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In Sicilia la perdita di produzione oscilla tra -50% e -75%

Ecco come la siccità sta distruggendo l’agricoltura del sud Italia

Coldiretti: senza infrastrutture per l’acqua «tutti i record del cibo made in Italy sono a rischio per gli effetti sempre più violenti dei cambiamenti climatici»
 |  Crisi climatica e adattamento

La Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera al riconoscimento per tutta la Sicilia delle “condizioni di forza maggiore e circostanze eccezionali” a causa della persistente siccità che colpisce l’Isola da circa un anno. Consentirà alle imprese agricole e zootecniche che operano su tutto il territorio siciliano di usufruire di deroghe in alcuni ambiti della Politica agricola comune, ma si tratta di una piccola toppa rispetto alla voragine aperta dalla crisi siccità.

«A causa della grave emergenza idrica, che pone la Sicilia in “zona rossa” al pari di Marocco e Algeria, il mio governo è impegnato su più fronti per contrastare la mancanza d’acqua», dichiara il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani. Tant’è che per il comparto agricolo e zootecnico si stima una perdita della produzione nel 2024 che va da un minimo del 50% a un massimo del 75%.

La Regione ha già dichiarato lo stato di calamità naturale per danni all’agricoltura e ottenuto dal Consiglio dei ministri il riconoscimento dello stato di emergenza di rilievo nazionale, ma a fronte di 590 mln di euro richiesti per investimenti in infrastrutture idriche, dal Governo Meloni ne sono arrivati solo 20.

«Molte aziende hanno addirittura rinunciato a raccogliere il grano – aggiunge la più grande organizzazione nazionale degli agricoltori, Coldiretti –, mentre in alcune zone la produzione è stata letteralmente azzerata, con un crollo medio comunque superiore al 50% del raccolto. Ma l’assenza di pioggia sta colpendo anche gli alberi da frutto e minaccia vigne e uliveti, per un danno stimato in oltre 2,7 miliardi di euro. Ad aggravare gli effetti della siccità anche l’incapacità ad investire su un sistema infrastrutturale capace di non far disperdere l’acqua e in grado di garantire alle aziende la sopravvivenza».

E l’emergenza siccità non riguarda certo “solo” la Sicilia, abbracciando aree sempre più vaste del centro sud dove – secondo le previsioni dell’Anbi, l’associazione nazionale che riunisce i Consorzi di bonifica – entro ferragosto non ci sarà più acqua per i campi.

La Coldiretti documenta infatti una situazione drammatica anche in Puglia dove il caldo africano con picchi fino a 43 gradi brucia frutta e verdura nei campi e dimezza le produzioni in campagna: «È da profondo rosso la stima della produzione di olive prevista in calo di oltre il 50%, mentre sono già più che dimezzate le produzioni nei campi che rischiano di svuotare gli scaffali, dalle ciliegie al grano fino al miele, ma anche la produzione di grano per fare pane e pasta è crollata di oltre il 50% per effetto della prolungata siccità».

In Basilicata sul fronte dei cereali il calo produttivo medio «si aggira sull’80% dei raccolti, con un danno grave soprattutto per il grano duro per la pasta. La regione “ospita” circa un decimo degli ettari coltivati a livello nazionale. A picco anche la produzione di foraggi per gli animali, con una perdita intorno al 70% del totale. Pessime anche le prime stime per la produzione di olio d’oliva, dove il calo si aggira tra il 50 e il 75%, mentre per il vino ci si aggira intorno al -40%. A rischio anche la produzione della frutta tardiva».

La siccità morde anche in Sardegna, con cali produttivi che interessano ormai tutti i settori, dai cereali all’ortofrutta, dopo i problemi causati dagli incendi nei giorni scorsi. Idem in Calabria, dove da inizio luglio sono andati a fuoco 3800 ettari, tra aree boschive e uliveti, ma pesa soprattutto la morsa della siccità.  I problemi principali si registrano per pomodori, peperoni, angurie oltre alla cascola delle olive.

«Tutti i record del cibo made in Italy e la stessa sovranità alimentare del Paese sono a rischio per gli effetti sempre più violenti dei cambiamenti climatici», sottolinea Coldiretti.

Eppure l’Italia si muove in direzione opposta a quella che servirebbe. I decreti Aree idonee e Agricoltura del Governo Meloni stanno rendendo sempre più difficile il via libera agli impianti, mentre la Sardegna ha varato una moratoria fino a 18 mesi verso l’installazione di nuovi impianti rinnovabili e la Coldiretti è stata tra le associazioni nazionali che, prima delle elezioni europee, più hanno soffiato contro il Green deal europeo.

Come risultato le emissioni climalteranti del Paese restano alte, mentre gli investimenti sui molteplici fronti dell’acqua – dalla gestione della siccità a quella delle alluvioni – sono cronicamente insufficienti.

Ecco perché oltre ad accelerare l’installazione d’impianti rinnovabili e investire sull’efficienza energetica, per eliminare al più presto l’uso di combustibili fossili che accelera la crisi climatica, occorre urgentemente mettere in campo un Piano nazionale per la sicurezza idrica e idrogeologica, per affrontare la doppia minaccia di siccità e alluvioni, con la Fondazione Earth and water agenda a stimare la necessità di investimenti da 17,7 mld di euro l’anno per un decennio.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.