
Auto elettriche: con i fondi Pnrr finanziati solo 6mila punti di ricarica a fronte dei 21mila previsti

«La totale assenza di incentivi per le vetture a zero e bassissime emissioni, sia a livello europeo che nazionale, continua a rappresentare un freno significativo per la transizione energetica del mercato italiano». A parlare è Andrea Cardinali, direttore generale dell’Unrae, l’Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri, associazione delle case automobilistiche estere che operano in Italia nella distribuzione e commercializzazione di autovetture, veicoli commerciali e industriali, bus, rimorchi, semirimorchi e allestimenti, caravan e autocaravan. «Persistono gravi anomalie strutturali, come l’elevato costo dell’energia e l’insufficiente capillarità delle infrastrutture di ricarica», spiega Cardinali evidenziando soprattutto una criticità con cui deve fare i conti il nostro Paese: «Dal 2022 a oggi, con i fondi Pnrr, sono stati assegnati finanziamenti per la realizzazione di soli 6.000 punti di ricarica, a fronte degli oltre 21.000 la cui attivazione era prevista entro la fine di quest’anno». Si tratta di un problema che ha ripercussioni evidenti nella sfida italiana per la transizione, e che incide in modo significativo su un settore, quello dell’automotive, che da mesi è attraversato da una crisi che non accenna a finire.
Come ogni mese l’Unrae ha infatti appena diffuso un’analisi aggiornata – in questo caso relativa al periodo dello scorso febbraio – da cui emerge che il mercato dell’auto in Europa ha segnato un calo del 3,1% rispetto al 2024, registrando 963.540 immatricolazioni, oltre 30.000 unità in meno rispetto alle 994.319 dell’anno precedente (-16,2% sul 2019). Dal report emerge anche che il primo bimestre del 2025 archivia una flessione che riflette le dinamiche contrastanti tra i principali mercati europei: le 1.959.580 auto immatricolate in gennaio-febbraio 2025 indicano una contrazione del 2,6% verso le 2.011.270 unità del 1° bimestre 2024.
Ma il dato maggiormente interessante, in quest’ultimo rapporto Unrae, è non solo il fatto che a febbraio l’Italia occupa la terza posizione tra i cinque principali mercati e sale al secondo posto nel primo bimestre (a scapito della Francia che detiene in febbraio la seconda posizione e del Regno unito che la deteneva a gennaio), ma si conferma fanalino di coda per le auto “con la spina” (Ecv), con una quota complessiva del 9,4%. Ma anche il più complessivo ragionamento che discende dai dati sulla diffusione dell’elettrico nel nostro Paese. Si legge nell’analisi fornita da Unrae circa i ritardi italiani nella transizione del settore trasporti: «La tendenza si conferma anche nel primo bimestre 2025, con l’Italia ultima tra i cinque mercati e una quota Ecv del 9,1% (Bev 5,0% e Phev 4,1%), rispetto a Germania (26,2%, Bev 17,1% e Phev 9,1%), Regno Unito (31,7%, Bev 22,8% e Phev 8,9%), Francia (22,1%, Bev 17,7% e Phev 4,4%) e Spagna (14,3%, Bev 6,8% e Phev 7,5%).
Non solo. Se a livello europeo si cerca di imprimere una scossa con varie misure, seppur con diverse criticità evidenziate da più parti, a livello nazionale il rischio di un perdurante ristagno è alto. Spiega sempre Andrea Cardinali evidenziando le problematiche insite nell’operazione lanciata da Bruxelles: «La Commissione europea ha presentato il 5 marzo il Piano d’Azione frutto del ‘Dialogo strategico sul futuro dell’industria automotive’, che appare però privo della necessaria chiarezza per operatori e clientela. Invece di delineare un quadro di incentivi centralizzato, come inizialmente prospettato, la Commissione si è limitata a proporre uno scambio di best practices tra i vari Paesi, senza fornire indicazioni concrete per il settore». Aggiunge il direttore generale di Unrae: «Pur apprezzando l’apertura della Commissione alla possibilità di introdurre flessibilità nell’applicazione delle sanzioni per lo sforamento dei target di emissione nel 2025, è necessario chiarire che le sanzioni non verranno realmente rinviate. Il meccanismo previsto da Bruxelles implica che la conformità verrà calcolata sulla media triennale della CO2, con l’obbligo di compensare eventuali scostamenti negli anni successivi, generando quindi impatti economici già nel 2025, come richiesto dai principi contabili internazionali».
Ma ecco l’aspetto evidenziato in apertura: «La totale assenza di incentivi per le vetture a zero e bassissime emissioni, sia a livello europeo che nazionale, continua a rappresentare un freno significativo per la transizione energetica del mercato italiano», afferma Cardinali. «Persistono gravi anomalie strutturali, come l’elevato costo dell’energia e l’insufficiente capillarità delle infrastrutture di ricarica. Dal 2022 a oggi, con i fondi Pnrr, sono stati assegnati finanziamenti per la realizzazione di soli 6.000 punti di ricarica, a fronte degli oltre 21.000 la cui attivazione era prevista entro la fine di quest’anno».
Il 14 marzo l’Unrae ha partecipato al Tavolo automotive convocato dal Mimit, avanzando proposte concrete per accelerare la diffusione di veicoli a zero e bassissime emissioni. Tra queste, lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica e la revisione del regime fiscale delle auto aziendali. «Abbiamo chiesto al ministro Urso di promuovere un Tavolo interministeriale che affronti con urgenza il tema in modo strutturale, partendo dal trattamento penalizzante per le aziende e considerando anche le recenti modifiche al fringe benefit, che contraddicono il principio di neutralità tecnologica». Conclude il direttore generale di Unrae: «Il nostro Governo dovrebbe agire, partendo proprio dalle proposte sulla revisione della fiscalità delle auto aziendali, che dovrebbe avere una concreta e rapida attuazione individuando fondi dedicati, pur in un quadro di ristrettezza di risorse».
