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Più caldo uguale maggiori disuguaglianze: Legambiente accende un faro sulla cooling poverty
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Più la temperatura aumenta, più le diseguaglianze si moltiplicano, più diventa profondo il divario tra chi può permettersi una difesa rispetto a caldo estremo e ondate di calore e chi invece può solo subire gli effetti dell’utilizzo di combustibili fossili, con pesanti ripercussioni sullo stato di salute e la messa a rischio della vita stessa. Legambiente accende un faro su una forma di povertà «sempre più pervasiva e meno riconoscibile, la cooling poverty: un fenomeno che si intreccia con altre fragilità sociali, economiche e ambientali amplificando le situazioni di povertà già esistenti e aumentando le disuguaglianze». L’associazione ambientalista spiega le caratteristiche che alimentano questo tipo di povertà, che viene messa in evidenza dalla crisi climatica, ricordando che si stanno facendo sempre più frequenti e intense le ondate di calore: «Le temperature raggiungono in estate valori insopportabili. Addirittura letali per le fasce più povere e fragili della popolazione mondiale». In diverse parti del pianeta, «non tutti riescono a difendersi dal caldo estremo, e quelle differenze sociali, già così evidenti e vergognose che dividono il mondo in privilegiati e sfortunatissimi, diventano sempre più un baratro che sembra incolmabile», sottolinea l’associazione.
Il Cigno verde sottolinea che un indicatore di questo fenomeno crescente è la cooling poverty, ossia la povertà da raffrescamento: «Un problema sul problema, che si intreccia con altre fragilità sociali, economiche e ambientali amplificando le situazioni di povertà già esistenti e aumentando le disuguaglianze. Anche nel nostro Paese». Non bisogna infatti pensare che questo tipo di «povertà» si riscontrabile soltanto in Paesi del cosiddetto sud del mondo. A ogni latitudine, le ondate di calore generano conseguenze importanti sulle persone in termini di salute e sugli ecosistemi come, ad esempio, la siccità.
«Fenomeni che sottopongono le persone, soprattutto le più vulnerabili, a stress termici contribuendo ad aumentare fragilità», spiega Legambiente riprendendo uno studio pubblicato su Nature sustainability da un team di ricercatori che ha definito la povertà di raffrescamento sistemica: «Quando si sviluppa in contesti in cui organizzazioni, famiglie e individui sono esposti agli effetti dannosi del crescente stress da calore, principalmente a causa di infrastrutture inadeguate». In questo senso è possibile affermare che «la povertà da raffrescamento, avendo un carattere sistemico, intensifica le disuguaglianze sociali, termiche e spaziali», sottolinea l’associazione. «Dal punto di vista sociale facciamo riferimento all’accessibilità ai luoghi raffrescati, all’efficientamento energetico delle abitazioni, alla fruibilità gratuita di aree verdi e aree blu», spiega Legamente.
Sul piano delle disuguaglianze termiche, «ci troviamo di fronte a una situazione polarizzata nella quale insiste una fascia di popolazione minoritaria che può permettersi di accedere ad aree raffrescate e a condizioni climatiche capaci di mitigare le ondate di calore e altre, la maggioranza, che non ha accesso a questo diritto globale». E ancora – sottolinea Legambiente – le disuguaglianze spaziali relative alle infrastrutture urbane, alle isole di calore presenti nella città, all’assenza di aree verdi e di centri comunitari di raffrescamento per mitigare le ondate di calore, oppure ancora l’intreccio tra povertà da raffrescamento e la povertà da mobilità che amplifica gli ostacoli già esistenti all’accesso ai servizi aumentando l’impossibilità di muoversi nelle città o di raggiungere luoghi freschi nelle ondate di calore. «Il contrasto alla povertà sistemica da raffrescamento è una nuova sfida, improcrastinabile, per generare giustizia sociale».
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