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Tra le novità, l’etichetta “Made in Europe”

Risparmio di 45 miliardi per le bollette 2025 e 100 miliardi per le imprese: ecco i piani di Bruxelles

La Commissione Ue ha presentato Clean industrial deal e Piano d’azione per l’energia a prezzi accessibili. Obiettivo, rafforzare la competitività delle aziende europee e tagliare ulteriormente le emissioni. La cautela nel giudizio dell’Eeb
 |  Green economy

La Commissione europea ha presentato gli attesi Clean industrial deal e Piano d’azione per l’energia a prezzi accessibili. Le note positive sono molte, a cominciare dai 100 miliardi di euro che dovrebbe movimentare il primo e i risparmi per 240 miliardi di euro all’anno che dovrebbe garantire entro il 2040 il secondo. Non mancano però le note dolenti, come sottolinea l’Ufficio europeo per l’ambiente (European environmental bureau – Eeb): «Mentre il nuovo accordo industriale non fa deragliare il Green deal, indebolisce il suo approccio olistico, usando la competitività come falso pretesto per giustificare concessioni inaccettabili agli inquinatori». Ma vediamo nel dettaglio cosa contengono i due documenti presentati oggi a Bruxelles.

Il Clean industrial deal ha come obiettivo sostenere la competitività dell’industria europea e al tempo stesso accelerare la decarbonizzazione nei principali settori produttivi. È la mission stessa del taglio delle emissioni, viene sottolineato nel documento, che può contribuire al rafforzamento delle industrie europee. Ha spiegato la presidente Ursula von der Leyen: «L'Europa non è solo un continente di innovazione industriale, ma anche un continente di produzione industriale. Tuttavia, la domanda di prodotti puliti è rallentata e alcuni investimenti si sono spostati in altre regioni. Sappiamo che troppi ostacoli danneggiano ancora le nostre aziende europee, dagli alti prezzi dell’energia all’eccessivo onere normativo. Il Clean industrial deal serve a tagliare i legami che ancora frenano le nostre aziende». 

Il pacchetto di misure mira a semplificare l’apparato normativo e a renderlo più efficiente, riducendo gli ostacoli burocratici per le imprese. Ma viene anche sottolineato che l’industria dell’Ue ha bisogno di un accesso immediato ai capitali. Per questo motivo il Clean industrial deal prevede maggiori finanziamenti a livello comunitario, l’incentivazione degli investimenti privati e il miglioramento dell’efficacia degli aiuti di Stato a sostegno degli obiettivi stabiliti. Per fornire un aiuto a breve termine, fanno sapere da Bruelles, «il Clean industrial deal mobiliterà oltre 100 miliardi di euro per l’industria manifatturiera pulita dell’Ue, compreso un ulteriore miliardo di euro di garanzie nell’ambito dell'attuale quadro finanziario pluriennale (Multiannual Financial Framework - MFF). Nel prossimo bilancio dell’Ue, il Fondo per la competitività prevede di istituire una capacità di investimento per i progetti europei con il maggior valore aggiunto dell’Ue lungo l’intero percorso di investimento, dal settore ricerca e innovazione, allo scale-up, alla diffusione industriale, alla produzione, comprese le tecnologie pulite e la decarbonizzazione industriale». Non solo. La Commissione propone una Banca per la decarbonizzazione industriale, con un obiettivo di finanziamento di 100 miliardi di euro, sulla base delle risorse disponibili nel Fondo per l'innovazione, delle entrate aggiuntive derivanti da parti del sistema Ets e della revisione di InvestEU. 

Prima della revisione della direttiva Ets nel 2026, la Commissione lancerà nel 2025 un progetto pilota con un’asta da 1 miliardo di euro per la decarbonizzazione di processi industriali chiave in vari settori a sostegno della decarbonizzazione industriale e dell’elettrificazione. I finanziamenti pubblici, nel piano studiato da Bruxelles, proverranno anche da incentivi fiscali nazionali per i quali la Commissione formulerà raccomandazioni su orientamenti comuni. Inoltre, nell’ambito del programma di lavoro 2026-2027, sarà lanciato un bando Horizon Europe di circa 600 milioni di euro per sostenere progetti «fit for deployment».

