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Intervista a Stefano Ciafani, presidente nazionale del Cigno verde

Legambiente scende in "campagna elettorale", al centro la lotta alla crisi climatica

«L’obiettivo è rimettere sul giusto binario il confronto tra le forze politiche. Altro che sciagura, il Green deal è la nostra salvezza»
 |  Interviste

Anche Legambiente è in campagna elettorale? «Sì, abbiamo scritto il programma e ora partiamo con un tour che toccherà tutte le regioni italiane». Sorride ma non scherza, Stefano Ciafani. Il presidente dell’associazione ambientalista guarda al dibattito tra le forze politiche in vista del voto europeo di giugno e scuote la testa.

«I temi riguardanti la tutela dell’ambiente e la crisi climatica sono totalmente assenti. Parliamo di questioni che sono centrali non solo per l’Europa ma per il pianeta, per le economie mondiali, per la nostra competitività, per il futuro delle nuove generazioni. Parliamo di giganti che vengono fatti passare per nani. Per questo, come Legambiente, stiamo organizzando iniziative in tutte le circoscrizioni elettorali con l’obiettivo di rimettere sul giusto binario questo confronto elettorale tra le forze politiche».

Intervista

Forze politiche che, considerata la sottovalutazione delle tematiche ambientali, sono da considerarsi come, secondo lei?

«Beh, non c’è dubbio che su questi temi ce ne siano alcune non sufficientemente coraggiose, altre decisamente impreparate e altre ancora fastidiosamente ipocrite».

Un’aggiunta per sostanziare quest’ultima parte del suo giudizio?

«Tutti i dossier energetici e ambientali adottati a livello europeo sono stati descritti da una parte della politica italiana come ideologici, come imposizioni di nostalgici ambientalisti, quando in realtà sono tutte iniziative che hanno sì l’obiettivo di ridurre i gas serra, ma che sono anche centrali per rendere indipendente e competitiva l’economia europea nei prossimi decenni».

Alcuni pensano invece che il Green deal non faciliti la vita delle imprese italiane, lei cosa ne pensa?

«Bisogna allargare lo sguardo, ragionare in prospettiva. Il Grean deal, che da alcuni viene tacciato di essere uno strumento contro l’industria e l’agricoltura italiane, è in realtà un piano per la competitività, comunitaria e italiana.

È cavalcando l’onda della recente transizione ecologica che si riesce a essere più competitivi: chi oggi trova le soluzioni tecnologiche per far fronte ai problemi del pianeta, domani le sfrutterà per imporsi sui mercati internazionali. Non si può ragionare su scala nazionale e di breve respiro, in una situazione in cui sono presenti due potenze che competono sulle innovazioni tecnologiche come gli Stati Uniti e la Cina».

La Cina, a dire il vero, continua ricorrere massicciamente al carbone ed è il principale produttore di gas serra…

«Sì, però è anche il principale investitore al mondo in energie pulite, perché sa che la sfida dei mercati nei prossimi anni si gioca su questo terreno. E da noi c’è chi continua a dire che questi sono temi da nostalgici ambientalisti».

Ricorrendo a un’espressione popolare: chi lo sostiene, secondo lei, ci fa o ci è?

«Mah, io ci vedo una carenza culturale di fondo. Non a caso, come Legambiente, l’8 maggio abbiamo presentato a Roma il nostro “Un nuovo Grean deal per l’Europa”, invitando al confronto tutte le forze politiche e prendendo atto che non tutte sono pronte a giocare questa sfida decisiva»

Però non sono soltanto alcune forze politiche a ritenere che la svolta green comporti dei costi che non tutti possono o vogliono sostenere, che l’Europa sia più che altro un ente sanzionatore: anche larga parte della popolazione è di questo avviso.

«E anche per questo abbiamo iniziato un tour nelle circoscrizioni elettorali e andremo avanti fino al 6 giugno, per sollecitare i candidati a un confronto sulle tematiche ambientali e per spiegare agli elettori qual è realmente la posta in gioco con queste elezioni. Abbiamo in agenda 19 appuntamenti elettorali che si svolgeranno in tutte le regioni italiane e nei quali presenteremo il nostro programma e i nostri obiettivi».

Che sarebbero?

«Garantire la massima partecipazione al voto, perché l’Europa è importante per produrre cambiamenti concreti nella vita di tutti i giorni. E portare avanti la nostra campagna per sostenere un voto europeista e per un Green deal rafforzato».

Più Europa e un Green deal rafforzato? Per convincere chi magari è cosciente della crisi climatica ma guarda all’Europa come a un ente sanzionatore?

«Guardi, non solo le principali normative ambientali italiane sono frutto del recepimento di direttive europee approvate negli ultimi 40 anni. Ma ci sono dei casi concreti con cui l’Europa ha fatto fare passi avanti all’Italia proprio grazie alle sanzioni.

