Nell’ultimo anno il 78% della popolazione mondiale è stata esposta a 31 giorni di caldo estremo
In vista dell’Heat action day del 2 giugno, la giornata mondiale per la sensibilizzazione sui rischi per la salute del caldo estremo, World Weather Attribution, Red Cross Red Crescent Climate Centre e Climate Central hanno pubblicato il rapporto “Climate Change and the Escalation of Global
Extreme Heat: Assessing and Addressing the Risks” che valuta l'influenza dei cambiamenti climatici causati dall'uomo sulle ondate di caldo degli ultimi 12 mesi (dal 15 maggio 2023 al 15 maggio 2024), un periodo che include l'anno più caldo mai registrato sulla Terra (2023) e 11 mesi consecutivi di temperature globali da record (giugno 2023-aprile 2024).
Il rapporto rileva quanto i cambiamenti climatici causati dall'uomo stiano aumentando il caldo estremo che minaccia la salute di miliardi di persone, rendendo gli eventi di calore più lunghi e più probabili e i ricercatori dicono che e i suoi principali risultati sono: «Utilizzando i criteri della World Weather Attribution, lo studio ha identificato 76 ondate di calore estremo che interessano 90 Paesi diversi. Questi eventi mettono a rischio miliardi di persone, anche in aree densamente popolate dell'Asia meridionale e orientale, del Sahel e del Sud America. Nell'arco di 12 mesi, 6,3 miliardi di persone (circa il 78% della popolazione globale) hanno sperimentato almeno 31 giorni di caldo estremo (più caldo del 90% delle temperature osservate nella loro area locale nel periodo 1991-2020), reso almeno due volte più probabile dai cambiamenti climatici causati dall'uomo. Negli ultimi 12 mesi, i cambiamenti climatici causati dall'uomo hanno aggiunto in media 26 giorni di caldo estremo (in media, in tutte le località del mondo) rispetto a quelli che ci sarebbero stati senza un pianeta riscaldato. Questo rapporto dimostra anche il ruolo cruciale del monitoraggio e della rendicontazione degli impatti nella valutazione del caldo estremo e offre soluzioni praticabili per il rischio calore».
Secondo il Red Cross Red Crescent Climate Centre, «Quest’anno più di ogni altro è necessaria attenzione. E’ in corso un’ondata di caldo estremo in Asia, in Bangladesh, Malaysia, Myanmar, Nepal e Filippine. Solo nel Bangladesh, il caldo estremo ha colpito 57 dei 64 distretti, che ospitano oltre 120 milioni di persone; in Myanmar il 28 aprile è stata registrata una temperatura estrema di 48,2° C, la più alta mai registrata nel Paese; in Nepal, la città di Nepalgunj è da settimane nella morsa di temperature che superano i 40° C».
Quest’anno ondate di caldo estremo di lunga durata hanno già colpito anche diverse zone dell’’Africa.
I ricercatori ricordano che «E’ noto che negli ultimi 12 mesi il caldo estremo ha ucciso decine di migliaia di persone, ma il numero reale è probabilmente nell’ordine di centinaia di migliaia o addirittura milioni. A differenza dei disastri meteorologici improvvisi, le ondate di caldo uccidono più lentamente e in modo meno evidente; sono spesso esacerbatrici di condizioni mediche preesistenti. Le ondate di caldo colpiscono più duramente i più vulnerabili: i giovani, gli anziani, i poveri e coloro che sono costretti a lavorare all’aperto».
Il segretario generale dell’International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies (IFRC), Jagan Chapagain, ha sottolineato che «Le inondazioni e gli uragani possono fare i titoli dei giornali, ma gli impatti del caldo estremo sono ugualmente mortali. Ecco perché l’Heat action day così importante. Dobbiamo concentrare l'attenzione sul killer silenzioso del cambiamento climatico. L’IFRC sta facendo del caldo – e dell’azione urbana per ridurne gli impatti – una priorità e continua a impegnarsi a lavorare con le comunità che sono a rischio di caldo estremo attraverso la nostra rete globale di società nazionali».
Il direttore del Red Cross Red Crescent Climate Centre Aditya Bahadur ha concluso: «Questo rapporto fornisce prove scientifiche schiaccianti del fatto che il caldo estremo è una manifestazione mortale della crisi climatica. Provoca il caos per la salute umana, le infrastrutture critiche, l’economia, l’agricoltura e l’ambiente, erodendo così i progressi nello sviluppo umano e diminuendo il benessere, soprattutto per le comunità povere ed emarginate nel Sud del mondo».