
Pre-Cop 21, dall'Italia più parole che impegni per difendere il clima

Ormai in vista dell’appuntamento cruciale della Cop 21, l’Italia rispolvera la sua verve in fatto di lotta climatica. Dopo tre giorni di lavori, a Parigi si è appena conclusa una pre-Cop che ha riunito rappresentanti e leader politici di 75 paesi: il ministro dell’Ambiente italiano, Gianluca Galletti, ha colto l’occasione per rimarcare la risolutezza con la quale il nostro Paese e l’Unione europea si apprestino a partecipare alla Conferenza Onu.
«A Parigi – ha dichiarato Galletti – ogni Paese dovrà venire con l’obiettivo di salvare il Pianeta: è un problema che riguarda tutti e nessuno dovrà restare a terra. Con la Cop21 si comincia un percorso e tutti dobbiamo essere disponibili a proseguirlo uniti, con obiettivi monitorati e controllati, che possono essere rivisti e migliorati nel corso del tempo. Per l’Ue e l’Italia l’obiettivo resta quello di contenere il riscaldamento globale entro i due gradi. Continuiamo ad insistere affinché nell’accordo finale ci siano elementi quantitativi, il taglio di emissioni del 50% entro il 2050 e la neutralità delle emissioni entro fine secolo».
Come noto, il limite di +2 °C entro il quale contenere il riscaldamento globale rappresenta la soglia di sicurezza individuata dalla scienza per avere un’alta probabilità di evitare cambiamenti climatici disastrosi e irreversibili. Alta probabilità non significa però certezza, e il ministero dell’Ambiente si sbilancia riferendo che – durante i lavori della Cop 21 – la delegazione italiana insisterà per l'inserimento nel testo conclusivo di un "riferimento" ad un obiettivo ancora più ambizioso: il contenimento del riscaldamento globale a 1,5 gradi, come richiesto da alcuni Paesi, in particolare le piccole isole che altrimenti rischiano di scomparire.
Si tratta di un target nobile quanto utile, e l’Italia se ne fa portavoce. Il problema è che gli obiettivi di riduzione delle emissioni con i quali il Paese si presenta a Parigi (in tandem con l’Unione europea) a oggi non sono neanche coerenti con l’obiettivo dei due gradi. Pochi giorni fa proprio l’Unfccc, l’organismo Onu che presiede la Cop, ha dichiarato che per rimanere entro i 2 °C l’Ue dovrebbe tagliare le emissioni di CO2 del 60% rispetto al 2010: il target individuato in sede europea è invece -40% rispetto al 1990, l’equivalente di un -27% rispetto al 2010. Circa la metà di quanto sarebbe necessario.
Per lo stesso motivo, rimane in chiaroscuro anche l’impegno dell’Ue, ribadito oggi dall’Ecofin, di aumentare nei prossimi anni i fondi pubblici destinati a finanziare i costi generati dai cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo: 14,5 i miliardi di euro destinati allo scopo nel 2014, 50 quelli che si stima verranno messi sul tavolo entro il 2020. «L’Ue – ha dichiarato in merito Miguel Arias Cañete, commissario per l'Azione per il clima e l'energia – intende continuare ad essere il maggiore donatore mondiale e, in quest'ottica, si è impegnata ad aumentare il proprio sostegno. È giunto il momento di tradurre la volontà politica che abbiamo visto affermarsi ultimamente in risultati negoziali concreti».
Nonostante tali, apprezzabili slanci propositivi, l’Italia – che si presenta alla Cop 21 come paese membro Ue – porta in dote a Parigi impegni climatici assai poco ambiziosi, comparati col suo peso nello scacchiere internazionale. Lo stesso dicasi per l’Unione nel suo complesso. Il ministro Galletti ne è consapevole quando afferma che «ancora non abbiamo in campo azioni che ci permettono di arrivare all’obiettivo ambizioso che avevamo fissato sotto i 2 gradi» eppure si dichiara convinto che «un fattore fondamentale può essere la creazione di una governance del processo, con monitoraggio e revisione ogni cinque anni dei progressi compiuti, come anche la trasparenza, cioè sul mondo in cui questi dati verranno forniti dagli Stati». Per difendere efficacemente gli equilibri climatici, e in definitiva tutti noi, oltre alla trasparenza servirà molto pragmatismo: le parole non bastano per tagliare la CO2.