Ad esempio, Milano nel 2004 ha realizzato il suo primo depuratore grazie a una procedura d’infrazione che ha costretto la città a dotarsi, con quasi 30 anni di ritardo perché la normativa italiana era stata approvata nel 1976, di un impianto di questo tipo. Prima scaricava negli affluenti del Po, che poi attraverso di esso finivano nell’Adriatico. Stessa cosa Roma: ha chiuso la discarica di Malagrotta grazie a una procedura di infrazione perché la discarica non rispettava le misure vigenti.

Negli anni abbiamo pagato 800 milioni di euro di multe all’Europa per tre condanne riguardanti tematiche ambientali: primo, mancata depurazione dei reflui civili di circa 900 agglomerati urbani; secondo, mancata bonifica di circa 200 discariche abusive in tutta Italia; terzo, mancata chiusura del ciclo dei rifiuti in Campania. È colpa dell’Europa se non si rispettano le norme vigenti? O è merito dell’Europa se la qualità della vita delle persone è migliorata?» .

Restando dentro i confini italiani: in base ai vostri studi riusciremo a centrare entro i termini fissati gli obiettivi di decarbonizzazione e transizione energetica?

«No».

Anche se negli ultimi anni è raddoppiata la nuova capacità installata di fonti rinnovabili?

«Sì, negli ultimi anni c’è stata un’accelerazione, ma non è sufficiente. Nel 2021 abbiamo installato 1,5 GW di nuovi impianti da rinnovabili, nel 2022 3 GW e nel 2023 6 GW. Il problema è che dovremo passare a 12 GW l’anno, come dice Elettricità Futura, associazione di produttori di energia elettrica, aderente a Confindustria. E, come dice anche Elettricità Futura, se si vuole passare da 6 a 12 GW non è assolutamente sufficiente la bozza di piano che il governo ha presentato a Strasburgo.

Già il fatto che ambientalisti e un’associazione aderente a Confindustria dicano la stessa cosa, e cioè che il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima è troppo timido, mi sembra abbastanza significativo. Per non parlare di quello a cui stiamo assistendo riguardo il decreto sul fotovoltaico a terra varato alcuni giorni fa, che ha creato dissidi tra il ministero dell’Agricoltura e quello dell’Ambiente e che impedisce l’impianto di pannelli fotovoltaici anche in terreni agricoli in cui non solo non si può ma per legge non si deve coltivare, come nei siti più inquinati da bonificare, come nella Valle del Sacco in provincia di Roma o nella terra dei fuochi o nel brindisino o nel siracusano».

Insomma, la sua è una bocciatura totale per questo governo di destra?

«Ma non è questione di schieramento politico. Un grave errore è stato fatto anche dalla giunta regionale di centrosinistra in Sardegna, che come primo provvedimento ha varato una moratoria di 18 mesi sulle nuove rinnovabili. E stiamo parlando di una regione che produce energia prevalentemente da carbone. Se si va avanti con questi provvedimenti surreali non centreremo mai gli obiettivi sull’energia pulita».

Tornando al governo, di una cosa però gli va dato atto: dopo sei anni e quattro esecutivi ha approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.

«Lo ha finalmente approvato, certo, e questo lo abbiamo commentato positivamente, ma senza metterci sopra un centesimo di euro. Il Piano prevede 361 azioni, che ovviamente richiederanno ingenti risorse economiche. Quando inizierà il governo a muoversi in questo senso?».

A giudicare dalla discussione sul Superbonus, non sembra avere molti margini di manovra per spese aggiuntive…

«Ma qui stiamo parlando della possibilità di risparmiare, non di spendere oltre. Bisogna mettere risorse per le politiche di prevenzione e adattamento se vogliamo evitare di spendere quattro volte tanto in seguito a calamità naturali. Così stanno le cose.

Le due principali alluvioni degli ultimi anni, quella dell’Emilia Romagna del maggio 2023 e quella della Toscana del novembre 2023, senza contare la drammatica perdita di vite umane, sono costate 12 miliardi di euro. La legge di bilancio dell’autunno 2023, tanto per intenderci, cubava 24 miliardi. E allora è evidente che spendere in prevenzione e adattamento vuol dire evitare di spendere molto di più in caso di disastri, è evidente che sono totalmente false le speculazioni di certi partiti che raccontano le politiche ambientali come qualcosa da ricchi, è evidente che mente chi dice che il Green deal è nemico dell’agricoltura quando invece il nemico dell’agricoltura è la crisi climatica.

È previsto anche dal Piano approvato dal governo: se azzereremo l’utilizzo di combustibili fossili entro il 2080 anziché entro il 2050 l’Italia avrà perdite di 12,5 miliardi di euro l’anno. Altro che sciagura, il Green deal è la nostra salvezza».

LEGGI QUI LA VERSIONE INTEGRALE DEL RAPPORTO DI LEGAMBIENTE, "UN NUOVO GREEN DEAL PER L'EUROPA": https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2024/05/Un-nuovo-green-deal.pdf

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.