
Effetto Bolsonaro: l'Amazzonia ha avuto la maggiore deforestazione dal 2006

Secondo i nuovi dati pubblicati del Projeto de Monitoramento de Desmatamento da Amazônia (Prodes) dell’Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais (Inpe) del Brasile , tra agosto 2020 e luglio di quest'anno l’area disboscata in Amazzonia è stata di 13.235 km2, più o meno quanto la Regione Campania, con un aumento del 21,97% del tasso di distruzione rispetto allo stesso periodo 2019/2020, quando la deforestazione aveva raggiunto i 10.851 km2. Per comprendere meglio l'entità della distruzione, Greenpeace Brasil ha fatto alcuni confronti: i 13.235 km2 disboscati in un solo anno equivalgono a: 3,6 alberi persi per ognuno dei 212 milioni di brasiliani; 216 campi da calcio all'ora; 5.989 parchi come quelli di Ibirapuera, una superficie grande quasi 9 volte la città di São Paulo o 11 volte la città di Rio de Janeiro.
Greenpeace Brasil sottolinea che «La cattiva notizia arriva la settimana dopo la fine della COP26, dove il governo brasiliano ha cercato di ripulire la propria immagine, anche se sapeva che era già stato battuto l'ennesimo record di deforestazione. Il documento diffuso oggi è datato 27 ottobre 2021, ovvero il governo ha rinviato il rilascio dei dati a più tardi prima della Conferenza sul clima. L'annuncio avviene anche nello stesso momento in cui l'assedio alla deforestazione inizia a chiudersi: la Commissione dell'Unione Europea ha pubblicato il 17 ottobre il progetto per la nuova normativa del blocco che vieta l'acquisto di prodotti legati alla deforestazione».
Gli ambientalisti brasiliani individuano facilmente il responsabile politico di tutto questo: «In media, nel triennio di governo Bolsonaro si è registrato un aumento del 52,9% della superficie deforestata (media di 11.405 km2 tra il 2019 e il 2021) rispetto alla media del triennio precedente (media di 7.458 km2 tra il 2016 e il 2018). Gli stati di Pará, Amazonas, Mato Grosso e Rondônia sono stati responsabili dell'87,25% della deforestazione nell'Amazzonia legale. Nella sola Amazonas, la deforestazione è aumentata del 55% nell'ultimo anno. Lo Stato si è distinto nel portare avanti la distruzione della foresta. La deforestazione si è avvicinata sempre di più alle aree precedentemente conservate dell'Amazzonia». Una recente spedizione di Greenpeace Brasil ha realizzato una serie di tre rapporti speciali per mostrare come si è svolta questa dinamica di distruzione nella regione.
Gli ambientalisti ricordano che «Nell'ultimo anno il Brasile è stato uno dei pochi Paesi ad aver aumentato le emissioni di gas serra, nonostante gli effetti della pandemia di Coronavirus: il Paese ha emesso il 9,5% in più di gas, mentre il resto del mondo si è ridotto del 7%». E secondo uno studio di Carbon Brief «Il 46% delle emissioni del Brasile proviene dalla deforestazione, il Brasile è stato il quinto Paese che ha contribuito maggiormente con le emissioni di gas dal 1850».
Cristiane Mazzetti, portavoce della campanha da Amazônia di Greenpeacei Brasil evidenzia che «Nonostante i recenti tentativi del governo di ripulire la propria immagine, la realtà si impone ancora una volta. Gli oltre 13mila km2 non sorprendono per chi ha seguito gli ultimi tre anni di smantellamento nella gestione ambientale brasiliana e i tentativi di indebolire il quadro giuridico per la tutela dell'ambiente. E’ evidente che le azioni necessarie al Brasile per frenare la deforestazione e il cambiamento climatico non verranno da questo governo, che è fermo nel tempo e vede ancora la foresta e i suoi popoli come un ostacolo allo sviluppo. L'attuale governo, con la sua politica anti-ambientale, ha alzato drasticamente il livello di deforestazione nella più grande foresta tropicale del pianeta. Sono livelli inaccettabili vista l'emergenza climatica che stiamo vivendo in Brasile e nel mondo, con gli estremi climatici e i loro impatti sempre più devastanti e frequenti. E questa situazione non potrà che peggiorare se il Senato approverà il progetto di legge del Grilagem, che avvantaggia gli invasori delle terre pubbliche e incoraggia ancor più la deforestazione».
