Skip to main content

Conservation Imperatives: i 16.825 rifugi sicuri per prevenire la sesta grande estinzione di massa

Proteggendo l'1.2% del territorio, con solo lo 0,03% del PIL globale si potrebbero salvare le specie rare e minacciate che necessitano di protezione immediata
 |  Natura e biodiversità

Il  team di ecologisti ed esperti di conservazione che ha pubblicato il nuovo studio “Conservation Imperatives: securing the last unprotected terrestrial sites harboring irreplaceable biodiversity” è convinto che «Se agiamo ora, possiamo prevenire ulteriori estinzioni di specie e la perdita di biodiversità rara».

I ricercatori guidati dal direttore di RESOLVE Eric Dinerstein  hanno identificato i paradisi della biodiversità che ospitano specie animali e vegetali rare ma attualmente non protettIi e lo studio delinea un piano accessibile e realizzabile per la protezione delle specie minacciate e sostiene che «Questi siti " Conservation Imperatives " sono una questione della massima urgenza. Dovrebbero essere considerati la massima priorità mentre i governi sviluppano obiettivi in ​​linea con l’obiettivo globale “30 by 30”: per proteggere il 30% della superficie terrestre entro il 2030».

Dinerstein spiega che «Molte specie sulla Terra sono rare, il che significa che hanno areali limitati, hanno densità molto basse o presentano entrambe le condizioni. Il nostro studio mostra come queste sacche di rarità non protette siano fortemente concentrate, coprendo un'area sorprendentemente piccola, circa l'1,2% della superficie terrestre della Terra. Prendere di mira queste aree per una protezione immediata ci fornisce la possibilità di una vittoria realizzabile per la conservazione della natura, scongiurando la sesta grande estinzione della vita sulla Terra».

Nella nuova analisi, i ricercatori appartenenti a 20 università, istituti di ricerca e ONG identificano «16.825 siti in tutto il mondo, che coprono circa 164 milioni di ettari, che necessitano di protezione urgente per prevenire la prevista estinzione di migliaia di specie rare. Quasi il 61% di questi siti "Conservation Imperatives " si trovano ai tropici, il 76% si trova specificamente nelle foreste pluviali tropicali, e il 38% si trova in prossimità di aree protette esistenti, rendendoli più facili da conservare, sia mediante incorporazione in aree protette esistenti o tramite collegamento tramite corridoi faunistici».

Uno degli autori dello studio, Anup Joshi, analista spaziale dell’università del Minnesota sottolinea che «Uno dei risultati sorprendenti del nostro studio è la concentrazione dei siti rari. Oltre l’80% dei 16.825 siti si trovano in soli 30 Paesi e il 72% in soli 10 Paesi, con Brasile e Filippine che rappresentano più di un terzo di tutti i siti Conservation Imperatives”»,

Lo studio  lancia un allarme riguardo agli attuali sforzi di conservazione globale: gli autori hanno calcolato che «Mentre tra il 2018 e il 2023 sono stati aggiunti 120 milioni di ettari al database mondiale delle aree protette, solo 11 milioni di ettari di territorio che ospitano specie rare, limitate e minacciate sono stati messi sotto protezione. La strategia per i prossimi tre anni deve essere quella di invertire questa tendenza, dando la massima priorità agli habitat delle specie rare».

Un altro autore dello studio, Andy Lee di RESOLVE. fa notare che «I siti Conservation Imperatives ospitano oltre 4.700 specie minacciate in alcuni degli ecosistemi più ricchi di biodiversità al mondo, ma allo stesso tempo minacciati. Questi includono non solo mammiferi e uccelli che dipendono da habitat intatti, come il tamaraw nelle Filippine e il macaco crestato di Celebes in Indonesia, ma anche anfibi, rettili e specie vegetali rare con areale limitato».

Per determinare i costi associati ai Conservation Imperatives, gli autori dello studio hanno sviluppato un modello globale di costo dei terreni adeguati all’inflazione, il primo nel suo genere, utilizzando i dati raccolti da oltre 800 progetti di protezione negli ultimi 14 anni e dicono che «Sebbene il modello si concentri sull’acquisizione di terreni privati ​​e sugli affitti a lungo termine, sono probabilmente necessari altri approcci di gestione del territorio per proteggere queste aree, tra cui la ridesignazione governativa e la gestione territoriale indigena. In particolare, il 17% dei siti Conservation Imperatives si trova all’interno dei territori indigeni, a dimostrazione dell’importanza di sostenere e rafforzare i diritti di proprietà fondiaria degli indigeni a lungo termine».

Secondo un coautore dello studio, Karl Burkart di One Earth, «L'analisi suggerisce che proteggere i siti Conservation Imperatives nei tropici costerebbe circa 34 miliardi di dollari all'anno nei prossimi 5 anni. Questo rappresenta solo lo 0,03% del PIL globale e meno del 2% dei sussidi dannosi per l'ambiente forniti annualmente dai governi, un piccolo prezzo da pagare per prevenire migliaia di imminenti estinzioni di piante e animali».

Lo studio sui  Conservation Imperatives è la  più recente di una serie di analisi sviluppate dall’iniziativa Global Safety Net (GSN), un consorzio di importanti istituzioni accademiche ed esperti di conservazione guidato da RESOLVE e One Earth, che fornisce ricerche all’avanguardia per supportare governi, filantropi e il settore privato nello stabilire impegni positivi per la natura in linea con il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (GBF) della Convention on biological diversity. Il GSN mappa tutto il mondo intero attraverso 13 strati di dati sulla biodiversità globale. In combinazione con le mappe delle aree protette esistenti e una nuova analisi della copertura del suolo realizzata con immagini satellitari open source, i ricercatori hanno utilizzato sei strati di specie rare per identificare le aree non protette più essenziali per l’habitat e la biodiversità.

Dinerstein conclude chiedendosi: «Quale patrimonio naturale lasceremo in eredità alle generazioni future? Per noi è  fondamentale tramandare una Terra sana e vibrante di vita. Dobbiamo proteggere metà del pianeta per ridurre il carbonio, salvaguardare habitat intatti, proteggere specie migratorie e ad ampio raggio e altri obiettivi di conservazione delineati nel Global Biodiversity Framework. Ma come passo più urgente verso il GBF, dobbiamo scongiurare la crisi di estinzione. I Conservation Imperatives tracciano la strada da seguire».

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.