Cnr, le microplastiche in mare sono un rifugio di batteri pericolosi per umani e altri animali
Un nuovo studio, pubblicato dai ricercatori Cnr in collaborazione con colleghi dell'Ecole Polytechnique di Losanna e dell’Università del Texas, mostra che la presenza di microplastiche nel mar Tirreno favorisce la diffusione di batteri pericolosi per gli esseri umani e gli altri animali.
La maggior parte delle particelle di microplastica non seleziona ‘nuovi’ batteri ma «offre un supporto addizionale su cui proliferano comunità batteriche molto simili a quelle presenti sulle particelle naturali – spiega il ricercatore del Cnr Gianluca Corno – Tali comunità, che rivestono le particelle sotto forma di sottilissimi biofilm, sono molto diverse da quelle che vivono in acqua, e comprendono anche specie patogene per gli esseri umani o per gli animali, come Vibrio, Alteromonas, Pseudolateromonas. Ad oggi, il rischio batteriologico legato a infezioni provocate da batteri patogeni che crescono in acqua di mare è relativamente basso, soprattutto in mari estremamente poveri di nutrienti ed in acque fredde, che limitano la crescita di queste specie batteriche. La situazione però sta rapidamente cambiando».
Con il progressivo riscaldamento delle acque, infatti, il fenomeno potrebbe ampliarsi: «Le acque sempre più calde dei nostri mari daranno a questi batteri un grande vantaggio ecologico, perché li renderanno più competitivi rispetto ai batteri marini non-patogeni, come si è già visto con il forte incremento di infezioni causate da specie patogene, tra cui Vibrio, nelle acque costiere dell’America Settentrionale. Tra essi, infatti, rientrano anche specie patogene per gli esseri umani che, oltre a rappresentare un pericolo per persone e animali, possono compromettere attività come la balneazione e in generale l’uso dell’acqua. Se a questo fenomeno aggiungiamo la già massiva presenza di microplastiche, substrati ideali che aumentano la disponibilità di micro-habitat adatti a tali batteri, la loro proliferazione sarà ulteriormente favorita», aggiunge il ricercatore.
Lo studio non ha evidenziato differenze significative tra i campionamenti condotti in mare aperto e quelli condotti sulle coste: «Questo è dovuto al fatto che il Tirreno, e il Mediterraneo in generale, subiscono un impatto antropogenico significativo da tempo, per cui la quantità di plastica e microplastica presente, e la relativa età media delle particelle, è molto alta, riducendo le differenze tra siti di recente contaminazione e quelli invece meno esposti alle stesse. A questo contribuiscono anche le correnti superficiali che, nel Tirreno, tendono a mescolare rapidamente le acque», conclude Corno.