Per promuovere la domanda di prodotti non dannosi per l’ambiente, si prevede che l’Industrial decarbonisation accelerator act (Legge per l’accelerazione della decarbonizzazione industriale) aumenti la domanda di prodotti puliti realizzati nell’Ue introducendo criteri di sostenibilità, resilienza e anche la dicitura "made in Europe" negli appalti pubblici e privati. Con la revisione del quadro degli appalti pubblici nel 2026, la Commissione introdurrà criteri di sostenibilità, resilienza e preferenza europea negli appalti pubblici per i settori strategici. Verrà lanciata anche un’etichetta volontaria sull’intensità di carbonio per i prodotti industriali, a partire dall’acciaio nel 2025, seguito dal cemento. La Commissione, spiegano da Bruxelles, semplificherà e armonizzerà le metodologie di contabilizzazione del carbonio. Queste etichette informeranno i consumatori e consentiranno ai produttori di ottenere un premio sui loro sforzi di decarbonizzazione.

Per quanto riguarda il capitolo circolarità e accesso ai materiali, viene sottolineato che le materie prime critiche sono fondamentali per l’industria europea e dunque l’Ue deve garantire l’accesso delle aziende comunitarie a tali materiali e ridurre l’esposizione nei confronti di fornitori non affidabili. Allo stesso tempo, viene evidenziato, porre la circolarità al centro della strategia comunitaria di decarbonizzazione aiuta a massimizzare le risorse limitate presenti nel nostro continente. La Commissione Ue prevede dunque di istituire un meccanismo che consenta alle aziende europee di unirsi e aggregare la loro domanda di materie prime critiche. Verrà inoltre creato un Centro per le materie prime critiche dell’Ue per acquistare congiuntamente materie prime per conto delle aziende interessate. Gli acquisti congiunti creano infatti economie di scala e offrono una maggiore leva per negoziare prezzi e condizioni migliori. Bruxelles tra l’altro adotterà una legge sull’economia circolare nel 2026 per accelerare la transizione circolare e garantire che i materiali scarsi siano utilizzati e riutilizzati in modo efficiente, ridurre le nostre dipendenze globali e creare posti di lavoro di alta qualità. L’obiettivo è avere il 24% dei materiali circolari entro il 2030. 

Ma tutto quanto fin qui detto non sarebbe garantito se l’Europa non affronta un problema che si porta dietro da tempo: il costo dell’energia, che da noi ha costi decisamente più elevati rispetto ai competitor di scala globale. Per questo la Commissione europea sottolinea che l’energia a prezzi accessibili è fondamentale per essere competitivi. Ed ha quindi adottato oggi un Piano d’azione sull’energia a prezzi accessibili per ridurre le bollette energetiche per le industrie, le imprese e anche le famiglie. Il piano accelererà la diffusione dell’energia pulita, l’elettrificazione, completerà il nostro mercato interno dell’energia con interconnessioni fisiche, utilizzerà l’energia in modo più efficiente e ridurrà la dipendenza dai combustibili fossili importati. Il Piano, assicura Bruxelles, «porterà sollievo non solo alle famiglie che devono far fronte a bollette energetiche elevate, ma anche alle industrie che lottano con costi di produzione alti» e nel complesso porterà a un «risparmio complessivo stimato di 45 miliardi di euro nel 2025, che aumenterà progressivamente fino a 130 miliardi di euro di risparmio annuo entro il 2030 e 260 miliardi di euro entro il 2040». La strategia adottata si basa sulla recente riforma del disegno del mercato dell’elettricità, sul Piano REPowerEU, sui piani settoriali per l’eolico, il solare e le reti e sulla legislazione rivista in materia di energia e clima nell’ambito del pacchetto “Fit for 55”.