Nel periodo in cui è stato misurato il tasso di deforestazione, il 32% degli allarmi di deforestazione si è concentrato nelle Florestas Públicas Não Destinadas, obiettivo frequente di land grabbing. La prossima settimana, al Senato di Brasila dovrebbe tenersi l'ultima udienza pubblica al Senato per discutere del PL 2633/2020 do Grilagem, già approvata alla Camera dei deputati, con la quale la questione potrà essere votata in Plenaria subito dopo.
Anche per Mauricio Voivodic, direttore esecutivo del Wwf-Brasil, «Questo è il vero Brasile che il governo Bolsonaro cerca di nascondere con discorsi fantasiosi e azioni di greenwashing all'estero. Quel che dimostra la realtà è che il governo Bolsonaro ha accelerato il percorso di distruzione in Amazzonia. Se non invertiamo questa tendenza, non poniamo fine alla deforestazione e non ripristiniamo le aree già degradate, la foresta amazzonica potrebbe raggiungere un punto di non ritorno e iniziare un processo accelerato di degrado. Se questo accadrà, il Brasile non farà più affidamento sui servizi ambientali vitali che fornisce, come lo stoccaggio del carbonio e la regolazione del precipitazioni nel Paese».
Secondo il Wwf-Brasil, oltre al rischio di perdita dei servizi ambientali della foresta e agli effetti devastanti sul clima causati dalla deforestazione in Amazzonia, i dati di PRODES sono anche un campanello di allarme per l'economia: «All'inizio di questo mese, durante la COP 26, più di 100 Paesi si sono impegnati a eliminare la deforestazione delle foreste, un impegno ribadito nell'accordo bilaterale firmato tra le due maggiori economie del pianeta, Stati Uniti e Cina, la scorsa settimana. Le aziende britanniche, con il sostegno del loro governo, hanno annunciato un manifesto audace contro qualsiasi tipo di deforestazione associato alla produzione di soia, un annuncio che si rivolge sia agli ecosistemi forestali che non (come parte del Cerrado) e che non accetta nemmeno la deforestazione legale. Questa settimana la Commissione Europea, braccio esecutivo dell'Unione Europea, ha divulgato la proposta per bloccare l’importazione delle commodities associate alla deforestazione e al degrado delle foreste, definendo l’anno 2030 come limite per la deforestazione». Voivodic avverte che «Se la deforestazione non verrà fermata immediatamente, le esportazioni agroalimentari brasiliane saranno sempre più limitate a un numero ristretto di Paesi che non hanno ancora aderito a questi accordi. Si tratta di mercati marginali che, in futuro, dovrebbero unirsi anche loro allo sforzo globale per combattere la deforestazione. deforestazione perché nel caso del Brasile è di gran lunga la principale fonte di emissioni dei gas che stanno alterando il clima in tutto il pianeta». Una settimana fa, alla COP 26 Unfccc di Glasgow, è stato pubblicato il rapporto finale del gruppo di esperti scientifici sull'Amazzonia, che ha riunito più di 200 scienziati per valutare lo stato attuale del bioma. La conclusione principale è che la foresta è già vicina a un «punto di non ritorno» dopo il quale la sua stabilità sarà compromessa, avviando un processo automatico di degrado che non potrà più essere arrestato. Sempre secondo quel rapporto, la regione dell’"Arco della deforestazione" è già diventata una fascia dell'Amazzonia che emette più carbonio in atmosfera di quanto ne assorba. Attualmente, la deforestazione in Amazzonia rappresenta quasi la metà delle emissioni brasiliane.
Voivodic conclude: «Mantenere in piedi la foresta è essenziale se vogliamo raggiungere l'obiettivo dell'Accordo di Parigi di limitare l'aumento della temperatura media del pianeta fino a 1,5° C entro la fine del secolo. Sempre secondo il rapporto del Comitato Scientifico dell'Amazzonia, la foresta rimuove dall'atmosfera più di 1 miliardo di tonnellate di CO2 ogni anno, pari alla metà di tutti i gas serra emessi dal Brasile lo scorso anno. La deforestazione in Amazzonia ha già avuto un impatto sul regime delle piogge in tutto il Centro-Oeste e Sudeste del Brasile, causando gravi danni alla sicurezza idrica e alimentare del Paese. Inoltre, sulla scia della deforestazione, l'accaparramento della terra, l'estrazione mineraria e l'invasione della terra hanno messo sempre più a rischio la sopravvivenza delle popolazioni indigene e delle comunità tradizionali».
