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Microplastiche nelle telline, ma non rappresentano un pericolo per la salute

Studio realizzato in 5 siti lungo la costa nord della Toscana
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

Lo studio “The Occurrence of Microplastics in Donax trunculus (Mollusca: Bivalvia) Collected along the Tuscany Coast (Mediterranean Sea)”, pubblicato su Animals da un team di ricercatori di FishLab dell’università di Pisa, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, università di Messina e Istituto per i Processi Chimico-Fisici (IPCF) del Cnr, ha indagato sulla presenza di microplastiche nelle telline (Donax trunculus) sulle coste toscane e  «Non emergono rischi legati al consumo di questo alimento».

La ricerca pubblicata sulla rivista Animals è stata finanziata dal ministero della salute italiano, dall’Unione europea grazie al fondo NextGeneration EU e attraverso il progetto SAMOTHRACE del ministero dell'università e della ricerca.

Il FishLab dell’Ateneo pisano è impegnato da anni in attività di ricerca che affrontano problematiche inerenti la sicurezza e la tracciabilità dei prodotti della pesca. La ricerca si inserisce nella visione One Health che vede uomo, animali e ambiente strettamente interconessi.

Da febbraio a dicembre 2021, I ricercatori hanno esaminato 5 siti lungo la costa nord della Toscana (Viareggio Ponente, Viareggio Levante, Gombo San Giuliano Terme, Gombo Pisa e Centro Coni e Tirrenia) e dicono che « Nei campioni analizzati, sono stati trovati 85 frammenti riconducibili a microplastiche. Successivamente, un’analisi più approfondita ha confermato la natura plastica solo per una parte di essi. In base a questa stima, i consumatori di telline potrebbero essere esposti ad una quantità molto esigua rispetto a quella che ingerirebbero consumando altre tipologie di alimenti; ad esempio, è stato dimostrato che il sale e l’acqua stessa  ne contengono una quantità decisamente più elevata».

Uno degli autori dello studio, Andrea Armani del dipartimento di scienze veterinarie dell’università di Pisa, sottolinea che «Le microplastiche sono ubiquitarie in ogni ambiente, per assumerle basta lasciare un bicchiere su un tavolo prima di berlo. In base ai dati emersi e alle conoscenze attualmente disponibili, non ci sono rischi legati al consumo di telline, anche per le basse quantità di consumo di questo alimento».

All’ateneo pisano ricordano che «La presenza di microplastiche è stata documentata a tutti in tutti gli habitat marini, dagli oceani aperti ai mari chiusi, dalle spiagge, alle acque superficiali, in tutta la colonna d’acqua fino ai fondali più profondi. Le dimensioni ridotte che le caratterizzano facilitano il loro trasporto a lunga distanza attraverso le correnti. Si tratta infatti di particelle di polimeri plastici di dimensioni comprese tra 0,1 µm e 5 mm, prodotte tal quali a livello industriale (microplastiche primarie) o derivate dalla frammentazione di oggetti in plastica più grandi (microplastiche secondarie) a seguito del loro utilizzo (es. tessuti, vernici, pneumatici) o per opera di agenti atmosferici (raggi UV, temperature). Una volta fatto il loro ingresso nell’ecosistema marino possono essere facilmente ingerite da molti organismi, entrando così nella catena alimentare, sino agli esseri umani. I molluschi bivalvi (come mitili, ostriche, vongole e capesante), essendo filtratori, sono spesso utilizzati per valutare l’inquinamento da microplastiche negli ambienti marini. Se consumati come alimenti, possono pertanto rappresentare una fonte di esposizione alle microplastiche per l’uomo».

Armani conclude: «L’esposizione umana alle microplastiche è molto diversa tra paese e paese a causa delle differenze geografiche e culturali legate al consumo dei molluschi bivalvi. Un rischio elevato, calcolato sulla base del consumo annuo di molluschi bivalvi e della quantità media di microplastiche per grammo, è stato riscontrato in Cina e Corea del Sud, mentre a livello europeo sono stati riscontrati rischi maggiori in Francia e Grecia».

Redazione Greenreport

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