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Il rapporto di Fondazione Symbola, Intesa Sanpaolo e Unioncamere si presenta a Mantova

È la coesione la nuova chiave per l’innovazione e la competitività delle imprese italiane

Per affrontare un’epoca caratterizzata da policrisi, dal clima alla demografia, le relazioni sono un capitale sempre più importante sul quale investire
 |  Green economy

L’immagine dell’imprenditore solitario che cavalca la propria azienda come una nave corsara per depredare più risorse possibili nelle acque agitate dei mercati, se mai ha funzionato, si sta definitivamente inceppando.

Oggi più che mai “coesione è competizione”, come recita la nuova edizione dell’omonimo rapporto presentato stamani a Mantova da Fondazione Symbola, Intesa Sanpaolo e Unioncamere.

«La coesione è un formidabile fattore produttivo – spiega Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola – in particolare in Italia. L’incrocio tra imprese, comunità, territori, innovazione e bellezza è fondamentale per la nostra economia e per il made in Italy. L’Ue ha indirizzato le risorse del NextGenerationEu per rilanciare l’economia su coesione, inclusione, transizione verde e digitale. Con l’obiettivo di azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050».

La transizione ecologica richiede più cooperazione su molti fronti, dall’open innovation all’apertura al dialogo sociale per gestire meglio i rischi della nostra epoca, caratterizzata da policrisi – le crisi climatica, demografica, geopolitica s’intrecciano tra loro, solo per citare alcune delle più rilevanti – e al contempo la coesione accresce la produttività delle imprese, rendendole in grado di cogliere per tempo i segnali di cambiamento. Le relazioni diventano dunque un capitale fondamentale.

Come sottolinea Stefano Zamagni (nella foto), presidente emerito della Pontificia accademia delle scienze sociali, coesione «vuol dire agire assieme, mentre l’origine della parola competizione richiama il tendere assieme a un obiettivo. Ecco che competizione è coesione, c’è chi arriva primo ma senza escludere gli altri. La concorrenza al contrario è stata una deviazione del pensiero economico, che ha finito per confondere le idee, portando a credere che si vince solo distruggendo gli altri».

Come rimediare? I presupposti per fare bene ci sono già, come mostra il rapporto Symbola analizzando i fattori più significativi della competitività del nostro Paese.

Le imprese coesive ottengono risultati migliori rispetto alle imprese che non lo sono. Ciò vale sia per le dinamiche di fatturato (per il 2024 il 34% delle imprese coesive stima aumenti di fatturato contro il 25% delle altre), per l’occupazione (25% stima incrementi vs 16%), per le esportazioni (27% vs 21%). È poi forte la propensione delle imprese coesive al green e al digitale: quasi due imprese su tre (67%) hanno investito in sostenibilità ambientale nel triennio 2021-2023 (il 43% nel caso delle imprese non coesive); nel 2023 oltre un terzo delle imprese coesive (39%) ha investito in fonti rinnovabili per migliorare le proprie performance ambientali, a fronte del 24% delle altre; la quota delle imprese coesive utilizzatrici di strumenti di intelligenza artificiale è pari all’8%, quella delle non coesive si ferma al 4%.

«I due terzi delle imprese coesive puntano con decisione sul made in Italy (contro il 48% delle altre), scommettendo su qualità dei prodotti, legami con il territorio e valorizzazione del brand – precisa nel merito Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere – La maggior presenza di imprese coesive ha un effetto positivo anche sui territori: ad esempio, in termini di benessere più diffuso, nelle province più coesive il valore aggiunto procapite è di 34mila euro (contro 26mila delle altre)».

Ecco perché le imprese coesive continuano a crescere: nel 2023 rappresentano il 43% delle Pmi manifatturiere, in crescita dell’11% rispetto al 2018, evidenziando l’importanza della collaborazione per le imprese. La coesione migliora il legame e il radicamento nelle comunità e nei territori, accresce il senso di appartenenza e soddisfazione di vita dei dipendenti, il coinvolgimento e il dialogo con i clienti.

«L’Italia può essere protagonista della sostenibilità se si sente parte di una sfida comune come le imprese raccontate in questo rapporto», evidenzia Realacci.

Ad esempio Aboca, la prima società a capitale misto pubblico-privato in Europa ad adottare lo statuto di società benefit; Fassa Bortolo, ritenendo il benessere delle persone un fattore chiave per la competitività; Gruppo Saviola, leader nell’economia circolare del legno; Enel, il più grande operatore privato al mondo nelle rinnovabili che ha «come driver di tutta la transizione energetica – spiega dal palco Tommaso Farina, responsabile Enel grids procurement Italia – è quello di coinvolgere tutte le imprese della filiera, dato che vediamo un vantaggio competitivo nell’andare tutti verso la stessa direzione e con la stessa velocità»; oppure Legacoop, col presidente Simone Gamberini a ricordare che «il mondo della cooperazione e dell’economia sociale è pienamente all’interno delle dinamiche coesive, ne rappresentando il fattore fondante per le cooperative, che come elemento identitario puntano a creare e a distribuire valore aggiunto come elemento identitario».

Su tutte, oggi a Mantova è stata premiata la società agricola Arnaldo Caprai, che ha dato lavoro ai migranti che hanno trovato nell’occupazione presso l’azienda un’occasione di riscatto, grazie alla collaborazione con la Caritas locale e altre associazioni del territorio, che a loro volta sono riuscite a rispondere alla domanda di lavoro concreto e regolare dei richiedenti asilo.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.