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Bollettino da Parigi, 10° giorno – I punti più caldi nella bozza d'accordo sul clima

 |  Crisi climatica e adattamento

Giornata intensa ieri a Parigi. Dopo una mattinata vissuta nell’attesa del nuovo testo, il pomeriggio si è animato di capannelli di delegati e observer intenti ad analizzare il nuovo testo prodotto dalle consultazioni parallele svoltesi nella notte e nella mattinata. Nel tardo pomeriggio si è aperta la seconda plenaria del “Paris Committee” da cui sono emersi alcuni punti saldi e altri ancora aperti: i principali nodi da sciogliere riguardano il livello di ambizione, sia rispetto alle percentuali di taglio delle emissioni che di obiettivo di lungo termine (+1,5° o +2°), la finanza e la differenziazione.

La sintesi degli elementi più rilevanti dell’Accordo:

PREAMBOLO

In questa sezione risultano ancora presenti le menzioni ai diritti umani, al diritto alla salute, ai diritti delle popolazioni indigene e dei migranti. Presente anche il tema della parità di genere e dell’empowerment femminile. Un brivido ha tuttavia accompagnato il pomeriggio dei giovani delegati in quanto nella bozza divulgata nel primo pomeriggio non figurava più il principio di equità intergenerazionale: ci ha pensato Claudia Salerno, capo-delegazione del Venezuela e facilitatrice responsabile del preambolo, a chiarire che la rimozione è stata frutto di un semplice errore di trascrizione e che pertanto la presenza del principio non è a rischio.

ART. 2 – OBIETTIVO

Ancora da risolvere il livello di ambizione in merito all’obiettivo di lungo termine: l’obiettivo relativo alla stabilizzazione dell’aumento di temperatura alla fine del secolo contiene ancora 3 opzioni:

“Al di sotto dei 2°C”;

“ben al di sotto dei 2°C, compiendo gli sforzi possibili per raggiungere gli 1,5°C”;

“al di sotto degli 1,5°C”.

La seconda opzione sembra al momento la più plausibile.

ART. 3 – MITIGAZIONE

L’aspetto cruciale di questa sezione riguarda l’obiettivo collettivo di lungo termine: l’opzione 1, più ambiziosa, definisce possibili range di riduzione delle emissioni (40-70%, oppure 70-95%) entro il 2050 e rispetto ai livelli del 2010, con l’obiettivo di giungere ad emissioni nette “zero” o subito dopo il 2050 o entro la fine del secolo: alternative comunque ben differenti.

La seconda opzione, seppur menzioni in maniera esplicita il tema della de-carbonizzazione, risulta meno ambiziosa della prima per l’assenza di una scadenza temporale definita, così come di obiettivi nel medio termine.

E se il paragrafo sugli Sforzi individuali risulta ancora difficile da decifrare per la presenza di tante parentesi, quello relativo agli Sforzi differenziati prevede un’opzione con impegni sia per i paesi sviluppati che per quelli in via di sviluppo (seppur tra loro diversificati), ed un’altra con impegni invece più vaghi e limitati ai paesi sviluppati.

Il testo indica inoltre la necessità di presentare nuovi impegni ogni 5 anni, e che questi siano sempre più ambiziosi di quelli precedenti. Per adempiere ai propri compiti, inoltre, i paesi sviluppati dovranno poter accedere ad adeguate risorse finanziarie.

Si introduce inoltre la possibilità di  utilizzare un “approccio cooperativo” che include l’uso, su base volontaria, di “risultati di mitigazione trasferiti a livello internazionale”: questa astrusa espressione apre a meccanismi di mercato come quelli previsti dal Protocollo di Kyoto.

ART. 3 TER – MECCANISMO PER SOSTENERE LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Introduce due possibili meccanismi per la riduzione delle emissioni, con obiettivo i Paesi in via di sviluppo. Il primo e’ aperto al contributo di soggetti pubblici e privati. Il secondo e’ un nuovo meccanismo con un “approccio olistico” e “in armonia con la natura”, per aiutare i Paesi in via di sviluppo a raggiungere i loro obiettivi, sia riguardo alla mitigazione, che adattamento, trasferimento tecnologico, capacity building.

