I pesci e la pesca a rischio cambiamento climatico
Le nuove proiezioni contenute nel rapporto “Climate change risks to marine ecosystems and fisheries: Projections to 2100 from the Fisheries and Marine Ecosystem Model Intercomparison Project” della Fao, evidenziano «Potenziali rischi climatici per la biomassa ittica sfruttabile in quasi tutte le regioni degli oceani del mondo, compresi i principali Paesi produttori e quelli con un'elevata dipendenza dagli alimenti acquatici».
Il rapporto è stato prodotto dall'Ecosystem Model Intercomparison Project (FishMIP), una rete internazionale di ricercatori che collabora con la Fao per comprendere gli impatti a lungo termine del cambiamento climatico sugli ecosistemi marini e sulla pesca attraverso una serie di modelli numerici all'avanguardia. È stato pubblicato durante la32esima sessione del Committee on Fisheries (COFI36) tenutasi tra l'8 e il 12 luglio alla Fao a Roma e fa seguito all'ultima edizione di The State of World Fisheries and Aquaculture (SOFIA), che ha mostrato che la produzione mondiale di pesca e acquacoltura ha raggiunto un nuovo massimo di 223,2 milioni di tonnellate nel 2022.
FishMIP èstato avviato ufficialmente nel 2013 e fornisce conoscenze all'industria e ai governi per supportare una pianificazione efficace per settori ittici adattivi e resilienti nel contesto del cambiamento climatico. Nel 2024 è stato istituito FishMIP2.0 per aumentare l'affidabilità delle proiezioni di modellizzazione e rispondere a una serie più ampia di questioni politiche rilevanti per la sicurezza alimentare e la gestione delle risorse marine, con il cambiamento climatico che rimane il tema principale.
Il nuovo report FishMip mostra un trend davvero preoccupante: «Le proiezioni globali della biomassa ittica sfruttabile mostrano cali di oltre il 10%, in particolare nello scenario ad alte emissioni, entro la metà del secolo per molte regioni del mondo. Entro la fine del secolo, nello scenario ad alte emissioni, che prevede un riscaldamento globale di 3 - 4° C, i cali peggioreranno fino al 30% più in 48 Paesi e Territori. Al contrario, nello scenario a basse emissioni, che prevede un riscaldamento globale di 1,5 - 2° C, i cambiamenti si stabilizzano tra zero cambiamenti e una diminuzione del 10% o meno in 178 Paesi e territori entro la fine del secolo».
Tra i cali più significativi il rapporto segnala quelli nei principali Paesi produttori di pesce, che nello scenario ad alte emissioni peggiorano verso la fine del secolo, con un crollo del 37,3% per le zone economiche esclusive del Perù e del 30,9% per quelle della Cina, ma che si stabilizzano nello scenario a basse emissioni.
Manuel Barange, direttore generale aggiunto e direttore della divisione pesca e acquacoltura della Fao sottolinea che «Comprendere i potenziali impatti del cambiamento climatico sugli ecosistemi marini e sulla loro pesca, nonché le relative incertezze, è fondamentale per progettare programmi di adattamento su scala adeguata. Le emissioni più basse riducono significativamente le perdite di biomassa di fine secolo per quasi tutti i Paesi e Territori rispetto allo scenario ad alte emissioni. Questo evidenzia i benefici delle misure di mitigazione del cambiamento climatico per la pesca e gli alimenti acquatici».
Confrontando le perdite previste in entrambi gli scenari entro la fine del secolo, emerge che «La riduzione delle emissioni ha comportato notevoli benefici per quasi tutti i Paesi e i Territori», compresi i piccoli Stati insulari in via di sviluppo, dove le persone dipendono fortemente dalla pesca per cibo e reddito e dove i rischi ecologici e socioeconomici posti dal cambiamento climatico sono più elevati.
il rapporto evidenzia che «Tra gli Stati delle isole del Pacifico, il 68 – 90% delle perdite estreme di fine secolo previste in condizioni di emissioni elevate vengono evitate dallo scenario di basse emissioni per gli stati federati di Micronesia, Nauru, Palau, Isole Salomone e Tuvalu».
La Fao conclude: «Per aiutare i Paesi a realizzare la visione Blue Transformation della Fao di sistemi alimentari acquatici più resilienti, equi e sostenibili, la futura ricerca FishMIP dovrà comprendere altri utilizzi oceanici e costieri oltre alla pesca. Questo otterrebbe una visione più olistica della gestione delle risorse naturali marine di fronte al cambiamento climatico e informerebbe i compromessi tra i settori, tra cui la gestione adattativa della pesca e le più ampie politiche agroalimentari, allineate con le priorità della strategia della Fao sui cambiamenti climatici e del suo piano d'azione. Affronterebbe anche i collegamenti con l'uso di risorse di acqua dolce e terrestri, ad esempio la dipendenza dell'acquacoltura da sistemi sia marini che terrestri, per aiutare a supportare le direttive politiche per il nesso tra cambiamento climatico, biodiversità, sicurezza idrica e alimentare e salute».