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Londra ha presentato il proprio Contributo determinato a livello nazionale (Ndc) in vista della Cop30

Taglio dell’81% delle emissioni entro il 2035: l’ambizioso piano climatico del Regno Unito

Tra gli impegni chiave: accelerare sulle rinnovabili e stop delle vendite di auto a benzina entro il 2030. Viene anche messo in conto il divieto di nuove licenze di esplorazione per petrolio e gas
 |  Crisi climatica e adattamento

Taglio delle emissioni di gas serra di almeno l’81% rispetto ai livelli del 1990. È questo l’obiettivo ambizioso che si è dato il Regno Unito con il proprio Contributo determinato a livello nazionale (Ndc) per il 2035. Già alla Cop29 dello scorso novembre il premier britannico Keir Starmer aveva preannunciato questo target, con l’esclusione delle emissioni internazionali dell’aviazione e delle spedizioni. E ora Londra, facendo seguito al primo Ndc che prevedeva la riduzione del 68% entro il 2030, mantiene l’impegno presentando il proprio piano climatico con una decina di giorni di anticipo rispetto alla scadenza fissata per il 10 febbraio.

«Fare della Gran Bretagna una superpotenza dell’energia pulita è una delle cinque missioni nazionali di questo governo», si legge nel documento presentato ieri. Il presupposto di Westminster è che «non c’è stabilità globale senza stabilità climatica»: «Possiamo garantire la sicurezza energetica e buoni posti di lavoro per le attuali generazioni solo se produciamo energia pulita. E possiamo garantire la sicurezza climatica per le generazioni future solo se dimostriamo leadership globale».

Tra i punti chiave del piano figurano l’impegno ad accelerare sulle rinnovabili, lo stop alla vendita di auto alimentate a benzina e gasolio entro il 2030, e viene messo in conto anche il divieto di nuove licenze di esplorazione dei combustibili fossili (la formula inserita nel testo recita testualmente: «Nel settembre del 2024 il Regno Unito è stata la prima economia del G7 a raggiungere l’eliminazione graduale dell’energia da carbone e ci consulteremo per non rilasciare nuove licenze per l’esplorazione di giacimenti di petrolio e gas»). Tra l’altro, il piano arriva praticamente nelle stesse ore in cui la Corte di giustizia scozzese ha annullato le decisioni assunte da un precedente governo britannico di approvare le trivellazioni in due vasti giacimenti di petrolio e gas del Mare del Nord, accogliendo i ricorsi presentati da Greenpeace e altri attivisti per l’ambiente. E ora  ulteriori decisioni sull’opportunità di nuovi giacimenti al largo delle coste scozzesi dovranno essere prese dal segretario all’Energia Ed Miliband, la cui amministrazione laburista è succeduta ai conservatori che avevano spinto per la decisione iniziale.

Gli obiettivi del piano presentato ieri dal governo britannico sono in linea con il parere del Comitato per i cambiamenti climatici del Regno Unito e il Climate Change Act britannico per raggiungere emissioni nette zero entro il 2050. E sono tendenzialmente in linea, seppur con scansione temporale più accelerata, anche con i parametri decisi in ambito Ue, che prevedono un taglio delle emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 e del 90% entro il 2040, come tappa intermedia per la neutralità climatica nel 2050. 

Commenta Edward Davey, capo dell'ufficio britannico del World Resources Institute: «L’Ndc del Regno Unito è un segno incoraggiante di leadership, soprattutto dopo il passo indietro degli Stati Uniti, e si spera che catalizzi una nuova ondata di ambizione da parte di altri paesi. Il piano mette le persone al centro della transizione climatica, che è la chiave per il suo successo a lungo termine. Abbasserà le bollette elettriche, aumenterà l'innovazione e costruirà un futuro forte per il paese con posti di lavoro nelle industrie emergenti. In un mondo sempre più incerto, rafforza la resilienza del Regno Unito a un clima che cambia e aiuta a fornire sicurezza energetica a lungo termine. La conferma da parte del Regno Unito dei suoi impegni di finanziamento internazionale per il clima per 11,6 miliardi di sterline per il periodo 2025-2026, compresi 3 miliardi di sterline per la natura, è rassicurante in un contesto di pressioni sul bilancio degli aiuti globali».

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.