In questo caso si prescrive espressamente che il meccanismo dovrebbe avere un approccio non di mercato, e potrebbe contenere anche misure per la gestione forestale sostenibile.

In entrambi i casi devono essere assicurati l’integrità ambientale e il non double counting; le modalità e le procedure sarebbero definite nella prima sessione della CMA.

ART. 4 – ADATTAMENTO

L’adattamento ha visto la definizione di un testo piuttosto positivo: le Parti hanno infatti convenuto sull’obiettivo di rafforzare la capacità adattativa e la resilienza, e di ridurre la vulnerabilità al cambiamento climatico, riconoscendo inoltre come l’adattamento sia una sfida globale, ma che abbia bisogno di risposte a livello locale, sub-nazionale, nazionale, regionale ed internazionale.

Altro aspetto importante, il riconoscimento di come le azioni di adattamento debbano seguire un approccio partecipativo, pienamente trasparente e che tenga conto delle questioni di genere considerando le realtà più vulnerabili; e con misure basate sulle migliori evidenze scientifiche disponibili, nell’ottica di integrare l’adattamento nelle rilevanti politiche ambientali e socioeconomiche.

ART. 5 – LOSS & DAMAGE

Non è ancora chiaro se questo tema resterà ancorato a quello dell’adattamento, o se sarà trattato in maniera autonoma – aspetto molto rilevante, non solo politicamente. Il meccanismo sarà supportato dal meccanismo finanziario della Convenzione e sarà istituita una struttura per coordinare il trasferimento di persone oggetto di ricollocazione, in quanto “migranti climatici”.

ART. 6 – FINANZA

Ancora numerosi i punti da sciogliere sugli aspetti finanziari: l’obiettivo generale è di convogliare risorse dai paesi sviluppati verso quelli in via di sviluppo, sia per azioni di mitigazione che di adattamento, cercando di perseguire un equilibrio fra quelle allocate a mitigazione e adattamento. Persistono ancora incertezze sull’eventuale “addizionalità” delle risorse mobilitate, sul ruolo dei fondi pubblici e su chi dovrebbe assumere un ruolo di leadership. Non sufficientemente chiare la roadmap e le cifre a cui ambire “sulla base dei 100 miliardi l’anno previsti al 2020”.

 ART. 7 – SVILUPPO E TRASFERIMENTO TECNOLOGICO

Sezione ancora molto aperta, che al momento prevede come punto fermo solo l’istituzione di un framework tecnologico che fornisca linee guida generali al lavoro del Technology Mechanism.

ART. 8 – CAPACITY BUILDING

Nell’ambito dell’accordo, il capacity-building dovrebbe potenziare la capacità di intraprendere azioni effettive in risposta ai cambiamenti climatici: il testo attualmente indica che debba essere gestito a livello nazionale, sebbene la presenza di numerose opzioni renda poco chiaro chi siano effettivamente i destinatari di tale meccanismo.

ART. 9 – TRASPARENZA (di azioni e supporto)

Una delle attuali opzioni presenti riguardo questo tema propone una differenziazione dei criteri di trasparenza fra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo; anche questa sezione, tuttavia, necessita di indicazioni più chiare.

ART. 10 – GLOBAL STOCKTAKE

La global stocktake dovrebbe costituire l’occasione per “fare il punto” sullo stato d’implementazione del nuovo Accordo, la cui entrata in vigore è prevista per il 2020 e che pertanto potrebbe essere oggetto della prima revisione nel 2023 o nel 2024. L’analisi dovrebbe tenere in considerazione la mitigazione, l’adattamento ed i mezzi di implementazione e supporto, e fare affidamento sulle migliori evidenze scientifiche disponibili.

di Giovani per il clima

Redazione Greenreport

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