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Il popolo vota per il clima: l’87% nel mondo. Record in Italia con il 93%

Ma perché i cittadini che nei sondaggi chiedono ai governi una maggiore azione climatica, poi votano per i Partiti che sono negazionisti climatici?
 |  Crisi climatica e adattamento

Il Peoples’ Climate Vote 2024, il più grande sondaggio dell’opinione pubblica sul cambiamento climatico mai condotto, dimostra che «L’80% – ovvero 4 persone su 5 – a livello globale vuole che i propri governi intraprendano azioni più forti per affrontare la crisi climatica. Ancora di più – l’86% – vorrebbe che i propri Paesi mettessero da parte le differenze geopolitiche e lavorassero insieme sul cambiamento climatico».

United Nations Development Programme (UNDP) università di Oxford e  GeoPol, che hanno commissionato e realizzato il sondaggio, fanno notare che «La portata del consenso è particolarmente sorprendente nell’attuale contesto globale di aumento dei conflitti e di aumento del nazionalismo».

Alle 15 domande sul cambiamento climatico di  Peoples’ Climate Vote 2024 hanno risposto oltre 73.000 persone di 77 Paesi – che rappresentano l’87% della popolazione mondiale  - e che parlavano 87 lingue diverse. Gli organizzatori spiegano che «Le domande sono state progettate per aiutare a capire come le persone stanno sperimentando gli impatti dei cambiamenti climatici e come vogliono che i leader mondiali rispondano».

Per Achim Steiner, amministratore dell’UNDP, «Il voto popolare sul clima è forte e chiaro. I cittadini globali vogliono che i loro leader trascendano le loro differenze, agiscano ora e con coraggio per combattere la crisi climatica. I risultati dell’indagine – senza precedenti nella loro copertura – rivelano un livello di consenso davvero sorprendente. Esortiamo i leader e i politici a prenderne atto, soprattutto mentre i Paesi sviluppano la prossima serie di impegni in materia di azione per il clima – o “nationally determined contributions - NDC” ai sensi dell’Accordo di Parigi. Questo è un tema su cui quasi tutti, ovunque, possono essere d’accordo». 

Il sondaggio ha rivelato il sostegno ad un’azione climatica più forte in 20 dei maggiori Paesi emettitori di gas serra al mondo, con maggioranze che vanno dal 66% delle persone negli Stati Uniti e in Russia, al 67% in Germania, al 73% in Cina, al 77% in Sud Africa e India, 85% in Brasile, 88% in Iran e fino al 93% in Italia».

E qui ritorna la domanda che greenreport.it si fa da tempo: perche se gli italiani chiedono in stragrande maggioranza che il governo si impegni di più per combattere il cambiamento climatico poi gli elettori italiani votano per partiti che hanno politiche e programmi che minimizzano i la necessità di combattere il riscaldamento globale, anti-ambientaliste e a favore dei combustibili fossili?

In 5 grandi Paesi emettitori (Australia, Canada, Francia, Germania e Stati Uniti), le donne sono più favorevoli degli uomini a un rafforzamento degli impegni del proprio Paese da 10 a 17 punti percentuali. Il gap è maggiore in Germania, dove le donne hanno il 17% in più di probabilità rispetto agli uomini di volere più azioni a favore del clima (75% contro 58%). 

A parte l’ampia adesione a una richiesta di un’azione climatica più coraggiosa, il sondaggio mostra il sostegno di una maggioranza globale del 72% a favore di una rapida transizione dai combustibili fossili. Questo è vero anche per i cittadini dei 10 Paesi aggiori produttori di petrolio, carbone o gas, con maggioranze che vanno dall’89% in Nigeria al 54% negli Stati Uniti. A livello globale solo il 7% delle persone globale ritiene che il proprio Paese non dovrebbe effettuare nessuna transizione dalle energie fossili a quelle rinnovabili.

A livello globale, il 56% degli intervistati ha detto di pensare quotidianamente o settimanalmente al cambiamento climatico, compresa circa il 63% dell’opinione pubblica dei Paesi meno sviluppati (Least Developed Countries - LDCs). Il 53% delle persone ha dichiarato di essere più preoccupata per il cambiamento climatico rispetto allo scorso anno, cifra che sale al 59% nei i Paesi meno sviluppati. In media, nei 9 piccoli Stati insulari in via di sviluppo (Small Island Developing States - SIDS) coinvolti nel sondaggio, ben il 71% ha dichiarato di essere più preoccupato per il cambiamento climatico rispetto al 2023.

A livello globale, il 69% delle persone afferma che le loro grandi decisioni, come dove vivere o lavorare, sono influenzate dal cambiamento climatico. La percentuale di persone colpite è stata più elevata nei Paesi meno sviluppati (74%), ma notevolmente inferiore nell’Europa occidentale e settentrionale (52%) e nel Nord America (42%).

Stephen Fisher, del dipartimento di sociologia dell’università di Oxford, ha evidenziato che «Un’indagine di queste dimensioni è stata un enorme sforzo scientifico. Pur mantenendo una metodologia rigorosa, sono stati compiuti sforzi particolari anche per includere persone provenienti da gruppi emarginati nelle zone più povere del mondo. Si tratta di alcuni dei dati globali di altissima qualità disponibili sulle opinioni pubbliche sui cambiamenti climatici». 

Cassie Flynn, direttrice globale per il cambiamento climatico dell’UNDP, ha concluso: «Mentre i leader mondiali decidono il prossimo round di impegni nell’ambito dell’Accordo di Parigi entro il 2025, questi risultati sono la prova innegabile che le persone di tutto il mondo sostengono un’azione coraggiosa per il clima. Il Peoples' Climate Vote ha raccolto la voce di persone ovunque. compresi i gruppi tradizionalmente più difficili da sondare. Ad esempio, le persone in 9 dei 77 Paesi esaminati non erano mai state intervistate prima sul cambiamento climatico. I prossimi due anni rappresentano una delle migliori opportunità che abbiamo come comunità internazionale per garantire che il riscaldamento rimanga al di sotto di 1,5°. Siamo pronti a sostenere i decisori politici nell’intensificare i loro sforzi mentre sviluppano i loro piani d’azione per il clima attraverso la nostra iniziativa Climate Promise». 

L’iniziativa Climate Promise dell’UNDP  ha visto oltre 100 Paesi in via di sviluppo presentare NDC migliorati durante il secondo ciclo di revisione –il 91% dei quali ha innalzato gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra e il 93% ha anche rafforzato gli obiettivi di adattamento.

Redazione Greenreport

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