Piketty: «In atto una lotta tra democrazia e oligarchia. L’Europa esca dal letargo»
La battaglia del secolo? Democrazia contro oligarchia. Parola di Thomas Piketty, che nel suo blog pubblicato sul sito del quotidiano francese Le Monde ricorda come Joe Biden avesse lanciato, durante il suo discorso di addio alla Casa bianca, un avvertimento contro l’emergere di una nuova «oligarchia tecno-industriale» che minaccia l’ideale democratico degli Stati Uniti. L’estrema concentrazione delle ricchezze e del potere rischia infatti di mettere in discussione «i nostri diritti elementari, le nostre libertà e la possibilità per tutti di avere un'equa possibilità di uscirne», erano state le sue parole alla vigilia dell’arrivo di Donald Trump come 47° presidente degli Stati uniti, con al fianco un “consulente” del calibro di Elon Musk. Piketty scrive che Biden dice la verità, ma il problema è che nel corso del suo mandato «non ha fatto molto per opporsi alla deriva oligarchica in corso nel suo paese e su scala mondiale».
Negli anni ‘30, ricorda l’economista francese, il suo predecessore Roosevelt, anch’egli molto preoccupato per tali derive, non si era accontentato di fare discorsi. Sotto il suo impulso, i democratici si lanciarono in una vigorosa politica di riduzione delle disuguaglianze sociali (con aliquote fiscali applicate ai redditi più alti intorno al 70%-80% per mezzo secolo) e di investimenti nelle infrastrutture pubbliche, nella salute e nell’istruzione. Negli anni ‘80, prosegue Piketty, il repubblicano Ronald Reagan, giocando abilmente sul nazionalismo e sul senso di recupero, iniziò a porre fine al New Deal rooseveltiano. Il problema è che i democratici, lungi dal difendere questa eredità, hanno in realtà contribuito a legittimare e perpetuare la svolta reaganiana. In particolare, scrive il docente di economia presso la École des hautes études en sciences sociales, sotto le presidenze Clinton (1993-2001) e Obama (2009-2017). Dopo il Trump I, è arrivato Biden che, scrive Piketty, è stato spesso descritto come più interventista dei suoi predecessori sul piano economico. «Non è del tutto falso, con due lati negativi importanti. Biden fa parte di quei democratici che hanno votato il Tax Reform Act del 1986, la legge fondatrice del reaganismo, quella che ha demolito la progressività fiscale rooseveltiana abbassando l'aliquota fiscale superiore al 28%. Tutti possono sbagliarsi, ma il problema è che non ha mai ritenuto utile spiegare di aver commesso un errore o di aver cambiato idea. Tuttavia, se non si finanziano le proprie spese, si alimenta necessariamente l’inflazione, un altro argomento importante su cui la contrizione di Biden si fa ancora attendere».
Piketty punta il dito anche contro l’Inflation reduction act (Ira), colpevole a su dire di aver distribuito «sovvenzioni pubbliche per l’accumulo di capitale privato» e «non c’è dubbio che l’amministrazione Trump spingerà al suo parossismo questa alleanza senza ritegno tra Stato federale e interessi privati». Ma il punto non sono i repubblicani e l’attuale presidente, quanto i democratici e quel che faranno ora. Nel 2020, ricorda l’economista francese, il duo Bernie Sanders-Elizabeth Warren ha proposto di estendere il New Deal rooseveltiano, con in più una mega-imposta sul patrimonio (con un tasso che raggiunge l’8% all’anno sui miliardari, un livello mai raggiunto in Europa), un massiccio piano di investimenti nelle università e nelle infrastrutture pubbliche, e l’invenzione di una vera democrazia economica all’americana (con importanti diritti di voto per i dipendenti nei consigli di amministrazione delle aziende, come si pratica in Germania o in Svezia da decenni). «I due candidati hanno giocato quasi alla pari con Biden e hanno prevalso in massa tra i più giovani. Delusi dall’esperienza Biden-Harris, questi ultimi si sono mobilitati molto poco nel 2024, il che è costato caro ai democratici. Non è affatto impossibile che una candidatura di tipo Sanders-Warren prevalga in futuro».
Piketty allarga lo sguardo anche al resto del mondo e ricorda che anche all’interno dei paesi cosiddetti Brics ci sono democrazie ben vivo, e anche il fatto che nel 2024, il Brasile che ha sostenuto al G20 l’idea di una tassa globale sui miliardari. L’iniziativa – ricorda l’economista – «è stata purtroppo respinta dagli occidentali che, lo stesso anno, hanno anche ritenuto opportuno opporsi al progetto di convenzione fiscale delle Nazioni Unite, per preservare il loro piccolo monopolio sulla cooperazione fiscale internazionale all'interno del club di paesi ricchi che è l'Ocse, e soprattutto per evitare qualsiasi ridistribuzione significativa delle entrate su scala mondiale. Se, tra qualche anno, l’India si sposta a sinistra e rimanda i nazionalisti-affaristi del BJP all’opposizione, ipotesi sempre più plausibile, allora la pressione proveniente dal Sud a favore della giustizia fiscale e climatica potrebbe diventare irresistibile».
Chiude così Piketty la sua analisi rilanciata da Le Monde: «In questa lotta mondiale della democrazia contro l’oligarchia, resta da sperare che gli europei escano dalla loro letargia e svolgano tutto il loro ruolo. L’Europa ha inventato nel XX secolo lo Stato sociale e la rivoluzione socialdemocratica, ed è lei che ha più da perdere dall’ipercapitalismo trumpiano. Anche in questo caso, dobbiamo rimanere ottimisti: dal Covid-19, l’opinione pubblica si aspetta molto dall’Unione europea e si mostra meno fredda dei suoi leader. Speriamo che questi ultimi si mostrino all’altezza e riescano nel 2025 a liberarsi dalla sfiducia reciproca e dall’autoflagellazione permanente che impediscono loro di avanzare».