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Le emissioni di gas serra del gigante asiatico dovrebbero «raggiungere il picco entro il 2025»

Riscaldamento globale, è tempo di moderato ottimismo. Dopo il G7 nuova ricerca sulla Cina

Lord Nicholas Stern: «Sempre più probabile che il mondo possa evitare di superare i 2 °C»
 |  Crisi climatica e adattamento

Ancora oggi gli ambientalisti sono visti da molti come dei menagrami – forse sarebbe meglio dire “gufi” –, e il caso dei cambiamenti climatici è emblematico. L’ambiente riesce molto più facilmente a bucare lo schermo delle notizie solo in caso di catastrofi, e l’ambientalista medio ne viene etichettato come il portavoce ufficiale. Non è così. E se dopo mesi, anni, di stasi attorno a un accordo globale per contrastare i cambiamenti climatici il vento sembra finalmente iniziare a cambiare, proprio gli ambientalisti sono i primi ad aprire verso un pur timido segnale di speranza.

Pochi giorni fa Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto club, proprio sulle nostre pagine avvertiva come l’obiettivo di mantenere l’aumento del riscaldamento globale entro i due gradi sia oggi finalmente più realistico. L’accordo politico prodotto ieri dal G7 di Germania, seppur preliminare, rappresenta la prima boccata d’ossigeno da tempo in vista della Conferenza sul clima Parigi.

Tutto dipenderà dal capitale politico che verrà realmente investito nelle parole siglate ieri, e come questo verrà tradotto in atti concreti all’interno dei singoli Paesi. L’Italia del governo Renzi, ad esempio, in materia è il classico esempio di chi predica bene e razzola male.

Ma è dal contesto internazionale che arriva una nuova, ottima notizia. Secondo il nuovo studio “China’s “new normal”: structural change, better growth, and peak emissions” pubblicato dal Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment e dall’ESRC Centre for Climate Change Economics and Policy, «le emissioni di gas serra in Cina potrebbe raggiungere il picco più di cinque anni prima del previsto, contribuendo a evitare cambiamenti climatici pericolosi».

Gli autori dello studio, Fergus Green e Lord Nicholas Stern – non certo gli ultimi arrivati in materia di ricerca sul clima e l’energia – sono convinti che se il presidente cinese Xi Jinping ha accettato pubblicamente di ridurre le emissioni entro il 2030, accordandosi con il presidente Usa Barack Obama, «le emissioni della Cina probabilmente inizieranno a diminuire entro il 2025». Nel documento di Green e Stern si legge che «analizzando i trends nei settori chiave delle emissioni, si può concludere che le emissioni di gas serra della Cina è improbabile che raggiungano il picco più tardi del 2030– il limite massimo fissato dal presidente Xi Jinping nel novembre 2014 – ed è molto probabile che raggiungano il picco entro il 2025. Il picco potrebbe essere raggiunto anche prima di allora».

Lo studio ritiene che, se la Cina arriverà al picco delle emissioni di gas serra entro il 2025, queste saranno tra 12,5 e 14 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente. Questo dato «suggerisce che è sempre più probabile che il mondo possa evitare il riscaldamento globale di oltre 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali», perché «la trasformazione della Cina ha profonde implicazioni per l'economia globale e aumenta notevolmente le prospettive di mantenere le emissioni di gas serra a livello mondiale entro limiti relativamente sicuri».

Tuttavia, lo studio sottolinea una condizione determinante: perché il mondo del mondo riesca a limitare il riscaldamento globale a non più di 2 °C, questo dipende «in modo significato dalla capacità della Cina di ridurre le emissioni post-picco ad un ritmo rapido (invece che mantenere delle emissioni “appiattite” nel lungo periodo), dalle azioni di altri Paesi nei prossimi due decenni e dalle azioni globali nel corso dei decenni successivi». Green e Stern mostrano comunque un moderato ottimismo, sottolineando che «i cambiamenti economici strutturali e le recenti politiche del governo cinese si sono combinati, causando un cambiamento straordinariamente rapido nella traiettoria delle emissioni della Cina».

Da questo punto di vista, la finanche eccessiva cautela del governo cinese rispetto al picco delle emissioni potrebbe essere spiegata con la cultura politica della Repubblica popolare che preferisce dare obiettivi raggiungibili a lungo termine per poi dichiarare di averli raggiunti prima grazie alla lungimiranza del governo e del Partito Comunista. Infatti lo studio sottolinea che «l'impegno internazionale della Cina sul picco delle emissioni “intorno al 2030” dovrebbe essere visto come un limite superiore prudenziale da parte di un governo che preferisce promesse inferiori agli alti obiettivi. Va ricordato che l'impegno della Cina comprende l'obbligo di utilizzare i "migliori sforzi" per arrivare al picco entro il 2030; stiamo cominciando a vedere i frutti di tali migliori sforzi da parte della Cina».

Stern e Green concludono: «L’United Nations Climate Change Conference che si terrà a Parigi entro la fine dell'anno avrà più successo se i governi in tutto il mondo capiranno la portata del cambiamento in Cina, le sue implicazioni per le emissioni globali e l'impatto positivo che i piani di sviluppo industriale, di investimenti e di innovazione da parte della Cina possono avere sui mercati globali di beni e servizi puliti (e le implicazioni negative per gli esportatori di carbone e di alcune altre materie prime)».

Redazione Greenreport

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