libertà individuale e a un intervento governativo limitato, e meno probabile che pensino che sia necessaria un'azione ambientale immediata o che la Terra sia vicina a un punto di svolta ambientale a causa delle attività umane. 

5 I disimpegnati: Questo gruppo mostra una mancanza di interesse e di impegno nei confronti delle questioni ambientali e politiche. In genere sono indifferenti alle problematiche ambientali e meno propensi, rispetto alla media del G20, a sostenere cambiamenti significativi nei sistemi politici ed economici. 

Tra gli intervistati del G20, i Guardiani del pianeta, gli Ottimisti preoccupati e i Progressisti costanti rappresentano la maggioranza (61%) degli intervistati. Earth4All e GCA  evidenziano che «Questo segna un punto di svolta sociale, in cui sono più numerose le persone che si preoccupano e vogliono agire per proteggere il pianeta rispetto a quelle che non lo fanno».

All'interno dei Paesi del G20 intervistati, i Guardiani del pianeta costituiscono il gruppo più numeroso in Turchia (28%), Francia (27% - gruppo più numeroso insieme ai Progressisti costanti), Brasile (26%) e Messico (26% - gruppo più numeroso insieme ai Progressisti costanti). I disimpegnati costituiscono i gruppi più numerosi in Germania, Italia, Giappone e Arabia Saudita. In tutto il G20, secondo i risultati del sondaggio, solo il 13% delle persone rientra nel gruppo degli scettici del clima.

Infatti, in Italia i “Progressisti costanti”, sono il 25%, gli “Ottimisti preoccupati” il 15% e i “Custodi del pianeta” il 18%, raggiungendo in totale il 58%, 3 punti in meno della media G20, mentre gli scettici del clima sono il 13% (in media esatta con il resto del G20) e i disimpegnati il 29%, il 3% in meno della media G20.

L'indagine ha evidenziato anche differenze di genere nella preoccupazione per l'ambiente. Le donne tendono a mostrare livelli più elevati di preoccupazione per lo stato della natura oggi e per le generazioni future rispetto agli uomini; il 62% delle donne è estremamente o molto preoccupato per lo stato della natura, rispetto al 56% degli uomini, e il 74% delle donne ritiene che si debbano intraprendere immediatamente azioni importanti per affrontare i problemi ambientali entro il prossimo decennio, rispetto al 68% degli uomini. Solo il 25% delle donne ritiene che molte affermazioni sui rischi ambientali siano esagerate, contro il 33% degli uomini. Le donne sono anche molto meno propense a credere che la tecnologia possa risolvere i problemi ambientali senza che gli individui debbano apportare grandi cambiamenti nello stile di vita (35% rispetto al 44% degli uomini). 

L'indagine ha rilevato che i cittadini di economie emergenti come India (87%), Cina (79%), Indonesia (79%), Kenya (73%) e Turchia (69%) si sentono più esposti personalmente ai cambiamenti climatici rispetto a quelli di Europa e Stati Uniti. Coloro che si sentono molto esposti ai rischi ambientali e climatici mostrano anche i livelli più alti di preoccupazione e urgenza per quanto riguarda l'azione per il clima. Questo gruppo è più propenso a collegare la salute dell'uomo a quella del pianeta e a vedere dei benefici nell'affrontare le questioni ambientali. I dati pubblicati a giugno dallo stesso sondaggio hanno mostrato che il 71% ritiene che sia necessaria un'azione urgente in questo decennio per affrontare i rischi ambientali e ridurre le emissioni di carbonio. 

Jane Madgwick, direttrice esecutiva della GCA, ha concluso: «Le persone di tutto il mondo sono molto preoccupate per lo stato del nostro pianeta e ne stanno già risentendo. La consapevolezza che siamo vicini a punti di non ritorno è alta, così come la preoccupazione che le priorità politiche siano altrove. Tutto si riduce a ciò che possiamo fare collettivamente per salvaguardare e ripristinare i beni comuni globali che sostengono tutta la vita sulla Terra e ci proteggono dagli impatti più gravi del cambiamento climatico. Ciò richiederà una leadership coraggiosa e uno sforzo veramente globale, che colleghi le azioni tra le nazioni e dal basso verso l'alto». 

Gallery fotografica

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.