Le farfalle, il clima e la produzione alimentare
Lo studio “Effects of climate change on Lepidoptera pollen loads and their pollination services in space and time”, pubblicato su Oecologia da un team di ricercatori delle università del Texas – Arlington (UTA), del Nevada - Reno e del Virginia Tech, dimostra che «Il cambiamento climatico ha portato a una diminuzione della produzione di pollini dalle piante e a una minore diversità dei pollini di quanto si pensasse in precedenza, il che potrebbe avere un impatto significativo sulla produzione alimentare».
Secondo la principale autrice dello studio, la biologa Behnaz Balmaki dell’UTA e della Virginia Tech, «Questa ricerca è cruciale in quanto esamina gli impatti a lungo termine dei cambiamenti climatici sulle interazioni piante-impollinatori. Questo studio indaga in che modo i cambiamenti nei tempi di fioritura e gli eventi meteorologici estremi influenzano la disponibilità di fonti alimentari critiche per gli insetti impollinatori».
Del team di ricerca faceva parte anche Masoud Rostami della Division of Data Sciencedell'UTA che si è concentrato sul Great Basin e sulle montagne della Sierra Nevada e spiega che «Il Great Basin, che comprende circa il 95% del Nevada e aree di California, Oregon, Idaho e Wyoming, è un luogo ideale per questo tipo di ricerca perché le montagne proteggono la regione dalle tempeste del Pacifico, dalla pioggia e dalla neve».
Nel Great Basin vivono più di 200 specie di farfalle, molte delle quali sono impollinatori, importanti in agricoltura perché trasportano il polline dalle parti maschili a quelle femminili dei fiori in modo che possano essere fecondati e produrre frutti.
Il team di ricerca ha realizzato 19 siti di campionamento in tutto il Great Basin, raccogliendo un ampio campione di farfalle per studiare come distribuiscono il polline alle piante. Oltre ai campioni appena raccolti, il team ha esaminato anche campioni di farfalle precedentemente catturati tra il 2000 e il 2021 e conservati al Reno Museum of Natural History dell’università del Nevada.
La Balmaki evidenzia che «“Analizzando 21 anni di dati storici, un periodo molto lungo che fornisce visioni chiare, la ricerca fornisce prospettive dettagliate sulle conseguenze sui servizi di impollinazione della perdita di habitat, dei territori frammentati e dei cambiamenti negli assemblaggi di piante. Il nostro utilizzo innovativo di esemplari museali per tracciare i cambiamenti nel polline aggiunge una nuova dimensione alla comprensione di queste dinamiche. Questi risultati sono vitali per indirizzare gli sforzi di conservazione volti a ridurre la perdita di biodiversità e preservare l’equilibrio ecologico, che sono essenziali per sostenere gli ecosistemi naturali e l’agricoltura umana».
Un altro aspetto importante dello io è che evidenzia la grande importanza degli impollinatori nel mantenere la vitale produzione alimentare per il consumo e la sopravvivenza umana.
La Balmaki. conclude: «Senza un’impollinazione efficace, molte colture vitali per l’approvvigionamento alimentare globale potrebbero fallire. La nostra ricerca sottolinea la necessità di sviluppare politiche di conservazione mirate per proteggere gli impollinatori e mantenere i servizi di impollinazione essenziali durante il riscaldamento globale, affrontando così alcune delle sfide ambientali più significative del nostro tempo».