È morto l’orso investito ieri in Abruzzo
Dopo la morte di Juan Carrito, investito nel gennaio 2023 sulla strada statale 17, che collega Castel di Sangro a Roccaraso, ieri un altro orso bruno marsicano è morto investito questa volta sulla statale Sora-Avezzano all'altezza di Canistro in Valle Roveto. In una nota il Parco Nazionale di Abruzzi, Lazio e Molise (PNALM) conferma il decesso e racconta che «L’orso, in un primo momento, era uscito da dove si era rifugiato, ed aveva di nuovo attraversato la statale, che nel frattempo era chiusa agli automobilisti. Si era trasferito a monte della statale in un boschetto impervio e inaccessibile. Monitorato dai Guardiaparco e dai Carabinieri Forestali proprio per vedere se si riprendeva o se, come succede anche per noi, nelle ore successive ad un incidente, il quadro clinico peggiorava. Verso le ore 12.30 l’orso è risceso sulla strada e ha cominciato a dare segni di sofferenza. Sintomi che non aveva questa mattina ma che evidenziavano il peggioramento del quadro clinico dell’orso. L’equipe veterinaria del Parco ha optato per la cattura, al fine di verificare le condizioni complessive e valutare le soluzioni da adottare, come da prassi, nei soggetti politraumatizzati. Dopo aver sedato e stabilizzato l’animale si è potuto constatare che non aveva fratture evidenti degli arti, ne fuoriuscite di sangue, anche se il monitoraggio dei parametri vitali testimoniava un quadro clinico molto grave che nel giro di poco tempo ha portato alla morte dell’orso».
Come da protocollo l’orso è stato trasportato alla Istituto Zooprofilattico di Teramo per la necroscopia. Il PNALM spiega che «L’orso morto aveva circa 20 anni, era abbastanza anziano, come rilevato dalla dentatura, completamente consumata. Le scelte operate dalle 4:30 di questa notte a quando l’orso è morto hanno seguito i protocolli standard che si applicano quando ci sono situazioni complesse ed emergenziali, e quando ci si trova ad operare in condizioni critiche, con un orso adulto, sicuramente spaventato dall’incidente, di 183 kg, in grado di muoversi, perché all’inizio si è spostato da solo, e quindi teoricamente anche pericoloso per gli operatori. L’orso aveva anche segni di dermatite cronica molto diffusi: intorno al viso e sulle zampe. La dermatite, come spesso abbiamo spiegato, è una manifestazione di tipo dermatologico degli orsi bruni, in generale, ma non invalidante ai fini della sopravvivenza stessa. Nella popolazione di orso bruno marsicano sono stati segnalati casi di dermatite cronica attribuita alla presenza di un parassita: pelodera strongyloides, dai primi anni ’90».
Il presidente del Parco Giovanni Cannata ha dichiarato: «La perdita di un altro esemplare di orso per incidente riporta con forza il richiamo alla cautela quando si percorrono le strade dove vive il plantigrado dobbiamo assolutamente invertire la curva che vede come causa maggiore di morte degli orsi marsicani le attività antropiche».
Legambiente ricorda che nell'ultimo rapporto orso marsicano 2023 disponibile anche sul sito del PNALM, dal 1970 al 2023 le cause di morte sono ascrivibili per il 32% ad origine antropica (gli incidenti tra questi), 48% illegale e 20% per cause naturali. Quindi le cause di morte dipendono in ampia percentuale (80% sommando antropica e illegale) dalle attività umane. 14 i casi accertati di incidenti stradali sempre in questo arco di tempo.
Stefano Raimondi, responsabile nazionale biodiversità di Legambiente, conclude: «La morte di un orso è sempre una grave perdita in termini di biodiversità perché la scomparsa di anche un solo esemplare in una popolazione talmente ridotta in termini numerici rappresenta un danno di enormi proporzioni, in considerazione anche del fatto che le femmine si riproducono poche volte nell'arco della loro vita e non sono in grado di compensare, con le nascite, eccessivi livelli di mortalità. Gestire e coesistere con questi esemplari significa anche saper mettere in campo interventi non più rimandabili. Tra questi è urgente la messa in sicurezza dal rischio rappresentato dalle infrastrutture di trasporto (strade, autostrade, ferrovie…), applicando misure di road ecology oramai studiate da anni e poco applicate, così come servono corridoi ecologici veri per mitigare il consumo di suolo e la frammentazione degli habitat. Per questo torniamo a proporre e a chiedere con urgenza il corridoio di connessione tra il Parco d’Abruzzo e il nascente Parco nazionale del Matese lungo il corso dell’Alto Volturno, fondamentale per la tutela dell’orso. Su questo chiediamo al Ministero dell’ambiente di finanziare con maggiori risorse economiche le attività di tutela dell'orso bruno marsicano, oggi assolutamente inadeguate e mettere le regioni e le aree protette in condizione di tutelare efficacemente la specie a rischio. Si potrebbe iniziare a finanziare proprio il Parco Nazionale Abruzzo Lazio Molise (PNALM), un'area protetta con cento anni storia e già portavoce di azioni virtuose nella gestione dell'orso bruno marsicano, per fare gli investimenti di road ecology necessari per rendere le infrastrutture più sicure anche per gli orsi. La tutela, la conservazione e la gestione di questa specie endemica dell'appennino va portata avanti attraverso interventi di lungo periodo e un impegno comune basato su un'alleanza solida e forte tra parchi, comunità locali e istituzioni».