Skip to main content

Milton ha già fatto 14 vittime, il Sierra club: «Tempeste rese più devastanti dal riscaldamento, basta sussidi a Big Oil»

In Florida, dopo anche Helene, danni per decine di miliardi di dollari, 11 milioni di persone in aree a rischio inondazione e oltre tre milioni ancora senza corrente elettrica
 |  Crisi climatica e adattamento

Il bilancio delle vittime viene costantemente aggiornato, man mano che l’uragano Milton concede una tregua e la macchina dei soccorsi può girare a pieno ritmo. Per ora si parla di 15 morti in Florida, duramente colpita da una serie di tornado e piogge torrenziali per diverse ore. Dopo aver raggiunto le zone costiere, quella che è stata definita la “tempesta del secolo” si è indebolita passando a categoria 3 e poi finendo per essere declassata a categoria 1. Ma violenti venti, precipitazioni e mareggiate hanno messo a dura prova le popolazioni intorno a Tampa Bay e poi nelle zone più interne. 

Le autorità statunitensi segnalano che circa 11 milioni di persone sono attualmente in zone a rischio inondazioni a causa delle abbondanti precipitazioni che hanno gonfiato i fiumi e ancora non viene archiviato il rischio mareggiate nelle aree costiere. I primi rapporti dei soccorritori registrano 125 edifici distrutti, ampi tratti di strade resi impraticabili, ingenti danni alle reti idriche ed elettriche, tanto che oltre tre milioni di persone sono da quarantott’ore senza corrente. 

Il governatore della Florida, Ron De Santis, dice che «per fortuna non si è verificato lo scenario peggiore», quello preventivato quando Milton era stato segnalato al largo della costa con una potenza che inizialmente lo aveva descritto come di categoria 5, e che «nel complesso non è stata così devastante come l’uragano Helene». Ma i venti a oltre 250 kilometri orari e le abbondanti precipitazioni hanno messo a dura prova popolazioni appunto già stremate dalla precedente tempesta. E che ora si trovano a fronteggiare, dopo anche Helene, danni stimati in decine di miliardi di dollari.

La frequenza di questi eventi meteo estremi e la violenza con cui si presentano non è casuale, spiegano i ricercatori della World weather attribution (Wwa): alla base di questi fenomeni c’è il riscaldamento globale causato dal massiccio consumo di combustibili fossili e dalle conseguenti emissioni nell’atmosfera di CO2 e altri gas climalteranti. E mentre Greenpeace Usa dice che le compagnie petrolifere dovrebbero pagare per i danni che stanno causando, l’associazione ambientalista Sierra club mette sul piatto un altro tipo di proposta, più difficile da scaricare con una semplice alzata di spalle da parte delle amministrazioni pubbliche: si smetta di dare sussidi statali ai settori impegnati nell’estrazione, lavorazione e distribuzione dei combustibili fossili. Se è vero, come sostenuto già da diverso tempo dalla Nasa, che a causa del riscaldamento globale gli uragani diventano più potenti, provocano piogge più intense e aumentano il rischio di inondazioni costiere dovute all’innalzamento dei mari, le amministrazioni pubbliche devono agire di conseguenza. Dice il direttore esecutivo di Sierra club Ben Jealous: «Il Congresso deve agire immediatamente per garantire che ci siano finanziamenti sufficienti per affrontare gli enormi bisogni provocati da queste tempeste devastanti, in particolare per le comunità più vulnerabili che sono più colpite da questi disastri. Dobbiamo anche riconoscere che queste gravi e consecutive tempeste non sono solo eventi meteorologici casuali. Sappiamo che la crisi climatica, guidata dalla continua espansione dei combustibili fossili, sta facendo sì che tempeste come queste siano più frequenti, più distruttive e più mortali. È fondamentale allontanarsi rapidamente dai combustibili fossili che stanno rendendo più distruttive queste tempeste e ritenere l'industria dei combustibili fossili responsabile del loro ruolo nel guidare la crisi climatica. Big Oil sapeva da decenni che i loro prodotti stavano rendendo inevitabili disastri come questi. Non possiamo permettere alle aziende che inquinano di continuare a raccogliere miliardi di dollari ogni anno in sussidi mentre le nostre comunità affrontano una devastazione inimmaginabile e gli enormi costi di pulizia e ricostruzione. Le aziende di combustibili fossili hanno causato questi disastri. Ora dovrebbero essere loro ad assumersi l’onere di ripulire il loro disastro».

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.