Non solo rinnovabile: il biometano da Forsu rientra tra gli “impianti di recupero rifiuti”
Pochi giorni fa la quarta sezione del Consiglio di Stato, con sentenza 4233 (allegata in coda all’articolo) ha chiarito che un impianto di produzione di biometano da Forsu – ovvero la frazione organica della raccolta differenziata – resta un impianto di trattamento rifiuti soggetto (anche) alla relativa autorizzazione unica, anche se qualificato “impianto a fonti rinnovabili”.
A darne notizia è l’associazione delle imprese dei servizi ambientali e dell’economia circolare (Assoambiente), che sottolinea come i giudici amministrativi abbiano mutato il proprio orientamento precedente (sentenza 31 marzo 2022, n. 2368) secondo il quale un impianto di produzione di biometano da Forsu “non ha natura di impianto di trattamento di rifiuti, in quanto è funzionale alla produzione di energia rinnovabile”.
Il nuovo orientamento del Collegio parte dalle linee guida per le autorizzazioni degli impianti a fonti rinnovabili di cui al Dm del 10 settembre 2010 dove si afferma che a tali impianti si applica anche la procedura dell’articolo 208 del Dlgs n. 152/2006 (autorizzazione unica rifiuti) perché oltre ad essere impianti di produzione di energia rinnovabile, sono allo stesso tempo impianti di trattamento di rifiuti, in particolare impianti di recupero di rifiuti.
La circostanza che la Forsu, come altri rifiuti biodegradabili, possa qualificarsi come “biomassa” ai fini della applicabilità delle norme in materia di produzione di energia rinnovabile non toglie che essa è e continua ad essere un rifiuto.
Pertanto il proponente dovrà presentare la domanda di autorizzazione unica di impianti di produzione di energia rinnovabile ex articolo 12 del Dlgs 387/2003, insieme alla domanda di autorizzazione unica impianti di trattamento rifiuti ai sensi dell’articolo 208 del Testo unico ambientale. Nel caso di specie i giudici hanno escluso la legittimità della procedura abilitativa semplificata (Pas) per impianti di energia rinnovabile che era stata attivata dall’impresa.
Si tratta di un chiarimento normativo importante per un comparto, quello del biometano, che resta centrale per lo sviluppo sostenibile del Paese.
Secondo gli ultimi dati diffusi dal Consorzio italiano biogas (Cib), in Italia esistono già circa 1.803 gli impianti biogas da scarti agricoli con una produzione di 2,5 miliardi di mc di gas rinnovabile, destinato soprattutto alla produzione elettrica e termica rinnovabile, e per una quota minoritaria (circa 600 milioni di Smc) immesso in consumo come biometano nel settore dei trasporti.
A questi dati si aggiungono quelli del biogas/biometano da Forsu, che secondo il Consorzio italiano compostatori (Cic) valgono altri 409 mln mc, con una potenzialità al 2030 di 1 miliardo di Smc.
Su quest’ultimo comparto si stanno però addensando non poche preoccupazioni. La qualità e la quantità della raccolta differenziata dell’organico sono in calo, e dal Cic chiedono ai decisori politici di «direzionare correttamente gli investimenti per arginare gli effetti di una sovracapacità impiantistica».