
Nessuna tregua: in Gran Bretagna è a rischio estinzione una specie su sei

I risultati del nuovo State of Nature report pubblicato da una coalizione dii 60 organizzazioni ambientaliste e protezioniste, agenzie governative e accademiche del Regno Unito, sono molto preoccupanti: «Dimostrano che gran parte della fauna selvatica nel Regno Unito e nei territori d’oltremare è in gravi difficoltà. In Gran Bretagna (Inghilterra, Scozia e Galles) 1.500 specie rischiano oggi di scomparire completamente. In Irlanda del Nord, 281 specie si troveranno ad affrontare un destino simile se non agiamo». Ma gli ambientalisti aggiungono che «C’è motivo di sperare. Non abbiamo mai avuto una migliore comprensione dello stato della natura e di ciò che è necessario per risolvere i suoi problemi».
Lo State of Nature report è il quadro più aggiornato e accurato di come sta andando la natura nel Regno Unito, nei suoi territori d’oltremare e nelle dipendenze della Corona. Riunisce informazioni provenienti da più di 60 organizzazioni di ricerca e conservazione raccolte da migliaia di volontari qualificati. I risultati del rapporto mostrano che «Delle oltre 10mila specie studiate in Gran Bretagna, 1 su 6 (16%) è a rischio di estinzione».
Nida al-Fulaij, del People's Trust for Endangered Species, ha detto a BBC News che «I principali risultati di questo rapporto sono allarmanti. Migliaia di studi utilizzati nel rapporto hanno esaminato l’abbondanza o la distribuzione della fauna selvatica del Regno Unito, dove possiamo, contiamo le specie anno dopo anno. Un altro modo per misurare come se la passano una pianta o un animale è quello di esaminare ripetutamente un sito e chiedersi: 'La specie è qui oppure no?'"»
Ne è venuto fuori che in Gran Bretagna potrebbero estinguersi il 43% degli uccelli, il 31% degli anfibi e dei rettili, il 28% di funghi e licheni, il 26% dei mammiferi terrestri. Tra queste specie a rischio ci sono la tortora, il ghiro, l'arvicola acquatica e l'anguilla europea. Inoltre, molte piante stanno scomparendo dai luoghi in cui vivevano in precedenza, compreso il 54% delle piante da fiore, come l’erica e la campanula. Le specie di invertebrati si trovano, in media, nel 13% in meno di posti rispetto a dove vivevano nel 1970. Si è registrato un calo più forte in alcuni gruppi di insetti con ruoli importanti, come gli impollinatori come le api e i sirfidi.
Oggi, solo 1 su 7 (14%) degli habitat importanti per la fauna selvatica del Regno Unito è risultato in buone condizioni, con solo il 7% dei boschi e l 25% delle torbiere in buone condizioni. Anche la sovra-pesca fa sì che vaste aree del fondale marino intorno al Regno Unito non siano in buone condizioni.
Il rapporto ha rilevato che i cambiamenti nel modo in cui vengono gestiti i suoli agricoli e il cambiamento climatico sono le principali cause del declino della fauna selvatica terrestre e fluviale, mentre la fauna marina soffre a causa della pesca insostenibile, dei cambiamenti climatici e dello sviluppo urbano costieroo.
Lo State of Nature report si concentra sui recenti cambiamenti nella biodiversità, ma gli ambientalisti ricordano che «Siamo noi a modellare i nostri territori e la fauna selvatica da migliaia di anni. La natura del Regno Unito è stata impoverita da secoli di perdita di habitat, sviluppo e persecuzione ben prima che iniziasse la raccolta dei dati nel 1970. Il rapporto mostra le prove che, a causa delle attività umane, nel Regno Unito ora rimane meno della metà della sua biodiversità».
Ma lo stesso rapporto evidenzia che alcune cose stanno migliorando: «Oggi ci sono più boschi gestiti in modo sostenibile (44%) e stock ittici raccolti in modo sostenibile (50%) rispetto a 20 anni fa. Ma c'è ancora molta strada da fare. E’ aumentato anche il sostegno all’agricoltura rispettosa della natura, così come il numero di progetti relativi ai terreni agricoli pensati a beneficio dell’ambiente. Ma al momento le migliori informazioni disponibili suggeriscono che l’agricoltura rispettosa della natura deve avvenire su scala molto più ampia per arrestare il declino della fauna selvatica nei terreni agricoli».
