Costi proibitivi per il piano Ue di cattura e stoccaggio del carbonio: 140 miliardi di euro a carico dei contribuenti
Secondo il nuovo rapporto “Carbon Capture and Storage: Europe’s Climate Gamble” pubblicato dall’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA),
La maggior parte delle applicazioni di carbon capture and storage (CCS - cattura e stoccaggio del carbonio) pianificate in Europa sono troppo costose per funzionare su base commerciale e sono ben lungi dall'essere pronte per essere implementate».
La ricerca conferma tutte le perplessità della maggioranza delle associazion i ambientaliste e rivela i numerosi problemi tecnici , commerciali e legislativi che i Paesi europei devono affrontare nel puntare sulla CCS per ridurre le emissioni e raggiungere IL net zero.
Il rapporto avverte che «Data l'immaturità tecnica del CCS e i problemi che hanno afflitto i progetti operativi, il costo già proibitivo della tecnologia probabilmente rimarrà elevato, se non aumenterà, nel breve termine».
Il costo di cattura, trasporto e stoccaggio nei progetti europei è in media di 198 dollari USA per tonnellata di CO2 catturata, ovvero il doppio dei prezzi previsti del carbonio di 105 dollari Usa per tonnellata per il resto del decennio.
L’IEEFA stima che «il costo totale dei progetti CCS pianificati in Europa sarà di 520 miliardi di euro. Mentre gli incentivi finanziari sotto forma di pagamenti ridotti per il sistema di scambio delle emissioni potrebbero coprire circa tre quarti dei costi del progetto, il resto dovrà essere sostenuto dai governi. Questo potrebbe significare che ai contribuenti saranno richiesti fino a 140 miliardi di euro».
L’autore del rapporto, Andrew Reid, analista finanziario dell'energia dell'IEEFA, sottolinea che «Affidarsi al CCS come soluzione climatica costringerà i governi europei a introdurre sussidi esorbitanti per sostenere una tecnologia che ha una storia di fallimenti. Come dimostra il piccolo numero di progetti operativi, è improbabile che il CCS funzioni come sperato e ci vorrà più tempo del previsto per implementarlo».
L'Europa ha poco meno di 200 progetti CCS pianificati per molteplici settori ad alta intensità di emissioni. Si prevede che oltre il 90% delle emissioni di questi impianti provenga da settori in cui la tecnologia è in fase di prototipo o dimostrazione. Nonostante questo, il rapporto fa notare che «Le tempistiche proposte per i progetti CCS europei sono eccessivamente ottimistiche. Circa 90 dovranno essere operativi entro il 2030 nell'Unione Europea e nel Regno Unito affinché entrambi raggiungano i loro obiettivi di cattura del carbonio. Attualmente, ci sono 3 progetti CCS operativi nell'Unione Europea e nessuno nel Regno Unito.
All’ IEEFA sottolineano che «Le nostre preoccupazioni sulla fattibilità tecnica e sui costi sono dimostrate dal piccolo numero di progetti europei in funzione o in costruzione. Ad esempio, i costi di un progetto di costruzione nei Paesi Bassi sono più che raddoppiati, mentre un'unità di cattura del carbonio in una fabbrica di cemento in Norvegia ha dovuto essere posticipata a causa dell'aumento dei costi. Gli impianti di stoccaggio del carbonio offshore in Norvegia, spesso promossi come casi di successo, sono stati afflitti da problemi tecnici che hanno impedito o ritardato la capacità di stoccaggio. Quello a cui stiamo attualmente assistendo nei progetti CCS europei attivi è che le sfide tecniche ed economiche sono reali. Siamo lontani da problemi e tecniche, commerciali e legislative affrontate con successo. Nella sua forma attuale, CCS non funzionerà come sperato, costerà di più e, cosa importante, impiegherà molto più tempo del previsto per essere implementato. Le tempistiche proposte per i progetti europei sono già state elaborate con ottimismo, nonostante le ovvie sfide e la recente storia di fallimenti nei progetti più piccoli e meno complessi in funzione e in costruzione. Questo è il rischio più grande che si presenta sostenendo il CCS: la probabilità che possa essere troppo tardi per cambiare rotta e mitigare o ridurre le emissioni attraverso misure alternative quando ci si renderà finalmente conto che il contributo del CCS agli obiettivi di emissioni net zero fallirà».
Reid conclude: «Raddoppiare gli obiettivi irrealistici rischia di far sì che sia troppo tardi per ridurre le emissioni attraverso misure alternative quando ci si rende conto che il contributo del CCS allo zero netto probabilmente fallirà. I decisori politici dovrebbero iniziare a lavorare con urgenza per mettere in atto soluzioni più pratiche. C'è il rischio che i volumi di cattura del carbonio non siano quelli previsti per i cluster che si affidano a vari siti di cattura con diversi livelli di affidabilità. Volumi inferiori avranno un impatto sull'economia e sulla redditività commerciale degli operatori di trasporto e stoccaggio».