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Per un'Italia 100% rinnovabile servono investimenti da 48 mld di euro l'anno, i posti di lavoro in più saranno 900mila

In un nuovo studio i ricercatori della Sapienza di Roma tracciano la rotta per la decarbonizzazione: «La pianificazione è fondamentale per realizzare una transizione giusta»
 |  Green economy

Due professori dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza” – l’ingegnere energetico Lorenzo Mario Pastore e Livio de Santoli, prorettore alla Sostenibilità dell’Ateneo – hanno pubblicato sulla rivista scientifica Energy il nuovo studio Socio-economic implications of implementing a carbon-neutral energy system: A Green New Deal for Italy, che traccia la rotta verso un’Italia alimentata al 100% da energie rinnovabili entro il 2050, stimando sia gli investimenti necessari per raggiungere quest’obiettivo sia le relative ricadute socioeconomiche.

Gli stessi ricercatori, un mese fa, avevano pubblicato una prima analisi dedicata al costo di produzione dell’elettricità in un’Italia 100% rinnovabile, stimato in 52 €/MWh (comprensivo degli accumuli a batteria); si tratta di un costo molto più basso rispetto ai 108,52 €/MWh registrati in Italia come prezzo medio all’ingrosso dell’elettricità (Pun) nel corso del 2024, come anche rispetto ai costi del nuovo nucleare francese del programma Epr2 (che rientrano in una forbice tra 156 €/MWh e 186 €/MWh).

Non basta però produrre tanta elettricità da fonti rinnovabili per completare la transizione energetica: occorrono enormi investimenti sulle reti, l’elettrificazione della mobilità con le relative infrastrutture, lo sviluppo dei teleriscaldamenti, lo sviluppo della filiera idrogeno, la produzione di biocarburanti, l’efficientamento energetico degli edifici e altro ancora. Quanto costa il tutto?

«L'importo totale dell'investimento è stimato in circa 1,2 trilioni di euro per l'intero periodo, il che equivale a circa 48 miliardi di euro all'anno», rispondono i ricercatori – ovvero circa il 2,2% del Pil nazionale –, il che permetterebbe di eliminare i costi d’acquisto dei combustibili fossili; per l’anno scorso, tale import è stimato da Unem proprio in 48,5 miliardi di euro.

Se queste sono le prospettive economiche della transizione energetica, sono assai promettenti anche quelle sociali: per ogni posto di lavoro perso nelle filiere economiche legate ai combustibili fossili, se ne creano circa 3 negli ambiti delle fonti rinnovabili. Complessivamente, grazie alla decarbonizzazione i ricercatori prevedono la creazione di 1,4 milioni di nuovi posti di lavoro in Italia da qui al 2050, con un guadagno netto pari a 900mila occupati in più.

«La transizione energetica – osservano nel merito i co-autori dello studio – non può essere considerata semplicemente una strategia per modificare la configurazione del sistema energetico, ma può rappresentare un piano per una trasformazione radicale dell'economia e della società. La pianificazione energetica, economica e ambientale è fondamentale per orientare gli investimenti, sviluppare i settori economici, aumentare l'occupazione e promuovere una transizione energetica giusta».

Si tratta di uno studio che avvalora le posizioni già espresse dagli ambientalisti e ricercatori riuniti nella Coalizione 100% rinnovabili network. Resta da capire se il Governo italiano abbia o meno intenzione di cogliere la sfida, considerato che – nonostante bollette alle stelle – dall’inizio di quest’anno sia le nuove installazioni rinnovabili sia il contributo delle fonti pulite alla produzione di elettricità sono in retromarcia, in netto contrasto con quanto sta avvenendo a livello globale.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.