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Il caso studio presentato a Ecomondo

Economia circolare nel fashion: l’innovazione di Ifaba e Omnisyst per trasformare gli scarti in risorse

Più di un milione di chili di plastica riutilizzata ogni anno e attività che va oltre gli obblighi normativi riguardanti la responsabilità estesa del produttore. «In due soli carichi recuperati oltre 25 mila chili di prodotto e compensati 540 kg di emissioni di CO₂ garantendo un processo carbon neutral»
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Più di un milione di chili di plastica riutilizzata ogni anno nelle proprie produzioni, arrivando a coprire fino al 90% della produzione totale. È il caso studio di Ifaba, presentato da Omnisyst a Ecomondo, evento di riferimento in Europa per nuovi modelli di economia circolare, terminato poco più di una settimana fa a Rimini.

Il caso vede protagonisti gli stabilimenti produttivi di Ifaba, multinazionale tascabile milanese specializzata nella fornitura di forme per la produzione di scarpe ai principali marchi mondiali del lusso. Affiancata da Omnisyst, leader nella gestione circolare dei residui di produzione, Ifaba ha intrapreso un progetto che unisce logistica inversa, simbiosi industriale e responsabilità estesa del produttore per un riutilizzo virtuoso dei materiali plastici.

La sostenibilità nel settore fashion è un tema sempre più centrale e, per distinguersi, bisogna andare oltre gli obblighi normativi. In questo senso, l’azienda ha saputo farsi notare non solo per la qualità dei suoi prodotti, ma anche per un approccio innovativo nella gestione dei rifiuti industriali.

Nel dettaglio, l’azienda ha richiesto supporto a Omnisyst per ridurre il quantitativo di residui in un ambito specifico: la produzione di forme in plastica per calzature, che hanno una vita molto breve. Queste forme, diverse per ogni collezione, modello di scarpa e taglia, non possono essere riutilizzate per le produzioni successive, incrementando così la quantità di rifiuti. È nato, così, un approccio visionario che prevede il ritiro e il recupero delle forme di plastica ormai esauste dai clienti del lusso di Ifaba e il loro conferimento in un impianto che le riduce in granuli per essere reimpiegate nella produzione di nuove forme di scarpe, creando un ciclo virtuoso che minimizza l’impronta ambientale.

«Le esigenze sono quelle di avere dei livelli di servizio, di professionalità e di struttura dell’azienda – afferma l’amministratore delegato di Ifaba Luca Giani – che devono essere sempre di più ricercate nell’eccellenza. Solo in innovazione, macchinari e attrezzature, nel piano industriale di Ifaba, investiamo tra il 7 e il 9 percento dei ricavi».

Ifaba decide, così, di assumersi la responsabilità del destino di residui industriali che non erano più in loro gestione. Questo concetto di responsabilità estesa del produttore va oltre gli obblighi normativi e rappresenta un nuovo impegno per l’ambiente. Sebbene, infatti, lo smaltimento delle forme “esauste” debba essere gestito dal brand di moda luxury che utilizza i modelli in plastica, Ifaba ha deciso di intervenire per ottimizzare il processo e diminuire la quantità di scarto.

La logistica inversa, che ha inizio alla fine del ciclo di vita delle forme per calzature e che mira a restituire valore al prodotto per un suo riutilizzo, rappresenta una soluzione di grande impatto nell’ambito della gestione sostenibile dei materiali, permettendo di chiudere il ciclo di vita dei prodotti riducendo gli sprechi.

«Omnisyst ha supportato Ifaba in questo percorso, – spiega Antonino Rapisardi, direttore Commerciale, strategia e sviluppo di Omnisyst – studiando il flusso di rifiuti plastici generati alla fine del ciclo di vita delle forme per calzature e progettando un processo per il recupero e la riduzione in granuli della plastica. Il modello operativo sviluppato è il risultato di un Waste Check-Up approfondito, che ha permesso di ottimizzare le soluzioni di riutilizzo con un approccio data-driven, monitorando al contempo le emissioni».

L’intervento ha portato a risultati tangibili: in due soli carichi, sono stati recuperati oltre 25 mila chili di prodotto e compensati 540 kg di emissioni di CO₂, monitorati con algoritmo proprietario e certificato Omnisyst, garantendo un processo carbon neutral. Questo modello integrato è stato reso possibile grazie alla digitalizzazione e a un’accurata gestione dei dati.

Rapisardi continua: «Questi processi sono già in essere in Italia in certi ambiti da trent’anni. Se parliamo di riciclo, l’Italia è campione europeo, come dimostrato dal recente report GreenItaly. Qui si tratta ora di diffondere il messaggio e fare in modo che diventi una pratica sempre più diffusa. La sensibilità delle aziende a questo tipo di pratiche è fondamentale, altrimenti queste eccellenze restano dei silos pur virtuosi a livello europeo, ma che non si propagano in tutto il tessuto industriale».

Sono stati seguiti, dunque, i principi di simbiosi industriale, che puntano alla creazione di un circuito chiuso, in cui i cosiddetti “scarti” di lavorazione possono essere riutilizzati all’interno di altri processi, che siano di un’azienda prossima o della stessa azienda che li ha generati. La simbiosi industriale consente alle aziende di condividere risorse e know-how, ottimizzando l’efficienza dei processi e abbattendo i costi.

Si tratta di un esempio che rappresenta un modello per il settore del lusso e della moda: la scelta di adottare una logistica inversa e di impegnarsi in pratiche che superano i semplici obblighi normativi dimostra come sia possibile trasformare i rifiuti in risorse.

Redazione Greenreport

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