Blue Economy Forum: il mare è la forza trainante per transizione ecologica, economia sostenibile e made in Italy
Il Blue Economy Forum, organizzato da Legambiente a Roma nell’ambito del progetto europeo Life Sea.Net, ha chiesto con forza «Una blue economy più green per la protezione della biodiversità marina e per il sostegno alla piccola pesca, un comparto economico fondamentale per l’Italia, e ancor più per il Mezzogiorno e le isole».
Le tre sessioni del Blue Economy Forum hanno affrontato il ruolo delle Aree marine protette, l’efficientamento della governance dei siti marini Natura 2000 e il loro ampliamento in Italia, la tutela biodiversità marina e l’impatto negativo della crisi climatica sull’economia del mare e ne è emerso che «La blue economy è in forte espansione ma ha bisogno di una svolta verso una maggiore sostenibilità».
Secondo le anticipazioni del XII rapporto in Italia dell’Osservatorio sull’economia del mare OsserMare e Centro Studi delle Camere di Commercio “Guglielmo Tagliacarne”: la Blue Economy genera 161 miliardi di euro, tra valore aggiunto diretto e indiretto, il 9,1% dell’economia nazionale, e le regioni del Centro e del Mezzogiorno sono protagoniste nel settore. Inoltre, la blue economy è più green: il numero di certificazioni ambientali attivate dalle imprese in questo settore si attesta al 17,8% rispetto all’8,3% del totale delle imprese italiane.
Dal Blue Economy Forum, Legambiente ha lanciato alcune proposte per dare una sterzata green all’economia del mare: 1) incrementare le aree protette e le zone di tutela integrale, partendo dall’istituzione di parchi e aree marine ancora in attesa del completamento dell’iter; 2) rafforzare e integrare le aree della rete Natura 2000 in particolare per quanto riguarda i siti marini per cui l’Italia è sotto procedura d’infrazione dell’UE; 3) migliorare il monitoraggio della biodiversità marina promuovendo attività di ricerca per una migliore conoscenza dello stato di conservazione di specie e habitat a rischio; 4) promuovere la gestione integrata della costa e rafforzare la tutela degli ecosistemi marini e dare piena attuazione alla Strategia Marina.
Tutti argomenti affrontati dal progetto Life Sea.Net che riunisce un ampio partenariato, coordinato da Legambiente e composto da ministero dell’ambiente e sicurezza energetica, ISPRA, Aree marine protette Isole Egadi, Punta Campanella e Regno di Nettuno, i Parchi nazionali Arcipelago Toscano e del Cilento Vallo di Diano e Alburni, con Federpesca e le Regioni Campania e Basilicata.
Il Cigno Verde spiega che «Life Sea.Net è al lavoro con questi enti per migliorare la governance e realizzare le linee guida per l’istituzione di nuovi siti marini della Rete europea Natura 2000. L’Italia è sotto procedura d’infrazione per il mancato completamento della mappatura a mare delle aree Natura 2000, e Life Sea.Net punta a far uscire dall’impasse il nostro Paese grazie ad un percorso chiaro e condiviso con gli enti gestori dei siti Natura 2000. Per questa ragione, è attivo un Tavolo tecnico al Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica grazie al quale si riuniscono tutti gli attori protagonisti».
Il direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti, ha sottolineato che «A livello europeo la blue economy può essere determinante per centrare gli obiettivi climatici posti con la scadenza al 2030 e quelli riportati nel Green Deal europeo. Le proposte di Legambiente mirano a rafforzare le misure di protezione di specie e habitat a rischio, una più efficace gestione delle aree marine protette e a promuovere pratiche di pesca sostenibile. E’ fondamentale trasformare la blue economy in un alleato prezioso contro la crisi climatica, questo potrà avvenire solo seguendo la strada della transizione ecologica altrimenti questo importante volano economico sarà destinato a soccombere sotto i colpi dell’innalzamento dei livelli del mare, il cambiamento della temperatura delle acque e della loro acidificazione, inondazioni ed erosione»-
Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente, ha avvertito che «I dati ci dicono chiaramente che l’economia del mare è in forte crescita ma bisogna evidenziare che potrà subire pesanti danni, e in maniera irreversibile, a causa del cambiamento climatico –Abbiamo presentato un pacchetto di proposte mirate a tutelare e valorizzare la biodiversità dei mari in Italia, e che allo stesso tempo, con una strategia integrata e coordinata, potranno dare impulso ad una blue economy più sostenibile e green, e a tutti i settori ad essa connessi. L’economia del mare con i suoi prodotti potrà rappresentare una nuova leva del Made in Italy in tutto il mondo. E’ ora di avviare processi di etichettature dei prodotti ittici italiani in collaborazione con le Aree marine protette, così potremmo promuovere il Made in Italy con il nostro pescato dando un maggiore slancio alla piccola pesca artigianale».
Ma la strategia italiana per la blue economy è in stallo. Il Cigno V erde fa notare che «La linea di sviluppo dell’economia del mare è inclusa nel Piano d’Azione per l’attuazione della strategia italiana per la bioeconomia 2020-2025, ma il documento è ancora in fase di approvazione. Una strategia che prevede la valorizzazione dei prodotti della pesca sottoutilizzati oppure scartati da trasformare in filiere della bioeconomia circolare attraverso la produzione di nuovi bioprodotti e materiali, la promozione dell’acquacoltura off-shore e uno sviluppo sostenibile della stessa acquacoltura».
La blue economy europea, che include settori come la pesca, il turismo costiero e le energie rinnovabili, impiega milioni di persone e ha un impatto significativo sull'ambiente marino. Tuttavia, la pressione della pesca eccessiva, l'inquinamento e i cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova la resilienza degli ecosistemi marini. Le linee guida dettate dall’Unione Europea a febbraio vanno nella direzione della blue economy sostenibile e affrontano i diversi problemi che attanagliano da anni la risorsa mare: inquinamento, danni derivanti dal cambiamento climatico, perdita della biodiversità, declino degli stock ittici, specie aliene invasive, e la gestione delle aree marine protette.
E l’Italia dei mille prodotti Dop e Igp riconosciuti dall’Unione Europea ne ha solo uno riguardante il pescato: le acciughe di Monterosso del Mar Ligure. Più o meno lo stesso quantitativo di aree come Germania e Regno Unito che hanno sicuramente una minore tradizione della pesca artigianale rispetto all’Italia.
Tra le buone pratiche Legambiente indica il progetto europeo Life Muscles che la vede come capofila e che ha le sue aree target in Puglia e in Liguria dove, con il coinvolgimento dei pescatori, si portano avanti diverse azioni, nell’ottica dell’economia circolare, per riciclare le retine utilizzate per l’allevamento di mitili e ridurne la dispersione nell’ambiente marino. Inoltre, è prevista la diffusione di retine in biopolimero che sostituiranno le classiche retine in plastica.