Il rapporto include anche esempi di come i progetti di conservazione della fauna selvatica possano fare un’enorme differenza, come la creazione dell’area marina protetta a Lyme Bay, nel sud dell’Inghilterra, dove molte specie sono aumentate da quando la pesca a strascico è stata vietata nel 2008. I progetti di ripristino in corso, come quello delle torbiere e delle praterie marine, stanno contribuendo ad arginare il declino, aiutandoci anche a mitigare e ad adattarci agli impatti dei cambiamenti climatici.
Nonostante questi successi, il rapporto dimostra che «Il tempo stringe se vogliamo vedere la natura riprendersi nel Regno Unito e nei suoi territori d’oltremare. La portata e l’ambizione dei nostri sforzi devono essere intensificati e realizzati su una scala molto più ampia, con il recupero della natura saldamente radicato nelle leggi e nelle politiche che modellano il modo in cui gestiamo la nostra terra e i nostri mari. Non abbiamo mai avuto una migliore comprensione dello stato di natura e di ciò che è necessario fare».
Quel che emerge è però che nel Regno Unito la perdita di natura sta superando gli investimenti e gli sforzi per affrontarla. Il governo conservatore britannico ha detto di essere impegnato ad «Aumentare la quantità di habitat affinché la natura possa prosperare». Fiona Matthews, autrice del rapporto e che insegna biologia ambientale all’università del Sussex, ha ribattuto: «Abbiamo bisogno di molti più investimenti, Nel Governo c'è la convinzione che le cose possano magicamente accadere gratuitamente» e, pur riconoscendo l’ottimo lavoro svolto da migliaia di volontari, ha aggiunto che «E’ necessario anche un lavoro finanziato. Vedo spesso comunicati stampa su 1 milione di sterline per questo o quello, ma è una goccia nell'oceano per ciò che è effettivamente necessario per affrontare questo problema».
Anche per le organizzazioni ambientaliste «Sono urgentemente necessari maggiori investimenti e uno spostamento verso un’agricoltura e una pesca molto più rispettose della fauna selvatica».
Dal rapporto emerge un trend desolante per gran parte della fauna selvatica autoctona del Regno Unito e per Beccy Speight, amministratrice della Royal Society for the Protection of Birds (RSPB), «Questo dovrebbe indurre tutti a sedersi e ascoltare. Ripristinare la natura aiuterebbe anche ad affrontare la crisi climatica. Come società, dobbiamo andare molto più velocemente verso un uso del territorio e del mare rispettoso della natura, altrimenti, la natura del Regno Unito e l’ambiente in generale continueranno a declinare e a degradarsi, con enormi implicazioni per il nostro modo di vivere».
Rispondendo a queste sollecitazioni, il governo ha affermato che sta investendo nel suo impegno “30 x 30”, per proteggere il 30% del territorio e del mare per la natura entro il 2030. La ministra dell’ambiente del Regno Unito, Therese Coffey, ha sottolineato che «All'inizio di quest'anno, ho pubblicato il nostro piano globale di miglioramento ambientale che definisce come creeremo e ripristineremo almeno 500.000 di nuovi habitat naturali».
Il governo ha inoltre evidenziato investimenti come un fondo per la sopravvivenza delle specie da 40 milioni di sterline e 750 milioni per il ripristino di boschi e torbiere
Ma il responsabile scientifico della conservazione della RSPB, Richard Gregory, ha detto a BBC News che «Avremmo bisogno di più per raggiungere l’obiettivo di 30 X30. Il compito che ci aspetta per recuperare la natura nel Regno Unito è ampio e complesso: stiamo davvero parlando di miliardi di sterline e non milioni per cambiare i sistemi e affrontare le spinte al declino. Tale investimento, nel tempo produrrebbe un enorme ritorno per la società e consentirebbe di risparmiare enormi costi futuri se permettessimo all’ambiente di continuare a declinare e degradarsi».
