
Il Kyoto club e l'innovazione che serve all'Italia per vincere la partita del clima

Il 16 febbraio 2005 entrava in vigore il Protocollo di Kyoto, dopo essere stato redatto nel lontano 1997: da allora ne è passata di acqua sotto ai ponti, ma continuiamo a marciare in grande ritardo nelle politiche di adattamento e lotta ai cambiamenti climatici. Come ultima testimonianza, proprio oggi sono stati resi noti i dati (elaborati dalla Noaa e dalla Japan's Meteorological Agency), che confermano come gennaio 2016 sia stato il più caldo mai registrato. I cambiamenti climatici avanzano, e il nostro Paese è chiamato a fare in pieno la sua parte per contrastarli. Durante il convegno annuale del Kyoto club, svoltosi oggi a Roma presso il Senato della Repubblica, è proprio questo il messaggio centrale che è arrivato: la necessità – e le opportunità – di un’Italia pronta ad affrontare la sfida del clima.
«Come Kyoto Club - ha dichiarato Catia Bastioli, ceo Novamont e presidente del Kyoto club - continueremo a dare la nostra disponibilità al sostegno degli sforzi, istituzionali e non, perché i cambiamenti climatici possano, da un lato, essere mantenuti lontani da effetti catastrofici e, dall’altro, facilitare forme di sviluppo economico e qualità della vita sempre più ambientalmente compatibili».
Con l’obiettivo di presentare un’Italia pronta ad affrontare la sfida del clima, l’appuntamento in Senato ha offerto un approfondimento sugli obiettivi assunti alla Cop21 di Parigi – da cui è scaturito l’accordo che è erede del Protocollo di Kyoto – e su quelli Ue al 2030, che rappresentano un punto di partenza non solo per contrastare al meglio gli effetti dei cambiamenti climatici, ma per orientare il sistema economico del nostro Paese verso nuovi modelli di business più sostenibili.
«Solo grazie all’innovazione tecnologica e all’uso di tecnologie smart ed ecoefficienti è possibile avviare una politica energetica che sostenga gli impegni sul clima al 2030 - ha spiegato Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto club - Dopo l'accordo di Parigi, molti paesi hanno annunciato decisioni importanti: la Germania, per citare un esempio, intende progressivamente uscire dal carbone e gli Usa hanno prolungato gli incentivi alle rinnovabili e proposto una tassa sul petrolio per finanziare la mobilità sostenibile. Auspichiamo che anche l'Europa alzi i suoi obiettivi, in particolare il target del 27% per le rinnovabili e del 27% per l'efficienza, entrambi al 2030, assolutamente insufficienti, augurandoci che il nostro governo si batta per questo traguardo. Così come ci aspettiamo un cambio di marcia nella politica energetica interna grazie a un rilancio del solare e della mobilità elettrica». Le potenzialità sono enormi: «Un Paese come l'Italia ha tutto da guadagnare da un futuro energetico incentrato su innovazione, produzione da rinnovabili ed efficienza. Dopo l'accordo di Parigi sul clima è arrivato il momento che il nostro Paese individui le scelte che possano aiutare imprese e cittadini a cogliere queste sfide», ha concordato Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente.
Da parte del governo il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, intervenuto oggi all’evento, ha affermato che «c’è molto lavoro da fare per incentivare la green economy che già nel nostro paese conta numeri, professionalità e investimenti importanti, come c’è molto da fare per rendere il nostro territorio e le nostre città sostenibili e resilienti ai cambiamenti climatici. Il governo intende raccogliere tutte queste sfide e sostenere le opportunità che si apriranno in tutti i campi. In quest’ottica stiamo lavorando al “Green act” la normativa quadro che sarà la cornice organica entro cui sviluppare l’Italia sostenibile, competitiva ed efficiente del futuro».
Il Green act, annunciato dal premier Renzi per marzo 2015, ancora però non si è visto, mentre assai visibili sono i numerosi provvedimenti di retroguardia che il governo in carica ormai da due anni ha inanellato in tema di ambiente e green economy. «L’accordo di Parigi è sicuramente un inizio importante, sta a noi adesso lavorare affinché l’Europa rialzi al più presto i propri impegni al 2030 - ha concluso Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto club, durante le conclusioni dell’incontro odierno. Per noi italiani la sfida è riuscire ad attuare politiche radicali ed efficaci che ci facciano abbandonare al più presto l’era fossile a favore delle fonti energetiche rinnovabili. Serve quindi una nuova e diversa strategia energetica nazionale di cui per ora purtroppo non c’è traccia. C’è ancora tempo per cambiare strada, ma non tanto se vogliamo competere con chance di vittoria nella gara globale sull’innovazione».