Accelerando gli investimenti nell’energia pulita e nelle infrastrutture, e portando trasparenza ed equità nei mercati del gas, spiegano da Bruxelles, l’energia può essere resa più accessibile. Un’ulteriore riduzione dei tempi di autorizzazione per le energie rinnovabili e le infrastrutture energetiche contribuirà anche a ridurre i costi di produzione dell'energia. I consumatori beneficiano già di circa 34 miliardi di euro all’anno grazie al mercato interno dell’energia dell’Ue. Un’ulteriore integrazione potrebbe aumentare tali benefici fino a 40-43 miliardi di euro all’anno già entro il 2030. 

La presidente Ursula von der Leyen ha dichiarato: «Stiamo abbassando i prezzi dell'energia e aumentando la competitività. Abbiamo già ridotto significativamente i prezzi dell’energia in Europa puntando sulle energie rinnovabili. Ora, stiamo facendo un ulteriore passo avanti con il Piano d’azione per l’energia a prezzi accessibili come parte del nostro Clean industrial deal. Con esso raggiungeremo prezzi più prevedibili, connessioni più forti in tutta Europa e un maggiore assorbimento di energia. Rimuoveremo sistematicamente gli ostacoli rimanenti in modo da poter costruire una vera Unione dell’energia».

Il commissario europeo per il Clima, Wopke Hoekstra, nella conferenza stampa di presentazione del programma per le industrie Ue, ha sottolineato: «Stiamo mobilitando tutte le risorse disponibili e facendo leva su diversi canali di finanziamento per promuovere un aumento senza precedenti degli investimenti nelle reti e nell’energia pulita a breve, medio e lungo termine. Sulla base del successo del nostro Fondo per l'innovazione, stiamo introducendo una nuova banca per la decarbonizzazione industriale, in parte basata sul sistema di scambio delle emissioni: una banca che potrebbe raccogliere fino a cento miliardi nei prossimi dieci anni e sulla base della nostra esperienza, questo potrebbe far leva fino a quattrocento miliardi di euro».

Diverse sigle ambientaliste e anche esperti del settore vogliono leggere tutti i dettagli dei due pacchetti di misure nella versione definitiva, perché le bozze che ancora alla vigilia della presentazione circolavano a Bruxelles contenevano passi indietro, ad esempio, sulla direttiva Csrd sulla rendicontazione di sostenibilità aziendale. Lo stesso Ufficio europeo per l’ambiente, si richiamava all’inizio, vuole vederci più chiaro, perché «la retorica della Commissione europea è cambiata»: «Sei anni fa, il Green deal europeo è stato salutato come un momento "uomo sulla luna" dal presidente Ursula von der Leyen, parlando a tutti gli europei. Oggi, la narrazione sembra adattata principalmente alle industrie ad alta intensità energetica e alle grandi aziende. Ma la politica industriale dovrebbe dare priorità all’interesse pubblico, non solo alle richieste del settore».

E lo stesso gruppo dei Socialisti e Democratici dell’Europarlamento ha diffuso una nota positiva sul Clean industrial deal, sottolineando però che l’impegno per il clima deve restare alto. «Rivitalizzare l’industria europea sarà possibile solo se le bollette energetiche saranno ridotte, poiché ciò avrà un impatto significativo sulle famiglie e sulla creazione di nuovi posti di lavoro in tutta l’Ue», scrive il gruppo S&D. «I Socialisti e Democratici chiedono la creazione di mercati leader per materiali rispettosi del clima e tecnologie pulite attraverso appalti mirati. Inoltre, la circolarità potrebbe migliorare la competitività dell’industria europea a livello mondiale attraverso investimenti nel riciclaggio, la sostituzione di materie prime vergini e chiari requisiti di prodotto. La decarbonizzazione della nostra economia e industria deve rimanere il principale motore della competitività europea. A questo proposito, i Socialisti e Democratici chiedono alla Commissione di mantenere un alto livello di ambizione quando si tratta di obiettivi di riduzione delle emissioni».

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Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.